Molto può essere detto in merito alla psicologia di una persona che vorrebbe sparire nel nulla. Ma ancora più è possibile discutere di colui che, una volta scoperto il segreto dell’invisibilità, pensa immediatamente a provarlo sui suoi due figli. Egli potrebbe voler rapinare il caveau di una banca, ma anche avere intenzioni del tutto benefiche, come allestire una ricostruzione fisica del mantello magico di Harry Potter. Vorrà mai vederli comparire di nuovo? O forse si tratta semplicemente di una ricerca (stipendiata) per il suo dipartimento di fisica all’università. Davvero: non è una mera perdita di tempo. Ma quanto di più vicino sia stato mai creato al sogno ancestrale di passare inosservati, perché inosservabili, e non soltanto in funzione di una personalità grigiastra e priva di tratti caratteriali degni di nota. Così semplice, nel suo metodo di funzionamento, da poter essere implementata persino da una coppia di bambini di 15 e 6 anni di età. Ma forse l’errore principale è discutere di questo insolito fatto al singolare. Poiché di metodi, il Prof. John Howell dell’Università di Rochester, effettivamente ne ha concepiti ben tre. Ciascuno più interessante dell’altro, a suo modo. A partire da quello che avete appena visto, certamente dall’impatto visuale più significativo ma anche il minore coefficiente d’innovazione. Si tratta, dopo tutto, di un adattamento del trucco usato sul palco da innumerevoli prestigiatori sul palcoscenico dei più variegati spettacoli d’intrattenimento. L’effetto, descritto a parole, già risulta memorabile: in fondo a uno dei corridoi più lunghi dell’istituto d’istruzione superiore più celebre dello stato settentrionale di New York, il figlio maggiore si posiziona dietro quello che sembra a tutti gli effetti un pezzo di vetro trasparente. Quindi, il suo fratellino gli si mette davanti, coprendogli le gambe con la sua presenza. O almeno, questo è quello che DOVREBBE succedere. Perché sotto gli occhi basìti di Internet, piuttosto, avviene qualcosa di diametralmente opposto: è il corpo del bambino anteriore, a sparire. Il suo volto fluttuante, all’altezza dello stomaco del fratello, sorride estatico dello spettacolo di cui sta facendo parte. E nessuno potrà mai capire che cosa effettivamente stia succedendo.
Nessuno, tranne chi sta ancora leggendo. Poiché si tratta, in effetti, di una soluzione tutt’altro che ardita: semplicemente, come nella maggior parte dei migliori giochi di prestigio, siamo stati indotti a pensare di stare vedendo un qualcosa, mentre la realtà dei fatti è che si tratta di un allestimento radicalmente differente; è per questo che la distanza dell’osservatore è importante. Da vicino, il trucco si squaglierebbe come neve al Sole. O per essere più specifici, la percezione della profondità permetterebbe di notare la presenza di un’anomalia nel posizionamento del “vetro”. Esso non è infatti perpendicolare alla telecamera, come vuole sembrare, bensì obliquo. E cosa ancor più importante, si tratta in realtà di uno specchio. Come mai dunque, diversamente dal normale, mostra quello che si trova posizionato dietro, invece che davanti? È presto detto: di specchi ce ne sono in realtà quattro, disposti trasversalmente in maniera parallela, formando una figura a “>>”. Isaac dunque, il figlio minore, si posiziona alla sinistra del sistema, nell’incavo creato dallo specchio interno, mentre il fratello Benjamin trova posto sul retro, a ridosso del muro. Visto: non era affatto difficile! Al punto che l’intero meccanismo può essere completato per un costo di appena un centinaio di dollari, di cui la parte più significativa è devoluta all’acquisto dei grandi specchi. Si tratta tra l’altro di un approccio facilmente scalabile a dimensioni maggiori, permettendo l’applicazione ipotetica a grossi veicoli da combattimento. Purché il nemico si offra di osservarli sempre e soltanto dalla stessa direzione. Ma forse sarebbe anche il caso di rispondere all’interrogativo più pressante di tutti: ebbene si. Questo fisico ha chiamato i suoi figli col nome di Newton e Franklin, due degli scienziati più importanti della storia anglosassone e americana. Questa SI, che è vera passione per la scienza…
Nel proseguire dell’analisi dello studio creato da Howell e figli, poi pubblicato sul portale dell’università arXiv.org, si può osservare una disanima lievemente più sofisticata di questo concetto, che si basa sulla presenza di due serbatoi d’acqua, dalla stessa forma “>>” però disposti in verticale, attraverso cui la luce dovrà venire deviata spontaneamente, senza alcun tipo di riflesso. In questo caso, un’applicazione della legge ottica di Snell, la regione offuscata si troverà al vertice del primo serbatoio, dove qualsivoglia oggetto potrà diventare trasparente, lasciando quindi emergere il fondale retrostante. In questo caso la procedura risulta tuttavia meno scalabile, visto il peso dell’acqua che sarebbe necessario portarsi dietro per la sua implementazione a vantaggio di sparizioni più grandi. Molto