Lunga e complicata riesce ad essere, senza limiti o confini nazionali, l’annosa questione su cosa possa essere definito un “frutto” e cosa di suo conto, una “verdura”. Così che tecnicamente, la definizione scientifica secondo cui la parte della pianta che contiene i semi rientri nella prima delle due categorie ed invece tutto il resto, viceversa, decade non appena ci si sposta nel contesto culinario, dove gusti, tradizioni ed abitudini riescono a modificare le acquisite convenzioni. Basandosi sul gusto, invece che l’essenza naturale del prodotto vegetale; così che nessuno, normalmente, penserebbe che il cocomero e la zucchina possano venire dalla stessa famiglia tassonomica, così come la zucca ed il melone, sia estivo che d’inverno. Il che del resto si applica, in maniera parimenti valida, a una pianta assai particolare dei climi tropicali e sub-tropicali, largamente associata con il suo nome scientifico Trichosanthes cucumerina ad India, Cina e Sud-Est Asiatico, benché abbia saputo trovare terreno fertile anche in Africa, Australia e Sud America. Che pur non arrivando a fare parte del mondo “animale” parrebbe richiamarsi vagamente ad esso, data l’oblunga forma serpeggiante che saremmo istintivamente inclini a paragonare a quella di una serpe in agguato. E chi potrebbe, senza un’adeguata preparazione preventiva, soffocare un sentimento di stupore innanzi alla visione di tali e tante infruttescenze, che discendono formando spire dalle propaggini più alte di quel forte rampicante. E forte deve essere, per forza di cose, quando si considera l’eccezionale lunghezza e peso di quegli oggetti, come si confà ad una degna portatrice dell’emblema delle cucurbitacee, che ogni essere riescono ad affascinare, con l’aspetto notevole dei propri peponidi carnosi.
Ciò detto e nonostante la striatura appetitosa, non aspettatevi un sapore dolce o zuccherino, né a dire il vero in qualsivoglia modo appetitoso, da una simile abitante della giungla, in grado d’invaderla grazie al servizio di distribuzione semi offerto da insetti ed uccelli. Lei che nasce, e assai rapidamente cresce, a partire dall’ora tarda del tramonto, quando il notevole fiore che la caratterizza inizia puntualmente ad aprirsi, arricciarsi ed attorcigliarsi, verso la creazione di uno spettacolo assolutamente unico al mondo: incredibile non è in effetti un aggettivo sufficiente, per riunire sotto un solo termine l’eccezionale visione di tali e tanti piccoli asterischi bianchi, la cui eleganza e regolarità parrebbero richiamarsi a un chiaro tipo d’intervento da parte dell’artistica mano degli umani. Proni ad arricciarsi ed attorcigliarsi su loro stessi, creando l’illusione che decade, puntualmente, al sorgere del Sole quando tali odorosi doni del paesaggio cominciano rapidamente ad appassire, avendo assolto al compito affidatogli con enfasi dal sistema tecnologico della natura. Il che si applica sia ai fiori maschili generalmente alti e solitari, che a quelli femminili raccolti sul ramo sottostante, di un organismo monoico in cui il principio dei due sessi convive senza nessun tipo di conflitto. Per lasciarsi dietro il timido germoglio, di quel ramo profondamente modificato il quale lentamente, inesorabilmente, si trasforma nella vipera tentatrice. Chi avrebbe mai potuto resistere all’aspetto non del tutto falsamente appetitoso, d’altra parte, di una tanto mirabile ed insolita creazione vegetale?
Asia
Il bacio di una strana giostra in bilico sulla città spropositata
Lo stretto vagone sopra cui ci trovavamo aveva appena terminato una vertiginosa curva parabolica, dopo la picchiata ad oltre 40 gradi di pendenza, spostando il mio campo visivo dagli alti palazzi della megalopoli e la ruota panoramica più alta del paese alle verdi pendici del monte Tianchi. E fu così che mentre ci trovavamo all’apice del giro sulle montagne russe “Drago della Giungla” del Luna Park Happy Valley, presso la confluenza del fiume Azzurro ed il Jialing, improvvisamente in cima alla montagna notai… L’oggetto. Per un attimo, mentre tentavo di comprendere una tale vista, non potei fare a meno di trattenere il fiato: due giganteschi manichini, uno azzurro ed il secondo giallo, facilmente identificabile anche dalla distanza come una figura femminile, puntavano le lunghe braccia verso il cielo, fin quasi ad incontrarsi. Al posto della mano di ciascuno, per quanto mi riusciva di distinguere, un vassoio dalla forma conica, non del tutto dissimile da una piccola pagoda. Giusto mentre le montagne russe raggiungevano la fine, e cercavo di voltar lo sguardo per scorgere ancora la bizzarra meraviglia, vidi la mia amica e guida in questo viaggio di scoperta seduta a fianco con la mano davanti alla bocca, tentando di coprire un evidente sorriso. “Hai visto, mio caro? Hanno costruito una statua di noi due!” Quindi con fatica, capii dov’erano finiti; con un sobbalzo improvviso, il primo dei pupazzi ricomparve all’improvviso sopra la linea dell’orizzonte, ruotando vorticosamente su se stesso. La sua impossibile consorte lo seguì da presso.
