Ciclista ci offre l’esperienza di sorpassare 300 rivali mentre scende giù dalla montagna nebbiosa

Dopo una serie di ardue battaglie lungo l’intera dorsale montagnosa del Perù culminanti con il doppio e inconclusivo assedio della capitale Cusco, il condottiero popolare passato alla storia con il nome di Manco Inca Yupanqui riuscì a ritirarsi nel 1536 presso la città roccaforte di Ollantaytambo non lontano dal complesso di Machu Picchu, che avrebbe dovuto costituire la base delle sue operazioni per il resto del conflitto contro i conquistatori europei. I suoi 30.000 uomini, dalla sommità dei propri bastioni, sorvegliavano la Valle Sacra, lungo cui l’armata degli spagnoli avrebbe dovuto passare ed inerpicarsi, sotto il tiro di archi, giavellotti e fionde. Ciò che egli non sapeva, purtroppo, era che il conquistador Francisco Pizzarro aveva nel frattempo preso contatto con i popoli nativi, soggiogati e tassati da generazioni dell’impietosa burocrazia dell’impero. Ed oltre ai fucili, cani e cavalli, la sua avanzata avrebbe potuto trarre giovamento di spropositate quantità di soldati pronti a morire, nella tenue speranza di riuscire un giorno a conoscere la più completa libertà. La battaglia che ne conseguì, a gennaio dell’anno successivo, fu assai probabilmente un massacro senza precedenti nella storia sudamericana, per lo meno nella misura in cui essa è stata tramandata fino ai nostri giorni. Sebbene il numero di vittime, per quanto ci è dato di sapere, resti essenzialmente un dato incerto della vicenda. Così come riesce arduo calcolare ogni anno quanti, tra i partecipanti della gara ciclistica che viene chiamata l’Inca Avalanche (Valanga degli Inca) riescano a tagliare il traguardo illesi al termine dei circa 25-30 minuti di selvaggia discesa attraverso il passo di Abra Málaga e lungo le pendici del Nevado Verónica, montagna nota anche come Urubamba o Padre Eterno per i suoi notevoli 5.893 metri d’altezza. Di cui circa la metà diventano parte di quel tragitto, lungo 22,88 Km, dai margini di un elevato ghiacciaio fino alle propaggini dell’ultima città capace di resistere alle sanguinarie ambizioni coloniali degli Europei. Una folle corsa che sarebbe impressionante anche senza l’impiego dello stesso formato reso celebre dalla Mega Avalanche dell’Alpe d’Huez, che dal 1995 vede fino a 400 riders partire tutti assieme dalla vetta per una cavalcata lungo alcuni dei percorsi sciistici più memorabili dell’Isère. Laddove tale ispirazione appare di suo conto non del tutto priva di un certo livello di prudenza, con svolte elaborate al fine dichiarato di limitare la velocità massima dei partecipanti, e una ragionevole assenza di pericolosi ostacoli come rocce, tronchi d’albero e altri indesiderabili ornamenti del paesaggio, nessun pensiero di tale entità sembrerebbe essersi trovato al centro delle preoccupazioni degli organizzatori locali, come possiamo desumere dagli eccezionali reportage in prima persona offerti da qualche anno dal partecipante ricorrente, e spesso anche primo classificato della gara, il catalano Kilian Bron del Principato di Andorra. Che s’imbarca nella sua ultima impresa in un approccio certamente spettacolare, al tempo stesso non particolarmente raccomandabile, al suo notevole exploit di quest’anno: partire nella seconda e ultima discesa prevista dal calendario della corsa dall’ultima posizione, per poi arrivare primo come capita generalmente soltanto nei videogames. Mera irrealizzabile ambizione o l’obiettivo razionale di chi ben conosce le proprie straordinarie potenzialità? Vi sarà bastato leggere l’intestazione, per capirlo…

I grandi portali gonfiabili col nome degli sponsor ricorrono a più riprese lungo l’estendersi del tragitto. Incluso quello, pressoché immancabile in simili occasioni, della bibita “estrema” Redbull.

