Come corrono le auto di legno fatte in casa sopra il ciglio di un burrone in Ecuador

Alla velocità di almeno 35 Km/h, la sferragliante automobilina sembra perdere momentaneamente il controllo, scivolando inesorabilmente verso la banchina. Per un attimo i secondi sembrano fermarsi, poco prima dell’impatto contro un fuoristrada parcheggiato, per l’appunto, a lato dell’asfalto ruvido e impietoso. Il colpo è abbastanza forte da spostarlo, incredibilmente, mentre i due occupanti si rialzano del tutto illesi. Un miracolo? Superflua, persino sopravvalutata è la presenza di un motore dentro la struttura del veicolo… Poiché quello che davvero conta non è il rombo di quel meccanismo, ma il sibilo dell’aria stessa. Metafora evidente del concetto transizionale del viaggio, spostamento dal principio Alfa fino al termine della sequenza. Nell’implicita misura progressivamente prolungata, tanto spesso fatta il fondamento della percezione umana! Quando prati, alberi e auto parcheggiate si susseguono veloci ai margini del campo visivo e parimenti nello spazio che si trova in mezzo, tra la mente e le sinapsi del cervello stesso. Sostituendosi a problemi, pensieri ed indesiderabili rimorsi. Questo è il merito collaterale, d’altra parte, della “zona” ovvero il “terzo luogo”, il recesso dove si trascendono i pressanti limiti dell’essere umano. Per riuscire a diventare, almeno temporaneamente, spiriti del tutto liberi e gloriosamente disconnessi dalla quotidianità. Tramite una serie di aspetti del tutto arbitrari, e che ne dite dei seguenti? Punto primo: il gioco. Punto secondo: la competizione. Punto terzo: il pericolo. Così come perseguito, tramite l’evoluzione progressiva, nell’odierna iterazione dell’attività “sportiva” maggiormente amata in uno dei paesi più montuosi dell’intero continente sudamericano. L’unico vero cappello del serpente andino, dove l’altitudine media delle città supera agevolmente i 2.000 metri, tra alcuni dei paesaggi più appassionanti immaginabili nel grande cerchio geografico del mondo. Un presupposto certamente valido, nonché innegabilmente utile, per l’idea alla base di una simile avventura alla velocità di una cascata. Che si concretizza annualmente, tra ottobre e novembre, nelle feste patronali e della fondazione di siffatte comunità montane, secondo una pregiata tradizione assai diffusa, ineccepibile nel proprio tracotante laicismo e le attuabili presenti applicazioni iterative. D’altra parte non può certo scomparire, ciò che ha la caratteristica di essere davvero entusiasmante. Nella specifica maniera chiaramente dimostrata in questo video on-board, frutto del desiderio di condividere di uno dei partecipanti alla notevole Fiesta de Alausí, dedicata al personaggio di San Marcial (Marziale) vescovo missionario del III secolo d.C, battezzato e convertitosi direttamente grazie all’intervento di Pietro. Che una volta usciti tutti dalla porta della chiesa, comporta questo: la rutilante, roboante, incombente carovana di corridori, impegnati nella prestigiosa carrera (corsa) delle coches de madera (auto di legno) finalizzata a determinare, una volta per tutte, chi sia il più rapido tra gli abitanti del paese nel riuscire a raggiungere la linea del traguardo. Mentre osserva e mantiente attuali, nello schema dei suoi gesti, una serie di regolamenti tutt’altro che improvvisati…

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Ciclista imita Superman per sorpassare i suoi rivali

Michael Guerra

Dimenticare la bicicletta. Farla letteralmente sparire, sotto di se. Un momento inaspettato, una scena totalmente fuori dagli schemi. Talvolta è proprio l’attesa che crea il sentimento estremo d’entusiasmo, nel momento dell’esecuzione di un qualcosa di spettacolare. Qualche altra invece, il dispiegarsi dei fatti tramite un’ispirazione del momento. Ed è difficile capire, in effetti, quale di queste due vie contrapposte fosse quella percorsa dal ciclista italiano Michael Guerra, durante questa sua impresa che è diventata, negli ultimi giorni, un successo internazionale da molti milioni di visualizzazioni. Ciò che è certo, tuttavia, è l’effetto complessivamente surreale dell’intera sequenza: lui che si avvicina di soppiatto, a bordo della sua bici a scatto fisso (la fixie con un singolo pignone) ad un gruppo di pedalatori più convenzionali, su di un tratto in discesa la cui collocazione geografica resta purtroppo misteriosa, quindi rimuove i piedi e…Li distende parallelamente al suolo, restando in bilico sopra il sellino a pancia in sotto, le braccia tese in avanti per reggersi al manubrio! Già questo sarebbe abbastanza interessante, senza prendere in considerazione l’aspetto ancor più fenomenale della sequenza: il modo in cui dopo pochi secondi, senza ulteriore dispendio d’energia muscolare, egli inizi a sorpassare facilmente il branco. Sarebbe dunque difficile sfatare l’auto-attribuzione effettuata dall’atleta sulla sua pagina Facebook, di autore del video più IGNORANTE dell’estate. In senso assolutamente positivo, sia chiaro, come del resto tanto spesso s’intende in certe pubblicità televisive.
Ma dai?! “La struttura aerodinamica del calabrone non dovrebbe permettergli di volare. Ma esso non lo sa, e quindi…” è un’espressione che potrebbe essere impiegata, nell’epoca degli aforismi digitali, come allusione ad una visione del mondo, o per meglio dire una teoria sull’universo, che per qualche astrusa ragione viene attribuita normalmente ad Alfred Einstein. Il quale non era certo uno studioso d’insetti, come del resto Marilyn Monroe difficilmente potrebbe essere definita una grande filosofa del femminismo, nonostante molti degli aforismi che gli vengono comunemente attribuiti sul web, a torto e qualche volta anche a ragione, in merito all’amore e al ruolo della donna nella società. L’attribuzione realistica delle citazioni non è mai stato un problema per il senso comune: perché fama significa autorevolezza, e una persona che notoriamente ha fatto grandi o significative cose nella vita si ritrova, molto spesso, infusa di un’aura di sapienza trasversale, o per usare un termine più chiaro ed immediato, latente tuttologia. Nel caso di questa affermazione del teorico della relatività, ad ogni modo, ci sono almeno due problemi fondamentali a margine: prima di tutto, che un calabrone (V. crabro) non è altro che una grossa vespa, dunque parlando della sua “struttura aerodinamica” ci staremmo riferendo per inferenza anche ad uno degli insetti più familiari del nostro vivere e sentire quotidiano. E in quel modo, l’astrusa ipotesi colpisce molto meno la fantasia. Chiunque avesse concepito originariamente l’ipotesi, probabilmente stava pensando al bombo terrestre (B. terrestris) un insetto la cui piccola superficie alare ha, in effetti, lasciato perplessi gli entomologi per molti anni. Finché non fu scoperto che la portanza, ovvero la capacità di un corpo di spostare l’aria verso il basso, può talvolta essere il prodotto di caratteristiche fisiche tutt’altro che evidenti. Ma che dire del sentimento che si trova in ultima analisi alla base stessa dell’idea? Che il dimenticarsi della propria condizione o situazione corrente possa, talvolta, portare all’esecuzione di un qualcosa di straordinario…Beh, la storia delle due ruote non è esattamente priva di precedenti in materia. La stessa posizione assunta da Michael, in effetti, potrebbe ricordare molto da vicino quella che è stata a più riprese definita come “La foto più famosa nella storia del motociclismo.” E per chi non avesse chiaro di cosa sto parlando, eccola qui:

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