Una macchina per prendere i cinghiali

Boar Buster

Stancamente preoccupato per lo stato dei miei pomodori, guardo il notiziario presso il posto di lavoro. Un’altra giornata senza svolte, un pomeriggio intero da trascorrere adagiato sul sedile della distrazione. Sopraggiungerà il momento? Finalmente, l’attimo glorioso della mia liberazione? Quando ecco che d’un tratto, suona il cellulare, chiamante: Alfa-Tango-Charlie, nome in codice Boar Buster (l’acchiappa-cinghiali) possibile che…Ma no, sarà soltanto un altro cervo. Sarà un grosso uccello che acquisisce familiarità con il becchime per maiali. Il tempo sembra rallentare mentre effettuo l’accesso sull’applicazione rilevante, inserisco il codice e la password reimpostati giusto l’altro giorno, dopo un lungo periodo d’insuccessi. Mentre sullo schermo del mio cellulare, si profila l’assoluta meraviglia: non 10, non 20, ma 28 problematiche creature, ordinatamente intente a consumare il cibo che gli ho messo nella posizione rilevante. Attentamente ben determinata. Giusto sopra le gibbose e irsute schiene incombe l’ottimo recinto, pronto a chiudersi sul mio comando. Il tasto rosso dell’ATTIVAZIONE sembra farsi sempre più grande, mentre gravita verso il mio dito d’entusiasmo…
L’antico detto giapponese recita: “Una volta sposato, trasferisciti dove non vivono i cinghiali”. Il che può essere interpretato in vari modi, più o meno letterali: guardati dalle intromissioni degli invidiosi; la vita di città è più adatti ai giovani recentemente uniti nella stipula matrimoniale; oppure del tutto letteralmente, stai attento al Sus scrofa leucomystax, il maiale con i baffi bianchi (caratteristica della variante d’arcipelago) se non vuoi finire per pentirtene più avanti. Esattamente quello che indirettamente, per una commistione di fattori, certamente fecero i primi coloni europei giunti presso le americhe del Nuovo Mondo. Ma sulle loro caravelle e i molti bastimenti, carichi di attrezzi e valide provviste, albergava inevitabilmente un’ampia selezione di animali, tra cui suini domestici in significativa quantità. Ora, il maiale che noi conosciamo solamente in forma di prosciutto, bacon, costoletta, è in realtà una creatura dall’intelligenza penetrante e la notevole capacità di adattamento. Qualcuno tende a paragonarlo, nei rari casi in cui venga adottato come animale domestico, ad una sorta di cane estremamente inquisitivo, che richiede continue attenzioni e il pugno di ferro nell’educazione a comportarsi, pena la distruzione, e successiva digestione, dell’intero insieme delle suppellettili e mobile casalinghe. Perché un conto è vivere a stretto contatto con l’uomo, tutt’altra storia è dimostrarsi adatti a farlo.
Così il maiale fu considerato, nei secoli, soltanto un cibo. Fin dall’epoca delle prime colonie spagnole e portoghesi, presso gli insediamenti dei futuri Stati Uniti furono tenute le scrofe con i cuccioli e i consorti, ciascuna utile a nutrire varie valide generazioni, una ricchezza ed un tesoro per la società. Simili creature, occasionalmente, scappavano dagli utili recinti deputati, ritornando subito allo stato brado. E ancora oggi i loro discendenti, che vengono chiamati in gergo razorback, prosperano e si moltiplicano per le vaste praterie del Sud. Nel romanzo del 1884 Le avventure di Huckleberry Finn il giovane titolare fa credere al suo crudele padre di essere morto, ricoprendo le pareti di una capanna con il sangue di una di queste creature, spregiudicata almeno quanto lui.

La svolta storica, tuttavia, si ebbe nel corso del XIX secolo, quando si ritiene, a posteriori, che alcuni proprietari delle prospere tenute agricole fondate sul lavoro degli schiavi presero a seguire una curiosa moda proveniente dall’antico continente: la caccia al cinghiale. Non inteso, chiaramente, come il tranquillo maialino appena reintrodotto nel selvatico, ma la vera belva zannuta, timore degli antichi fiutatori, muso grifagno e pelo nero come il carbone, perfettamente uguale a tante rappresentazioni dell’araldica e bestiari medievali. Così giunse liberalmente, per il tramite di occasionali importazioni, il Sus scrofa all’altro capo dell’Atlantico, davvero ben lontano dai suoi boschi originari dell’Europa e della Russia ultramondana. Si accoppiò coi razorbacks, dando origine a giganteggianti e orribili chimere. E da allora, non se n’è mai andato.

Boar Exploder
Apoteosi a base di tannerite, la sostanza esplosiva che “non puoi credere che sia legale” eppure viene venduta, in certi luoghi, assieme alle altre merci da supermercato.