Lo svolgimento dell’impareggiabile sequenza suddivisa in due parti, già riuscita ad accumulare oltre 4 milioni di visualizzazioni su YouTube dalla sua pubblicazione avvenuta lo scorso giugno, vede quindi il ciclista venuto da Oltreoceano partire di rincorsa, con un significativo margine rispetto alla massa indivisa delle centinaia di altri partecipanti alla spericolata “valanga”. Una scelta certamente meno che ottimale, quando si considera la quantità di membri destinati a subire incidenti o finire fuori gara proprio nei primissimi minuti, per rovinosi incidenti o urti vicendevoli all’interno del marasma inevitabilmente fuori da ogni logica o controllo. Bron tuttavia, già consumato esecutore dell’impresa nonché facilmente in grado di classificarsi primo in plurime occasioni precedenti, si dimostra altrettanto abile nel navigare attraverso il traffico, schivando gli svariati colleghi caduti a terra, oltrepassando gli ostacoli e senza il timore di abbandonare in diversi momenti il tragitto principale, sempre riconquistato mantenendo un preciso controllo in mezzo ad asperità e dislivelli. Nel momento in cui la cima nebbiosa della montagna lascia il passo ad un sinuoso tragitto tra la vegetazione, lasciati indietro i membri meno professionali del gruppo, tra cui i letterali turisti giunti fino a questo luogo come membri paganti degli appositi tour sportivi, intenzionati a vivere una memorabile esperienza ma non necessariamente mettere a rischio la propria incolumità fisica, il protagonista del video inizia quindi a pedalare sul serio, raggiungendo velocità che sembrano sfiorare ed occasionalmente superare anche i 30-40 Km orari. In questa guisa sorpassando ancora, e ancora, raggiunge quindi la sezione asfaltata del tragitto, un gran finale in cui il passaggio ravvicinato con altri concorrenti è fortunatamente raro, visti i ritmi di spostamento abbondantemente superiori ai 50 Km orari. Attorno al venticinquesimo minuto del video, quindi una sorpresa: dalla posizione privilegiata sopra il casco del ciclista, raggiungiamo per primi il traguardo, con ampio margine e tra l’esultanza della piccola folla riunitasi al punto d’arrivo della kermesse. Inizia dopo quel momento quella che l’autore stesso definisce la sua “vera discesa”, probabilmente corrispondente all’altra delle due heat previste dal regolamento di gara, per cui la somma del punteggio risultante determina l’ordine della classifica finale. La partenza è questa volta meno spettacolare, con Bron situato davanti a destra in forza del suo risultato precedente, ben presto capace di distanziare il gruppo grazie al suo notevole controllo della bicicletta in discesa. Ma lo stesso tragitto viene compiuto a una velocità molto maggiore, dimostrando indirettamente quanto tempo siamo soliti sprecare in mezzo al traffico, ogni volta che imbocchiamo la strada del ritorno al termine di un’impegnativa giornata di lavoro. Di nuovo, particolarmente ammirevole risulta essere il modo in cui il nostro portatore della telecamera riesce a mantenere pulito l’obiettivo passandoci la mano ogni volta che ne ha l’opportunità. Dimostrando l’importanza di una lunga esperienza pregressa in materia, nonché il possibile segmento di mercato per chi dovesse un giorno commercializzare dei minuscoli tergicristalli da montare sulle GoPro. Potenziali idee di sponsorizzazioni future?

Successivamente al completamento della seconda corsa, i partecipanti all’Inca Avalanche vengono invitati per la sera ad Ollantaytambo, dove si svolge una gara di acrobazie e salti nell’apposito allestimento al centro della piazza cittadina. Un’ultima sfida per i sopravvissuti…

In un mondo in cui le immagini più di ogni altra cosa determinano il successo e la popolarità di ogni tipo di figura pubblica, inclusi gli sportivi, non è realmente possibile raggiungere le vette di popolarità comunemente associate ad un tale ambiente senza essere almeno in parte gli agenti di marketing di se stessi. Sapendo scegliere le imprese più interessanti per il pubblico, ma anche pubblicarle, montarle e proporle nel formato giusto, spesso nell’ambito dei profili gestiti autonomamente dei moderni luoghi di ritrovo sul Web. Così è difficile trovare un praticante degli sport d’azione che non disponga almeno di un profilo Instagram, se non addirittura la completa antologia delle proprie imprese, archiviata per i posteri nel grande archivio digitalizzato di YouTube. Un ambito pienamente coerente per quanto concerne la nostra pregressa conoscenza di Mr Bron, già autore tra le innumerevoli altre cose di un appassionante avventura esplorativa lungo la cresta a strapiombo della Sierra del Montsec. Evoluzione stranamente appropriata dalle vittorie conseguite in gare dal formato decisamente tradizionalista come la Coppa di Francia e il Campionato Mondiale di Mountain Bike, raggiunta quell’età dei trent’anni in cui i meriti sportivi trovano il supporto ideale di un’immagine insolita ed interessante, coadiuvata dalla concentrazione in ambiti più o meno fuori dal sentiero principale del proprio settore. Una ricerca di… Soddisfazione? Popolarità? Forse soltanto il desiderio di condividere il coronamento della propria principale passione nel corso dell’esistenza. Dopo tutto, il risultato finale non cambia e neppure dovrebbe capitare ai meriti mostrati dal campione in siffatte circostanze non conformi. Anche questo è un traguardo del mondo post-moderno, applicato all’ambito dell’eclettismo tangibile che un tempo chiamavamo “lo sport”. Un monolito forse meno compatto, ed immutabile, di quanto avessimo pensato allora…

Lascia un commento