Recipienti e pappagalli, convivenza complicata

Pappagallino Bicchiere

Il pappagallo, soprattutto se domestico, conosce il segreto dell’interazione con gli oggetti, la seduzione che conduce all’apertura delle cose. L’ha acquisito dalla vicinanza con il bipede senziente e gran dominatore della Terra. Che talvolta tenta di sfidarlo e metterlo alla prova. Per un reciproco divertimento? Del resto, il loro becco curvo pare fatto apposta! Questo piccolo ambasciatore del Pacifico (Forpus coelestis) è stato posto al cospetto di un terribile nemico, ovvero il bicchierino di plastica bucato. Tali uccellini, provenienti dal Perù e dall’Ecuador, sono conosciuti per la loro giocosa belligeranza, la rumorosità e la tendenza all’essere territoriali. Non è dunque poi così difficile, capire cosa stesse pensando l’animale: che l’oggetto fosse il suo nemico, più grande e strano di lui, dunque potenzialmente pericoloso. Come una sorta di pallido Dalek (exterminate!) La sua battaglia, in tale chiave di lettura, non è troppo strana all’apparenza. Benché sia giusto fare un pregno paragone.
Il più grande regalo degli uccelli all’universo è l’uovo. Perché in esso convivono i principi contrapposti della nascita e della conservazione. Il reiterato mutamento cellulare, delle cose semplici che si trasformano in miracoli piumati, una generazione dopo l’altra e per solcare i cieli del futuro. Eternamente desiderato dai serpenti, dai mustelidi, dai ratti e dai primati nonché ammirato dagli umani per il modo in cui contiene e nasconde il suo prezioso contenuto, esso l’Alfa e l’Omega del mondo naturale. E anche di quello artificiale. Perché cos’è un bicchiere ricolmo di un qualche tipo di bevanda gassata, se non la ragionevole approssimazione di un volatile in potenza, con il guscio solido, la calaza ed il blastodisco? E l’eventuale cubetto di ghiaccio, posto nel suo interno, certamente da l’idea di un tuorlo, in qualche modo mineralizzato. L’uovo è come il contenitore. Ciò è vero ad ogni piolo della scala delle proporzioni. Un barattolo ricolmo di marmellata, all’occhio veramente attento, è quasi la capsula vitale dell’albero da frutto, però vista all’incontrario. Da esso non scaturirà un virgulto, ciò è ormai perduto, ma del gustoso e saporito nutrimento, per chi sviterà il sublime, invalicabile tappo avvitato. Ugualmente a quanto avveniva per il suo antesignano dei volatili, uscito da un qualunque nido, ma portando in primo piano la funzione secondaria. A discapito dell’obiettivo riproduttivo, sovvertendo la natura e il deisderio. Per l’effetto della procedura che consiste nel frullare, poi tritare, dunque zuccherare. Dove passa il gesto del cuoco, non esiste resuscitazione. Solamente il piatto e la forchetta, questo, per l’appunto… Avviene anche per l’uovo. L’arrendevole gallina ben conosce questa verità. Creatura ingenua solo all’apparenza, perchè accettando tale infausta fine della sua creazione, ella si assicura un prospero futuro. Di becchime, sicurezza immobiliare, qualche piccola soddisfazione quotidiana. Non tutti i pennuti sono simili a lei, pacifica e stanziale. C’è chi ha voglia di combattere guidato dall’impulso delle sue passioni, vedi ad esempio…

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Quanto costa un gioco nato da 14 anni di lavoro?

