Un Dio vicino, partecipe delle problematiche della vita e sempre disposto a porgere una mano, offrendo soluzioni funzionali ai contraccolpi della quotidianità impietosa. Questa l’idea promossa da taluni ordini religiosi, come quello della Sorellanza di Loretto (la doppia “t” basta a distinguersi dal comune marchigiano) nel Nuovo Messico, istituita nel diciannovesimo secolo con l’obiettivo particolarmente rilevante di offrire consulenza religiosa, ed educazione linguistica, alle giovani abitanti di un territorio annesso negli Stati Uniti soltanto nel 1848. Ma ci sarebbero voluti quasi trent’anni affinché l’arcivescovo Jean-Baptiste Lamy, vicario della Chiesa Cattolica, reputasse opportuna la costruzione per loro di una chiesa con annessa sede scolastica, presso il principale sito urbano di Santa Fe. Coinvolgendo, per riuscirci, l’architetto Antoine Mouly e suo figlio Projectus, destinati a perseguire l’ideale di un maestoso edificio neo-gotico, con tanto di contrafforti e finestre con vetrate importate direttamente dal Vecchio Continente. Se non che il primo sarebbe morto di cause naturali ed il secondo, a quanto si dice, in una sparatoria, lasciando l’edificio ormai prossimo all’inaugurazione privo di un singolo, fondamentale elemento: una scala che potesse raggiungere il piano sopraelevato, dove l’unico accesso rimaneva una singola, inappropriata scala a pioli. Le suore dunque, impossibilitate a utilizzare tale soluzione per via dell’abito, contattarono diversi addetti ai lavori ottenendo un’assoluta concordia delle opinioni: nello scarso spazio disponibile, qualsiasi elemento d’ascesa sarebbe risultato antiestetico e/o strutturalmente instabile nella maggior parte delle circostanze future. Che cosa avrebbero potuto fare, quel punto? Le opzioni erano limitate, ma ciò riduceva anche la titubanza. Tutte assieme, all’interno della navata, si misero a pregare all’indirizzo di San Giuseppe, protettore dei carpentieri. Ed è qui che la narrazione storica sfocia, in base alle cronache scritte sull’argomento, nella pura leggenda folkloristica o narrazione di parabole religiose. Poiché alla nona alba, una figura misteriosa apparve all’orizzonte, in groppa ad un mulo carico di attrezzi da carpentiere. E senza che nessuno avesse la reazione istintiva di fermarlo, iniziò a costruire qualcosa nella navata della cappella, che spiraleggiava elegantemente verso l’irraggiungibile piano rialzato. Le sorelle si sarebbero trovate d’accordo, successivamente, nel menzionare l’origine del materiale. Legname che ogni giorno compariva, miracolosamente, all’interno di due ciotole chieste in prestito dall’uomo all’arrivo tra quelle salienti, ma incomplete mura. In un tempo eccezionalmente breve, che taluni affermano esser stato una singola notte, alcuni appena un paio di giorni o al massimo una settimana, l’elemento architettonico fu completato dallo strano individuo. Si trattava di una scala a chiocciola con trentatré scalini (gli anni di Cristo) costruita in abete fino a 6,1 metri, che girava due volte su se stessa raggiungendo in modo alquanto impressionante l’obiettivo, essendo all’epoca del tutto priva di un corrimano. Un’aggiunta la quale, piuttosto che ingombrare lo scenario della chiesa, sembrava accrescerne l’implicita eleganza suscitando stupore e meraviglia nei suoi visitatori, benché taluni utilizzatori soffrissero terribilmente di vertigini al momento in cui dovevano percorrerne l’elicoidale tragitto. Al termine del lavoro, effettuato senza nessun tipo di chiodo o colla, l’uomo scomparve senza chiedere alcunché in pagamento. E nessuno riuscì più a trovarlo, mentre tra i locali cominciò a circolare una strana voce. Che potesse essersi trattato di San Giuseppe, in persona…
miracoli
Sacri divoratori: i molti miracoli dei santini “da deglutizione”
Fra Cristoforo camminava di buona lena lungo il vicolo parallelo alle vecchie mura di Bamberga. Secondo la sua esperienza d’altronde, non era la cosa migliore arrivare troppo presto nella dimora che aveva inviato un messaggio sulla collina del suo convento, né troppo tardi. La guarigione costituiva, nella maggior parte dei casi, una questione di fede e ciò era vero in quell’anno 1723, come cinque secoli prima della fondazione del Sacro Romano Impero. Ogni contributo diretto da chi poteva proporre un metodo, d’altra parte, poteva risultare funzionale allo scopo. Il che costituiva la ragione per cui il giovane Bogusch veniva inviato, di tanto in tanto, a chiedere l’aiuto degli ecclesiastici ed in modo particolare l’accesso alla loro risorsa più celebrata. Che non era più, a quei tempi, la conoscenza delle erbe medicinali o le nozioni apprese negli antichi testi redatti dai latini, bensì qualcosa di molto più moderno e soddisfacente: la pressa da stampa donata dal borgomastro, e tutto ciò che tendeva a derivarne; libri delle ore, wettersegen (talismani del tempo) ed il più economico dei medicinali: una piccola riproduzione su carta della Madonna raffigurata sulla pala d’altare del convento, opera di un manierista senza nome, le cui intercessioni salvifiche risultavano ormai largamente discusse in tutta l’Alta Franconia. Ora Cristoforo, dopo aver saltato un sospetto rigagnolo con i piedi scalzi che caratterizzavano il proprio ordine, bussò alla porta che gli era stata