Non è tipico in un appartenente alla classe dei rettili la presenza di una serie di caratteristiche somatiche, una linea della bocca ed un contegno oculare, tale da sembrare il possessore di una vera e propria espressione. Curiosa, concentrata, non del tutto priva di una certa intensità inerente. Al punto che scrutando dal basso in alto uno di questi membri dell’antica società dinosauresca, parrebbe quasi impossibile trovarsi a immaginare in esso un senso lato di empatia o persino il timido barlume di un’emozione. Eppure ciò potrebbe essersi verificato, già ben prima della loro classificazione scientifica avvenuta solamente nel XIX secolo, per questi membri del bioma situato sul confine più remoto della pianeta emerso. Frammentato e discontinuo, a suo modo, data la corrispondenza coi ritagli d’arcipelago facenti parte del famigerato nascondiglio, a dire di uno dei suoi primi esploratori, del leggendario oro dell’antico Re Salomone. Ipotesi remota nel 1568, così come il tentativo quasi tre secoli dopo da parte del naturalista John Edward Gray di proporre come nome per l’animale largamente noto ai nativi, in quanto presenza silenziosa o piatto beneamato dell’ora di cena, il binomio latino Corucia zebrata, o “brillante” analogo con strisce in alternanza del più rappresentativo equino africano. Associazione non così palese per tali lucertole, anche per la poca visibilità di suddetta livrea, a cui gli anglofoni si sarebbero trovati a preferire la definizione di scinco dalla coda di scimmia, data la natura prensile e notevolmente muscolosa del quinto arto posseduto dalla strana creatura. Rappresentante di maggiori dimensioni esistente, per l’appunto, della vasta a diversificata famiglia degli Scincidae, lucertole con zampe corte e scaglie sovrapposte simili ad un’armatura medievale. Notevole coi suoi 81 cm di lunghezza inclusa la coda, paragonabili ad una piccola iguana, con cui condivide lo stile di vita erbivoro ed alcune delle abitudini quotidiane. Fatta eccezione per quella, straordinariamente atipica, di formare gruppi di famiglie estese scientificamente identificate come cerchie o circuli formati da membri di ambo i sessi che convivono condividendo il territorio, ma soprattutto proteggendosi a vicenda e salvaguardando i piccoli dall’eventuale minaccia dei predatori. E guai anche ai membri della loro stessa specie, appartenenti ad unità diverse, che dovessero trovarsi sconfinare nel reame di uno di questi affiatati clan. Dimostrando un’indole feroce che in linea di principio, non saresti incline ad aspettarti da presenze tanto placide e predisposte come ogni lucertola alla conservazione residuale delle energie…
Formalmente non protette da normative specifiche, benché l’ente dello IUCN le consideri “quasi minacciate” (classificazione NT) queste lucertole vengono in effetti spesso catturate ed esportate in modo più o meno legale in molteplici paesi del mondo. Entrando sotto la tutela dell’erpetofilo di turno, che potrebbe averlo acquistato in qualità di passo ulteriore dal tipico scinco dalla lingua blu (gen. Tiliqua) soltanto per scoprirsi bersaglio elettivo di almeno un doloroso morso o due da parte del salomonico arrampicatore. Questo perché il monotipico Corucia, proveniente dai suoi reami elevati e distanti, mantiene anche in cattività un’indole riservata che lo rende poco tollerante nei confronti di chi tenti di maneggiarlo. Soprattutto se tenuto assieme ai propri simili oppure, addirittura, fatto riprodurre nel ridotto spazio del suo nuovo terrario di appartenenza. Eventualità possibilmente non del tutto prevedibile, data l’assoluta somiglianza dei due sessi, fatta eccezione per un’aneddotica e mai confermata scientificamente dimensione maggiore della testa maschile, scrigno contenente assieme agli altri organi sensoriali la captatoria struttura di Jacobson, agglomerato di cellule prossime al palato capaci d’individuare fonti feromoniche o possibili riserve nascoste di cibo. Tra cui foglie, frutta, semi di vario tipo, inclusi quelli provenienti dalla pianta lievemente tossica del pothos (Epipremnum aureum) anche detta edera delle Solomon, che l’animale riesce a digerire grazie al possesso di una flora intestinale specializzata. Tesoro biologico rigorosamente trasferito alle successive generazioni, dai genitori ai propri piccoli, mediante l’abitudine del tutto inevitabile alla coprofagia. Tanto che risulterà del tutto inevitabile trovarsi ad ammirare nostro malgrado, anche per gli esemplari in cattività, un’inclinazione istintiva alla fagocitazione delle proprie stesse ed altrui feci.
Il che non toglie alcun piacere all’allevamento sistematico di questi esseri all’interno degli zoo, altre istituzioni simili o persino le residenze private, data la facilità con cui tendono a passare all’accoppiamento e conseguente fecondazione più volte nel corso della loro vita di 15-25 anni. Il che non toglie un ciclo riproduttivo viviparo ed un periodo di gestazione relativamente lungo, con 3-6 anni dalla nascita fino alla maturità sessuale, 6-8 mesi fino al parto di un singolo piccolo (molto raramente, una coppia) misurante il 30-40% del peso materno. Tanto che volendo citare un’osservazione popolare nell’ambito degli studi accademici di questi animali, sarebbe come se: “Una donna umana mettesse al mondo un bambino di 4-5 anni”. Il che non supera d’altronde in rarità il semplice fatto che l’animale manchi di affidarsi alla tecnica di deposizione delle uova, altra caratteristica piuttosto rara nel grande mondo delle lucertole, così come le dimensioni, il comportamento, l’arboricolia esclusiva. Tratteggiando nel complesso la questione di uno scinco fortemente diverso dai suoi più vicini parenti, possibilmente diversificatosi da essi già dal tempo della prima separazione delle isole Solomon dal continente australe, risalente all’Era geologica dell’Oligocene (33,9 mya). Il che farebbe di esso, nel caso di un’ipotetica confermazione scientifica mediante il ritrovamento di nuove prove, un raro fossile vivente del suo ambiente endemico di appartenenza.
Unico nel territorio di riferimento, lo scinco coda di scimmia possiede tuttavia una coppia di varianti, inclusa quella “classica” e una sottospecie settentrionale, scoperta nella seconda metà del Novecento dal Dr. Gunther Köhler, denominata C. z. alfredschmidti. I cui tratti distintivi includono una dimensione relativamente minore, scaglie più grandi e sovrapposte, occhi dalla sclera nera piuttosto che bianca. Esiste d’altra parte una teoria secondo cui le distinte popolazioni delle isole disseminate nell’oceano Pacifico, sebbene superficialmente identiche risultino biologicamente compatibili soltanto in parte. Finendo per generare, in caso di accoppiamento, degli esemplari infertili in larga parte responsabili del progressivo calo di popolazione nonostante i reiterati tentativi di assistere la prosperità della specie. Ulteriormente minacciata nel proprio ambiente non soltanto dalla cattura con finalità di esportazione, ma soprattutto per lo sfruttamento poco sostenibile delle riserve di legname delle isole, andando a ledere al principale habitat di appartenenza del malcapitato Corucia.
Giacché neanche il carisma, a meno di circostanze particolari, risulta ormai bastante per animali fantastici a conservare il proprio sacrosanto diritto a esistere. Lasciando le generazioni a interrogarsi, un domani, su dove potranno mai riuscire a trovarli.