Tobiasgame

Assolutamente… Potrebbe definirsi il fondamento stesso dell’immaginifico di stampo tolkeniano: “Un antico male si risveglia” sta alla fantasy moderna, come il “C’era una volta” aveva corrisposto ai classici dei celebri fratelli Grimm. Entrambe le alternative letterarie, ciascuna a suo modo, hanno da sempre costruito un piano prospettico temporale prolungato, pensato per donare rilevanza all’avventura. Ma mentre l’antefatto della fiaba si accontentava di allontanare dal quotidiano il punto di partenza, colpendo soprattutto un pubblico compiacente di bambini, l’altra cupa controparte… È decisamente carica di sottintesi. Nonché terribili preoccupazioni, perché verrà da chiedersi, ad alcuni: “Un antico male? E chi lo rimetterà a dormire? Di sicuro, non io”. Direi che fosse proprio questo il nesso dell’impresa, alla fine. Stabilire le regole di un grande gioco. Vade retroMammòna: questa fronte suda senza guadagnare. Nulla!
Da queste nubi temporalesche prese forma Tobias and the Dark Sceptres (notare la grafia britannica, laddove in America si sarebbe scritto Dark Scepters) l’opera maestra di Adam Butcher, una poliedrica avventura pixelgrafica tra terre di tormento e mostri torreggianti, da viversi nei panni di un curioso personaggio in giubba verde, liberamente tratto dalle pagine sugli hobbit de Il Signore degli Anelli. Un videogioco concepito nel 2000, disegnato, poi messo a punto e programmato dalla mente di lui, solitario e sola-mente; con qualche interruzione. Ciò è soltanto naturale. Del resto, nel frattempo, l’autore si era reso celebre come fabbricante di ottimi cortometraggi per il pubblico del web, dall’alta circolazione sui lidi dilaganti di YouTube. Centinaia di migliaia di click all’attivo. Per lui che a un certo punto sarà giunto a pensare: perché non unire le due cose! Trovare finalmente il tempo… Dopo tanti anni, di apporre la parola Fine sulla grande Opera, di un se stesso delle scuole medie, per poi trarne un pantagruelico racconto. Da narrare tramite l’apporto di tecnologia del nuovo secolo & la cultura info-memetica dei nostri giorni. Il gioco è bello. Il video, un’avventura ancor più grande: un post-mortem animato pieno di rimpianti, che tuttavia risuona del magnifico vagìto, lungamente atteso. Ecce gamus: per chi lo volesse, e non vedo proprio come resistere a una tale fantasia, il munifico prodotto è disponibile sul sito ufficiale, per il prezzo di cui parlavamo sopra. Nessuno. Ma con un guadagno, per chi l’ha creato, veramente significativo. Immaginatevi per un momento, questa sensazione di poter sfruttare un popolo senza confini, l’intero insieme di chi naviga per sport, al fine di realizzare i propri sogni di ragazzo. Diventare, finalmente, famosi; per ciò che si amava fare allora. Oltre che per quello che si è fatto dopo. Se non è questo un miracolo della tecnologia…Ma vediamola un po’ più nel dettaglio, questa gemma dell’interattivo-fatto-in-casa.

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Il volo del pilota addormentato

Trackmania PF

Le automobili di Trackmania sono prive di sostanza, come fossero fantasmi del concetto stesso di velocità. Non hanno leva del cambio, né volante, né cinture di sicurezza sui sedili. Il cofano è dipinto, il portabagagli non si apre. Sono definite, in fin dei conti, unicamente dal continuo movimento. E poiché i piloti non risiedono all’interno del veicolo, rischiando il proprio collo su ogni curva, hanno l’abitudine di scatenarsi presso pascoli spietati. Le piste virtuali più indimenticabili del mondo. Perché a farle sono loro, i giocatori. L’esperienza, in questi casi, è davvero galoppante solo quando guida i suoi partecipanti (piuttosto che il contrario). Guardate qui che roba! Dalla linea di partenza fino all’incredibile traguardo, 6 minuti di avventure, salti, voli e giri della morte. Con un singolo segreto, tuttavia: solo un tasto. Da premere con il dito medio, “W”. Tutto il resto va da se. E vivavivavivaviva-viva, tutto d’un fiato, si ode il canto del motore digitale, sulla pista tridimensionale e così via…Chi si ferma!
Originalità, virtù. La celebre serie di giochi di guida acrobatici della software house Nadeo presenta almeno due quantum di profonda distinzione. Il primo è quel suo essere pensato fin da subito per l’interazione tra perfetti sconosciuti, chiamati a correre sui server sparsi in giro per il mondo. Chiunque abbia provato a cimentarsi online con un simulatore semi-serio, vedi Gran Turismo, ben conosce la problematica di certi avversari scorretti o guidatori incapaci, che con due sportellate strategiche ti rovinano la gara. E poiché non c’è onore tra i ladri delle prime posizioni, il gioco da quel punto si trasforma in un terribile autoscontro, con rincorsa vendicativa e conseguente distruzione del fair play. Non qui, non ora. Come potrebbe mai succedere, con delle auto tanto trasparenti, intangibili e totalmente incapaci di scambiarsi la vernice… Un’idea davvero pratica e conveniente, soprattutto, perché semplifica notevolmente la programmazione della fisica di gioco. Questi francesi!
Il secondo merito, quello maggiormente celebrato dalle recensioni, resta sempre l’editor di piste. Cinque anni prima di Little Big Planet, lo zuccheroso pupazzetto senza-contesto della Sony, dalla Francia già ci avevano affidato gli strumenti per Creare. Le possibilità, fin da quel remoto 2003, furono letteralmente infinite. Liberi da considerazioni ingegneristiche come la consolidazione strutturale, poggiavamo le alte palafitte in fondo ai canyon dell’imprescindibile immaginazione. I nostri voli pindarici, stilisticamente simili alle avventure automobilistiche di Hard Drivin’ (1989) Stunts (1990) ci portavano a miglia di distanza dalle rigide imposizioni dell’asfalto troppo vero, noioso, a volte, quanto il traffico dell’ora di punta. Le migliori sottoculture nascono con un preciso manifesto, lo scopo dichiarato della loro sussistenza. Poi cambiano, perché decadono dall’epoca dell’oro. Ciò che viene dopo è sempre godibile, proprio perché imprevedibile.