Immaginate una città vasta quanto l’intera nazione austriaca, con una popolazione pari alla metà di quella dell’Italia. 30 milioni di persone che vivono, respirano, giocano e s’incontrano, a diversi livelli di una struttura urbanistica che sarebbe un’eufemismo definire tentacolare. Di sicuro i partecipanti ad una tale moltitudine avranno già provato tutto, assaggiato di tutto, vissuto qualsivoglia tipo d’emozione. O almeno questo sembrerebbe aver guidato i proprietari e gestori della nuova “Area Turistica dell’Amore” presso il nucleo abitabile distaccato di Baima, nel distretto di Wulong, riva settentrionale del grande fiume, approvando con entusiasmo il progetto di Yang Kai per una nuova Incredibile Attrazione Unica al Mondo, chiamata per l’appunto Fēitiān zhī wěn o “Bacio Volante”. Frutto di quella necessità comune a tutte le culture di rappresentare un sentimento e già che c’eravamo, farlo usando un approccio o un metodo che possano essere chiamati estremamente significativi. L’architettura, dopo tutto, è il prototipo di un lascito immanente alle future generazioni così come l’arte, anche quando frutto di un particolare gusto che volendo essere ingenerosi, potremmo giungere a chiamare pacchiano o addirittura un po’ naïf. E sia chiaro che queste non sono mie parole bensì quelle delle moltitudini di commentatori, che nelle ultime settimane a partire da un’inaugurazione collocabile attorno al maggio scorso si sono affollati, ad intervalli regolari, per offrire esperte considerazioni o validi commenti nei confronti di questa impegnativa aggiunta estetica all’entroterra cinese. Ben pochi, tuttavia, hanno cercato d’esplorare il suo effettivo significato…
Il dolcissimo inganno dell’insetto caramella singaporeano
Se la mente umana possedesse la capacità di “assaggiare” una foto, questo sarebbe senza dubbio il nostro tipo d’immagine preferita: sei diverse varietà per altrettanti gusti deliziosi, di un agglomerato di zucchero e sciroppi di frutta di bosco, agrumi, vaniglia e Coca Cola… Appoggiati sull’incarto del colore di una foglia che a uno sguardo attento si rivela essere, in maniera ragionevolmente inaspettata, parte di una pianta viva, vegeta e in attesa. Perché non c’è molto che un vegetale possa fare per difendersi dal destino infausto, per quanto concerne la sua condizione, di trovarsi trasformato nell’espositore di una vasta varietà di coccinelle che in effetti coleotteri non sono. Bensì, rincoti. Una delle 68.000 specie di creature, diffuse nei contesti ecologici più vari, la cui vita corrisponde al compiersi di un gesto e quello solamente: infiggere il proprio apparato boccale di tipo pungente-succhiante attraverso lo strato esterno dello stelo. Per estrarre con estremo pregiudizio quella linfa che costituisce il valido ripieno di quel guscio esterno deliziosamente variopinto. C’è perciò un qualcosa di universalmente giusto, nell’apprendere la provenienza specifica di questo affascinante collage, opera del macrofotografo Nicky Bay attivo in buona parte del Sud Est Asiatico, il quale nel caso specifico si trovava presso il piccolo parco a tema di Sengkang, negli acquitrini circostanti la grande città-stato di Singapore. Nient’altro che una serie di passerelle all’ombra dei grattacieli, con insoliti ornamenti a tema fruttariano, tra cui un enorme melanzana di plastica e tavoli da pic-nic colorati come fossero fette di arancio o di mandarino. E dirimpetto un verde prato, ben tenuto come quello di un campo da golf, circondato dal più tipico canneto. Ove gl’insetti prosperano, indefessi. Siamo d’altra parte ancora ad una latitudine piuttosto bassa, ove il clima della foresta pluviale tropicale insidia l’aria condizionata dei palazzi antropogenici e il mondo naturale tende ad assumere forma e colori particolarmente memorabili, persino nella sua forme dalle dimensioni meno significative.
