Le insospettate meraviglie architettoniche della metropolitana di Wuhan

È l’aspetto della cultura cinese contemporanea meno conosciuto da coloro che non hanno visitato quel paese, mantenendo fermo nella mente lo stereotipo di uno stile decorativo tradizionalista, rigido nelle applicazioni, appannaggio del pubblico dominio e strettamente limitato dall’aderenza ad una serie di modelli imposti dall’alto. Idea ben presto sovrascritta da un rapido vaglio del tipo di materiale disponibile online, valido a ridefinire la tipica megalopoli del regno di Mezzo come un qualcosa di fuoriuscito direttamente da un film di fantascienza o il tipico romanzo cyberpunk. Ciò principalmente per il modo in cui si è soliti da queste parti coniugare antico e moderno, giungendo a generare un’interpretazione altamente riconoscibile di quello che può essere chiamato “idoneo” a determinare il principale carattere di una nazione. Al punto che persino l’infrastruttura civile, in modo particolare negli ultimi vent’anni, ha raggiunto un livello di presentazione al pubblico finalizzato a comunicare una precisa gamma di reazioni, riassumibili nel quieto senso di soddisfazione che tende a trasformarsi, gradualmente, nell’orgoglio di far parte di una determinata collettività viaggiante. Da un lato all’altro di Wuhan, tanto per fare un esempio, la popolosa capitale della provincia di Hubei. 13 milioni di persone dislocate in poco più di 8.400 Km, in questo luogo sfortunatamente celebre in Occidente come punto d’origine della pandemia da Covid che sconvolse il mondo pochi anni fa. Tanto che potrebbe anche lasciare un certo senso di sorpresa, prendere atto di quali e quante opere di rinnovamento siano state portate a termine nel corso dell’ultima mezza decade, in una maniera in grado di colpire, ancora una volta, la fantasia della mente collettiva incernierata nei sottosistemi di questo Web. Internet ovvero un luogo dedicato a viaggi virtuali, telecamere fluttuanti e riprese dirette in grado di sfatare, o alternativamente accentuare, gli assunti persistenti poco dietro i monitor e le tastiere. Ecco allora l’ipotetico turista, come anche l’individuo giunto in questi lidi per studio e/o lavoro, sperimentare una dopo l’altra le notevoli bizzarrie disseminate lungo il corso dell’ormai celebre Linea 5, l’ultima aggiunta del sistema metropolitano in grado di costituire la maturità evidente dei crismi progettuali e priorità estetiche di questa tipologia di servizi in Cina. Aperta nel dicembre del 2021, con significativo entusiasmo mediatico e partecipazione pressoché immediata ed altresì spontanea di una fetta significativa degli abitanti, all’entusiasmo per così dire istituzionale nei confronti dei crismi architettonici percorsi fino alle più estreme conseguenze…

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Città cinese onora con statua di 50 metri il dio della guerra

Guan Yu in Jingzhou

Ogni grande eroe ha conosciuto umili origini, della fama non ancora acquisita se non della mancanza stessa di armi, alleati e bagagli. Il progressivo accrescimento delle proprie capacità belliche è una scala che va percorsa dal fondo alla cima, attraverso la pratica, gli errori e le battaglie dagli esiti indesiderati. Sono ben pochi i personaggi, tuttavia, che nel corso della loro carriera possono raggiungere a una tale vetta di sapienza, forza e decisione, da venire elevati con plebiscito popolare al rango di essere supremo, ovvero, una completa ed assoluta divinità. Fra questa ristretta categoria, l’individuo più famoso resta senz’altro l’onorato Guan Di (l’Imperatore Guan) che, trovandosi insignito di un simile rango postumo soltanto molti secoli dopo aver cessato il suo combattere e formare strategie, era ancora noto ai tempi della la fine della dinastia degli Han (200 d.C. ca.) con il nome mortale di Guan Yu. Ed è forse, proprio in questa forma che voi avete avuto modo di conoscerlo, attraverso manga, cinema e videogiochi: sarebbe difficile, del resto, scambiarlo per qualcun altro. La lunga barba fluente, le sopracciglia folte, l’abito verde sopra l’armatura di metallo, il cappello da studioso, portato con fierezza al posto degli elmi che caratterizzano la raffigurazione dei suoi pari ed avversari, condottieri di un’epoca di caos e devastazioni. Forse la più terribilmente significativa nell’intera storia della Cina. Caratterizzata dalla presenza di un uomo che, nel corso della sua intera vita, restò sempre eccezionalmente fedele ai suoi valori, riuscendo a non tradire mai le aspettative del suo fratello maggiore acquisito, il benevole governante degli Shu Han, nonché giusto erede dell’intero impero della Cina, Liu Bei. Né abbandonò mai il terzo membro del celebre Giuramento del Giardino dei Peschi, lo sciocco ma fortissimo generale, Zhang Fei. Finché un attacco a tradimento da parte del presunto alleato Lu Meng, avvenuto durante il governatorato che il grande Guan aveva ricevuto della provincia di Jing (l’odierna Hubei) non lo privò dei suoi fedeli soldati ed ogni speranza di ricongiungersi ai fratelli, costringendolo ad arrendersi a malincuore, per venire giustiziato senza un grammo pietà dai soldati del regno di Wu. La leggenda vuole, tuttavia, che egli morì in piedi, e che persino la sua testa, inviata in un tardivo tentativo di scaricare le responsabilità al signore della guerra Cao Cao del regno di Wei, avesse ancora la capacità di spalancare gli occhi e fissarlo con astio, tanto che quest’ultimo, da tempo sofferente di crisi epilettiche piuttosto gravi, nell’aprire la scatola in cui essa era contenuta cadde improvvisamente a terra, come fosse stato colpito da una freccia. Si narra poi di come, una volta ripresosi, egli fece seppellire il macabro resto con tutti gli onori tributati ad un guerriero d’alto rango, ricordando anche la maniera in cui, per un singolo fugace splendido momento, quell’uomo senza pari fosse stato al suo stesso servizio, assistendolo in forza del suo naturale senso di lealtà.
Nessuno poteva dimenticare Guan Yu. Neppure, a quanto pare, gli eredi distanti di quello stesso popolo di Jing, che a distanza di quasi dieci secoli ha deciso, forse anche in forza del surplus di manodopera che ormai da tempo condiziona le scelte politiche di parti intere della Cina, di mettere in atto il progetto di una nuova grande statua del guerriero, disegnata da niente meno che l’artista di fama Han Meilin, autore, tra le altre cose, delle due mascotte usate per Olimpiadi di Pechino del 2008. L’impressionante risultato, inaugurato pochi giorni fa assieme alla nuova area pubblica di un intero parco dedicato al dio-generale, lo raffigura in una situazione piuttosto atipica, mentre guarda verso l’orizzonte dal ponte di un’imbarcazione stilizzata, che probabilmente allude alla fondamentale battaglia di Chi Bi, la più grande dell’intera epoca dei Tre Regni in cui egli giocò un ruolo fondamentale. Il suo mantello, caratterizzato da una strana forma geometrica che sembra ricordare in qualche modo l’estetica del modernismo, parte da una voluta e si estende dietro il corpo del guerriero, che dal canto suo impugna la famosa alabarda del tipo guandao che brandì in vita, la temutissima qīng lóng yǎn yuè dāo: Lama a Mezzaluna del Drago Verde. Egli appare, sotto tutti i punti di vista, pronto a balzare tra il popolo ed i suoi nemici, per difendere ancora una volta la gente più povera e indifesa della Cina.

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