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Wolverine e Batman fatti in casa

Wolverine Colin Furze

Tre tagli orizzontali, con un sibilo sinistro. Ah, l’oscuro fato dei cocomeri, gli ovali deliziosi, sempre fatti a pezzi nei programmi dedicati al libero commercio! Ad esempio, quando i protagonisti astuti dell’eterno Affari di Famiglia, gli sparvieri di Las Vegas, maneggiano un’arma di metallo procurata da uno scambio vantaggioso, tutte le volte devono provarla. Non si sfugge alla carneficina. Poco importa che quel filo abbia 400 anni, sia un pezzo unico che vale 10.000 pezzi di pecunia. Oculatezza nel gestire il proprio businness? Viene dopo lo show-businness. Violenza chiama virulenza. Però non è chiara la ragione, per cui stanchi di polistiroli e fogli di cartone, tutti debbano finire a torturare il citrullone a strisce verdi, la splendida primizia dell’estate. L’anguria, che dovrebbero chiamare: calamita per alabarde. Filettata a katanate, compuntata di stiletti medievali o coltellacci dei marines, cubettata a colpi di machete. Triturata con la sega elettrica, oppure sforacchiata grazie alla lupara. Ahimé! Quasi nessuno, si direbbe, mangia frutti in quel del Nord America. Li uccidono soltanto, per purissimo divertimento. Con buona pace dei vegani. Attitudine che a quanto pare, in questo periodo, sarebbe giunta all’altro lato dell’Atlantico. Ecco qui la prova: Colin Furze, supereroe britannico di YouTube, mentre sperimenta la sua ultima creazione. Sarebbe uno zaino pieno d’aria compressa, con due tubi che raggiungono le mani. Sulle quali, mirabilmente, l’inventore indossa una struttura in rigido metallo. Che non è adamantio ma potrebbe, visto l’uso che riesce a farne. Caspita! Con la pressione di un pulsante a valvola, SSWIIIISSSSHH! (Onomatopea fumettistica) scaturiscono i duplici e feroci artigli. Sei punte che trafiggono i malvagi. Le avrete già riconosciute: Wolverine è sicuramente diventato, grazie al cinema e per largo margine, il più amato e conosciuto degli X-Men.
Status di grazia che meriterebbe anche questo suo emulo, tra i molti produttori di follie meccaniche sul web. Furze, con il suo entusiasmo contagioso, ha messo insieme negli ultimi anni ogni sorta di accozzaglia diavolesca. Nel marzo del 2010 è stato arrestato per il possesso di un motorino-lanciafiamme. A ottobre dello stesso anno ha potenziato uno scooter per disabili, irrompendo con i suoi 112 Km/h dritto nel Guinness World Record. Nella primavera del 2013 ha battuto un altro primato mondiale: quello di velocità su tazza del WC, grazie a un motore da 140cc, con quattro marce e tubo di scappamento/portarotolo di carta igienica. E adesso, eccolo qui. Gli occhi spiritati, la gestualità teatrale, mentre massacra angurie senza colpa, tranne quella di rassomigliare al cranio umano. Da un grande potere deriva una grande macedonia. Spero almeno che abbia un cane o gatto, per pulire slinguazzando il pavimento.

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