Ora non è facile capire, dal nostro punto di vista cittadino, l’odio ed il terrore che gli agricoltori hanno per il semplice cinghiale, facile da accarezzare con la mente. Tutti quei graziosi cuccioli a strisce fatte per mimetizzarsi, i loro versi buffi ed attraenti, l’aspetto complessivamente non dissimile da un cagnolino abbia mangiato roba veramente molto strana. Ma per chi opera con vaste realtà rurali nel profondo sud degli Stati Uniti, dove questa razza d’animali prospera senza controllo, il mostro è l’incubo zannuto, nulla meno, nulla più che l’alternativa maggiorata allo scarafaggio (però delizioso da mangiare, guarda un po’). Che incorna e massacra gli animali domestici, che inquina l’acqua corrente, che rovina i pascoli nella stagione degli amori, marcando il territorio con vistose buche, deiezioni ed altre incomparabili sgradevolezze. Qui non stiamo parlando di semplice caccia, ma di una vera sfida per la sopravvivenza proficua, dalla nostra parte bipede, e il diritto ad auto-distruggersi dopo il raggiungimento dell’assoluta sovrappopolazione, dall’altra dei quadrupedi. Il cinghiale selvatico naturalizzato americano sarebbe un serio problema anche senza calcolare la sua estrema proliferazione, che in determinate condizioni può rivaleggiare con quella dei nostrani roditori: si calcola, in effetti, che per mantenere sullo stesso livello totale una comunità selvaggia di cinghiali, se ne debbano catturare e uccidere almeno l’80% annuo, una cifra quasi irraggiungibile con metodi convenzionali.

Boar Shooter
Il tiro dall’elicottero è un metodo brutalmente efficace, ma che presenta un grosso punto negativo: le centinaia di carcasse disseminate, alla fine della giornata, per i campi sconfinati di talune proprietà.

La carne di cinghiale, meno grassa e più saporita di quella dell’alternativa domestica, è un bene potenzialmente prezioso anche al giorno d’oggi, quando la prassi vuole che, a seguito di una spedizione di sterminio, le risorse alimentari risultanti vengano fornite a quellaclasse d’istituzioni detta food banks (le banche del cibo) che si preoccupi di distribuirle ai bisognosi. C’è tuttavia una problematica ulteriore: il cinghiale, una volta ucciso, deve essere trattato immediatamente, pena la diffusione di sostanze nella carne, dal suo fegato, la vescica ed altri organi, tali da rendere incommestibile la bestia. Per questo, nei tempi moderni, la soluzione considerata più efficace è l’impiego delle trappole, che vengono prodotte nelle fogge e forme più diverse. Il tipo più utilizzato ed economico viene costruito in con un’intelaiatura di metallo, ed è simile a una scatola appoggiata direttamente sul terreno, con una sola entrata. Il cinghiale si avventura per mangiare l’esca ed un sensore automatico chiude l’ingresso. L’efficienza di una simile soluzione, tuttavia, è tutt’altro che ideale: innanzi tutto perché cattura in genere un singolo animale, e poi perché l’apparenza stessa del dispositivo, così chiuso e innaturale, mette in allerta il cervello fine dei grufolatori.

Boar Buster 2
La trappola Boar Buster, che scende con un moto elicoidale, può essere risollevata tramite l’impiego di un semplice sistema ad argano. Si consiglia di aver prima eliminato gli ospiti indesiderati.

Il che ci porta all’alternativa proposta dalla Noble Foundation, mostrata anche nel video d’apertura e che sarà in consegna a partire dall’estate del 2015, per il prezzo non trascurabile di 5,995 $ più spese di collegamento alla rete cellulare. L’origine del dispositivo è rilevante: qualche anno fa, ci racconta il ricercatore Josh Gaskamp, l’organizzazione si stava occupando di uno studio sui cervi dalla coda bianca del Nord America, tramite l’impiego di un sistema di reti a caduta controllata. Con il proseguire del progetto, poiché le loro esche continuavano a venire consumate dai maiali selvatici, iniziarono ad usare lo stesso sistema su di loro, per catturarli e spostarli via dall’area rilevante. Si resero allora conto, così facendo, che il suino indesiderato, normalmente tanto attento a ciò che aveva intorno, non guardava mai verso l’alto, data l’assenza di predatori naturali da una tale direzione. Così ecco l’evoluzione del concetto: piuttosto che una rete, difficile da posizionare, un recinto a calata controllata di forma circolare, affinché i cinghiali non possano radunarsi in un angolo, e fuggire via salendo l’uno sopra l’altro (caso tutt’altro che raro con sistemi simili di altri produttori) e soprattutto controllata a distanza, tramite l’impiego di una telecamera collegata ad Internet e un sistema di sgancio a distanza. La capacità di discernimento nell’attivazione è pensata per consentire, come ampiamente narrato e dimostrato nel video di presentazione, la cattura di un’intero sounder (branco) e non soltanto di una parte di esso, con la conseguenza problematica di aver educato i sopravvissuti ad un pericolo da evitare. Perché se l’elefante non dimentica mai nulla, anche il cinghiale non scherza affatto. Pochi giorni dopo il video di presentazione, viene comunicato in sovraimpressione, una Boar Buster ha raggiunto il record di cattura: 44 cinghiali in una volta. Non che sia facile, a conti fatti, trovare un modo per smaltirli…

4 commenti su “Una macchina per prendere i cinghiali”

  1. Ciao Marco, purtroppo non sono a conoscenza di un distributore italiano di questo prodotto. Potresti provare a chiedere sul loro sito ufficiale.

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