indicata, mentre già sollevava in una mano la ciotola delle offerte, mentre nell’altra stringeva saldamente la cartellina con il suo carico di preziosissime figurine. Naturalmente, la presentazione era importante, così come poteva risultare funzionale offrire ai fedeli l’opportunità di scelta. La figlia del mugnaio, trasferitasi nel borgo dopo aver sposato il proprietario della taverna, aprì quindi la porta presentandosi con le mani giunte ed un’espressione di profonda gratitudine. “Reverendo, grazie a Lui siete venuto. Le condizioni di mio figlio non sembrano migliorare. Speravamo che lei potesse fare qualcosa per lui…” Ora la donna una volta depositato l’obolo lasciò sfumare il suggerimento che campeggiava, evidentemente poco oltre la soglia della sua coscienza, mentre l’ecclesiastico fece un inchino educato e rispose con una formula di rito. Quindi annuendo con fare professionale, intascò le monete, varcò l’uscio e si lasciò condurre fino alla camera del malato. Il ragazzo era sdraiato sul letto con accanto una governante, mostrando un’aria provata ma nessun segno che fosse eccessivamente grave. Un candidato perfetto! Pensò Cristoforo, prima di annunciare ad alta voce: “Signore mie, fortunatamente ho qui la cura perfetta per questo tipo d’afflizione. Passando ho notato che avete già versato dell’acqua e l’avete posta sul tavolo: ci servirà. Ora tirerò fuori il mio repertorio.” Senza ulteriori indugi, egli produsse dunque un paio di forbici e una serie di fogli di carta, disposti ordinatamente sopra le lenzuola che coprivano il giovane, ciascuno raffigurante un susseguirsi d’identiche immagini sacre: santi circondati da grandi aureole, ripetizioni illuminate del titulus crucis, varie versioni della Natività ed iconografie dello Spirito Santo… “Che il Signore guidi la vostra scelta.”
Il caparbio bagliore dell’incendio più antico al mondo
In un momento imprecisato degli anni 60 dello scorso secolo, un pastore si avvicinò distrattamente alle pendici di un declivio montuoso nei pressi della sua città d’origine. Mera collina erbosa nonostante l’appellativo altisonante di Yanar Dağ ovvero “la Montagna che Brucia” dalla provenienza incerta ma forse riconducibile al vago odore di zolfo che da sempre era stato percepito aleggiare nei dintorni. Mentre meditava approfonditamente sulla cosa l’uomo scelse di accendersi una sigaretta, per gettare quindi il fiammifero ancora un poco incandescente verso il tronco contorto di una piccola siepe. “Che cosa potrebbe mai succedere?” Pensò forse beffardamente, ricordando le parole degli anziani venerabili del villaggio, in merito al ritorno delle antiche usanze dinnanzi all’innegabile possenza della natura. Un lieve fruscìo dagli alberi distanti. Il grido di un gabbiano sperduto nell’entroterra. Giusto mentre una fiammata alta all’incirca un paio di metri, eruttando improvvisamente dal profondo, si protese verso l’alto come un tentacolo fermamente intenzionato a stringergli una, o se possibile, entrambe le mani scurite dal Sole: “…Mi pento, mi pento! Sia lode!”
Si estende come un arco di plasma verso il grande azzurro del Mar Caspio, la penisola di Absheran, parte fondamentale di quello che viene talvolta definito: Odlar Yurdu, il Paese [protettore] del Fuoco, anche detto Atropatene, toponimo la cui pronuncia è stata trasformata in Āturpātākān, Ādharbāyagān ed infine, Azerbaijan. Pregno compito non tanto riferito all’elemento che ogni cosa consuma e può distruggere, quando le condizioni sono avverse, bensì la natura stessa e il nesso primordiale, che alberga nel cuore stesso nelle persone, come marchio del creatore Zoroastriano, Ahura Mazda venerato sin dai tempi degli imperatori di Persia. Eppure cosa estremamente rilevante, neanche il primo di questi elementi manca visto e considerato come oltre i confini rilevanti, trovi posto uno dei più vasti, e ancora in parte integri, ricettacoli di gas naturale al mondo. Fonte d’idrocarburi provenienti da foreste preistoriche d’inusitata vastità, rimaste sepolte sotto i ponderosi strati geologici degli eoni, quando la deriva climatica di questo pianeta gli ha impedito di ricreare se stesse oltre le sabbie del Tempo. Il che ha reso, con l’arrivo molto successivo degli umani, un’occorrenza particolarmente rappresentativa la specifica contingenza geologica che trova la definizione internazionale di vulcano di fango, particolarmente nell’intera zona della riserva naturale di Gobustan, situata circa 60 Km a sud-ovest della capitale peninsulare da oltre 3 milioni di abitanti, Baku. Mentre è proprio con l’avvicinarsi verso un così importante centro nevralgico e commerciale del Vicino Oriente, che il calore verso le rivelazioni profetiche del grande Zarathustra, così come quella manifestazione magnifica della sua munificenza, che il “calore” sembra intensificarsi in modo estremamente significativo. Come esemplificato dai tre svettanti e contorti grattacieli da 190 metri noti come Flame Towers, fatti assomigliare dopo il tramonto ad altrettante emanazioni pilota di un fornello da cucina, grazie al sapiente impiego di 10.000 lampade LED dalla colorazione vermiglia. Ma di fuochi tangibili ancorché caldi, oltre che menzionati nelle antiche cronache, alla loro ombra ne campeggiano ulteriori due. Forse non altrettanto alti, ma…