più pratico, e interessante, risulta essere il secondo metodo, basato su una serie di quattro lenti Fresnel, dal costo unitario di circa una decina di dollari o poco più. Come potreste già sapere, stiamo parlando di apparati ottici i quali, grazie alla particolare conformazione della loro superficie a gradini concentrici anulari, possono sviluppare una compressione focale notevole in poco spazio, senza l’impiego di considerevoli quantità di materiale. Il che è semplicemente fondamentale, affinché possa crearsi l’effetto dell’invisibilità. Il principio, a voler essere pignoli, non è poi così diverso da quello degli specchi o del doppio serbatoio d’acqua: di nuovo la luce viene deviata, ma questa volta concentrandola in un singolo punto, dove si troverà invertita come dentro l’obiettivo di una macchina fotografica. Ed è questa, per inciso, la ragione della presenza di non due bensì quattro lenti: invertire di nuovo l’immagine del fondale, che altrimenti apparirebbe specchiato. Sia chiaro che stiamo parlando, dunque, di una configurazione “|X||X|” dove il trattino | indica una lente vista di lato, e la X il movimento compiuto dalla luce. Apparirà a questo punto chiaro che un ipotetico bambino, o più facilmente la mano, che dovesse trovarsi in prossimità del punto focale, risulterà del tutto invisibile e trasparente per l’osservatore. A patto, ovviamente, che la luce invertita trovi uno spazio per proseguire, proposito in realtà meno complesso di quanto si potrebbe pensare. Formalmente, tuttavia, occorre specificarlo: l’area soggetta a questo particolare campo d’invisibilità ha la forma approssimativa di una ciambella. Ma una scalabilità notevole e sopratutto, il potenziale di eliminare del tutto le ghiere opache ai bordi della lente, così creando un’illusione pressoché perfetta. Howell ipotizza, ad esempio, l’impiego a vantaggio di satelliti in orbita geostazionaria, resi così del tutto non individuabili nonostante la potenza del proprio telescopio. Insorge, a questo punto, l’inevitabile questione: ma non è proprio possibile creare un sistema d’invisibilità che funzioni comunque, indipendentemente dalla posizione dell’osservatore? La risposta è che si, si può fare. Comporta l’impiego di un più costoso e complesso approccio: l’elaborazione informatica delle immagini.
Nell’ultimo, più complesso sistema d’invisibilità messo a punto dall’Università di Rochester, non trattato nel documento originario di Howell, la lente viene sostituita con lo schermo di un tablet, a cui viene sovrapposto uno strato di plastica lenticolare, ovvero concepita per distorcere la luce in un determinato modo. Pensate a quei libri di illustrazioni e illusioni ottiche, in cui le immagini paiono animarsi, mentre un foglio trasparente viene fatto scivolare su una pagina dopo l’altra. Ecco, il metodo è simile ma il risultato radicalmente diverso. Perché sullo schermo in questione, prima di iniziare, lo sperimentatore avrà fatto comparire un’immagine composita e segmentata del fondale, creata a partire da un video, che riporta la posizione dei pixel a seconda di dove ci si trova. In questa maniera, grazie al foglio lenticolare, dovunque ci si trovi la figura degli oggetti retrostanti risulterà sempre prospetticamente corretta, benché a una risoluzione non propriamente ideale, e sarà possibile far “sparire” tutti gli oggetti posizionati dietro al tablet usato per l’esperimento. L’illusione funziona ma risulta, a mio parere, meno affascinante. Essa richiede infatti un fondale statico, e non può essere utilizzata in movimento. Benché costituisca, in effetti, una base possibile per il futuro concetto di una vera tuta di camuffamento ottico, in cui un lato dovrebbe essere uno schermo, mentre l’altro, risultare ricoperto di fotoricettori e telecamere di vario tipo. In tale allestimento, il sistema di Howell risulterebbe utile a proiettare sempre la giusta immagine in base alla posizione del nemico, non importa quanto esperto e pericoloso.
Perché non illudiamoci, comunque vada, qui si sta ipotizzando il futuro dei rapporti conflittuali, lo spionaggio e potenzialmente, la guerra. Non c’è in effetti un motivo aperto ed amichevole per diventare invisibili, quando lo stesso organo dell’occhio umano si è sviluppato, tra le altre cose, al fine di permettere l’interfacciamento sociale di più individui, secondo il concetto ancestrale (ed ingenuo) che potessimo vivere tutti assieme, in lieta e tranquilla serenità. Lo stesso Harry Potter, secondo una mia possibile interpretazione, sarebbe uno stregone da combattimento con più di una letale freccia al suo arco. Poiché il signore dell’oscurità, per acquisire il suo potere, è per l’appunto riuscito a far questo: scrutare verso l’ignoto, al fine di comprenderne la suprema verità. Ma non puoi scrutare ciò che non ha forma, in quanto devia la luce che tenta di definirne i contorni fisici ed incatenarli alla percezione altrui. Come gli aitanti Isacco e Beniamino, figli del fisico dell’Università di Rochester, New York.