Ma un rincote della famiglia Fulgoroidea, che in lingua inglese possiede anche il soprannome non-scientifico di planthopper (“saltatore delle piante”) si presenta normalmente con livrea mimetica e una forma in qualche modo valida a sviare lo sguardo dei predatori. Laddove nessun tipo di veleno o sostanza ripugnante lo ricopre, al fine di essere associato a un’esperienza alimentare negativa, come indigestione o spiacevole avvelenamento del malcapitato divoratore. Ecco perché sarà facile immaginare come queste piccole creature, senz’ombra di dubbio appartenenti al genere tozzo e largo degli Hemisphaerius, puntano probabilmente sull’inerente capacità di assomigliare al già citato insetto che possiede, di suo conto, l’utile qualità di avere un pessimo sapore. Coccinella delle fauste e più frequenti circostanze…
Tra cimici diverse: l’evoluzione di draghi, droidi e giganti
Assolutamente certo del suo destino, il guerriero marcia innanzi lungo il fusto del Grande Tronco, in realtà nient’altro che un semplice albero di limoni. La prospettiva, d’altronde, è lo strumento di cui abbiamo bisogno per interpretare la realtà. E nel guardare l’individuo erbivoro dall’elmo cornuto (o forse dovremmo chiamarle antenne?) tutto ciò che questi offre ai nostri occhi è la piastra impenetrabile dell’ampio scudo simmetrico, posto sulla schiena per proteggerlo dal ferro acuminato di combattenti più grandi, pennuti e forti di lui. Barbari volanti che avranno il compito, per farne un singolo boccone, di superare l’arma chimica che fornisce il nome per la sua macro-categoria d’appartenenza: emitteri>emerotteri>Pentatomoidea>Tessaratomidae o come sono soliti chiamarli in lingua inglese, insetti-puzza giganti (giant stink bugs). In qualche forma, potremmo dire di averli già conosciuti. Non c’è infatti grande differenza dal punto di vista del ciclo vitale e stile d’alimentazione tra questi e i Pentatomidae, la più vasta famiglia di quel particolare ramo dell’albero dell’evoluzione cui appartiene, tra gli altri, anche la cimice verde comune in Italia (Nezara viridula) che del resto rassomiglia vagamente nell’aspetto, a parte la varietà sgargiante dei colori, alle sue distanti cugine particolarmente diffuse nei paesi tropicali del Vecchio Mondo. Almeno una volta raggiunta l’età adulta, visto come nell’ottica di una crescita di tipo emimetabolico, ovvero soggetta a metamorfosi parziale attraverso una serie di “fasi”, le nostre impressionanti Tessaratomidae vivano un periodo di diversi mesi coperte dalla forma di uno scudo tanto appariscente che, se fossimo nel mondo di Warhammer o il Signore degli Anelli, dovrebbe avere senz’altro un qualche tipo di potere leggendario. Vedi l’insetto gloriosamente rosso ed arancione mostrato in apertura che sarebbe poi la ninfa (forma sub-adulta) del Pycanum rubens, creatura originaria del Sud-Est Asiatico introdotta successivamente, con effetti particolarmente problematici, nel delicato sistema naturale d’Australia. Per la sua capacità notevolmente affinata d’infiggere la lunga proboscide attraverso la corteccia di piante degli ordini Rosales e Sapindales, tra cui agrumi, mango, anacardio, incenso ed acero, con conseguente danneggiamento significativo dei relativi raccolti provenienti dalle coltivazioni di chiara appartenenza umana. Immaginate, a tal proposito, un insetto che prolifera come le cimici nostrane, ma dalla grandezza individuale di fino a tre centimetri e mezzo, la cui crescita esponenziale dal momento della fuoriuscita dall’uovo richiede l’assunzione di commisurate quantità di linfa, con conseguente deperimento delle piante oggetto del suo gastronomico interesse. Con il problema addizionale dell’inefficacia dei pesticidi, data la capacità di bucare la pianta o il frutto assumendo il nutrimento dal suo salubre interno, dove i veleni non riescono a penetrare. Il che non toglie, di contro, alcun merito estetico al sorprendente fascino di questi insetti, così facilmente in grado di dominare la collezione di un entomologo, grazie alla forma geometrica e la fantastica varietà di livree. Poiché così in guerra, come nell’ecosistema, anche l’occhio vuole la sua parte…