Tilberi, un verme demoniaco ritornato dalla tomba per suggere il prezioso latte bovino

Con passo timido influenzato dal disagio, la pastora Guðrún si avvicino alla forma bianca e ricurva conficcata nella terra ai margini del pascolo ereditato dalla sua famiglia. Pur non potendo scendere immediatamente a patti con l’idea, gli riuscì fin troppo semplice compiere una serie di associazioni: se l’oggetto era quello che sembrava, qualcuno nel villaggio aveva praticato la magia nera. E se ciò si era realmente verificato, diventava facile spiegare la diffusa infiammazione alle mammelle, che aveva colpito nel corso delle ultime settimane una mezza dozzina delle sue belanti protette la cui unica armatura era la lana. Del tutto inermi ed indifese, di fronte alla malignità delle persone! “Oh, infamia! Che disgrazia figlia della cupidigia degli umani!” Si soprese a mormorare quietamente nella generica direzione di Geysir, il suo fedele fjárhundur dal muso a punta e la coda rigirata in avanti. Cane che in quel preciso attimo, aveva cominciato ad abbaiare. Poiché l’oggetto fuori dal contesto era senz’altro e nessun dubbio degno di essere discusso, una vera e propria COSTOLA UMANA. Sottratta silenziosamente nella notte del cimitero. Per l’empio rituale di una velkunnug, il tipo di megera dedita alla pratica delle arti proibite. Con un sospiro, Guðrún diede l’ordine di cominciare a radunare il gregge. Quello stesso pomeriggio, avrebbe avuto un accorata esortazione da rivolgere al parroco della chiesa di San Brendano…
Poiché tutto ciò che ha visto sopraggiungere un epilogo, deve necessariamente aver potuto trarre beneficio dal suo principio. Un’epoca e un frangente spesso collocato al sopraggiungere di un lungo periodo di magra, come tendono a riconfermarsi un anno dopo l’altro i lunghi inverni della più remota di tutte le isole note nella prima parte del millennio europeo. La vera terra del Ghiaccio e del Fuoco, come viene soprannominata per l’atipica abbondanza di vulcani e sorgenti termali, risorse per l’agricoltura così come i vasti prati, scevri di forme di vita vegetali più alte di una persona, riuscirono a diventarlo per l’allevamento di bovini, ovini e capre. Ma non equamente distribuite tra le face di popolazione. Il che avrebbe costituito, in ultima analisi, il nocciolo stesso dell’intera questione.
Quella del Tilberi o dello Snakkur, come viene definito a seconda dell’estremità isolana dove si scelga di compiere le proprie ricerche di approfondimento, è il tipo di leggenda che corrobora l’innata paranoia delle persone, utilizzando indizi accidentali per raggiungere un’accusa nei confronti di specifici rappresentanti del sesso femminile. Attestata per la prima volta nel XVII secolo, sebbene con riferimenti pregressi a fino 200 anni prima di quel particolare periodo della storia umana. Grazie alla raccolta folkloristica di fiabe tramandate oralmente, nello stile di filologi come Jón Árnason (1862–64) o in tempi più recenti, Paul Gerhard o Jacqueline Simpson. Tutti egualmente concordi nel riportare l’inquietante, scandalosa origine di questa surreale creatura…

Analogamente allo zombie nella tradizione caraibica o il golem dei racconti della cabala, il Tilberi è dunque una fabbricazione intenzionale del praticante delle arti magiche, portata nel mondo al fine di assolvere a mansioni dall’elevato grado di specificità. Non sconfiggere o uccidere un nemico, in questo caso, bensì in modo molto più prosaico garantirgli una fonte di sostentamento, a discapito dei legittimi diritti alla proprietà dei suoi sfortunati vicini. Una narrazione alquanto singolare nel suo contesto di riferimento, in effetti, giacché lo stregone islandese, in base alle cronache locali d’epoca pre-moderna, tendeva in genere ad essere di sesso maschile, laddove questa orribile presenza poteva provenire solamente dall’invidia di una donna, spregiudicatamente rassegnata ad aver abbandonato il suo diritto alle porte del Paradiso.
Basi considerare, in tal senso, la serie di gesti necessari ad evocare in tale guisa lo Hug, o potere mentale del segreto spirito umano. Mediante la sinistra sottrazione, in una notte senza luna, della costola di un morto dalle tombe del cimitero, attorno a cui la praticante avrà premura di avvolgere uno spesso strato di lana. Provvedendo quindi a nascondersi il malloppo risultante in mezzo ai seni, dove rimarrà al sicuro per alcune domeniche successive nel corso della santa messa. Ma ogni volta che la malfattrice riceverà il vino della comunione, avendo cura di non essere individuata, ella sputerà il contenuto della propria bocca sull’oggetto ivi serbato. Finché alla terza o quarta volta, esso prenderà improvvisamente vita. Così animato da una forza misteriosa, il Tilberi striscerà in mezzo alle cosce della strega, per succhiare il sangue necessario a farsi forza da un punto esatto della gamba, lasciando nel contempo un marchio simile ad un verruca che soltanto un sacerdote esperto potrà riconoscere alla prima occhiata. Per poi procedere. strisciando e rotolando al tempo stesso, fino al pascolo bersaglio, dove salirà agilmente sopra il dorso dell’animale selezionato. Dotato di due orribili volti umanoidi alle rispettive estremità, la creatura serpentina provvederà dunque ad allungarsi, succhiando il prezioso e bianco nettare da due mammelle alla volta. Per poi tornare presso l’uscio di casa, declamando con voce stridula: “Sbrigati ad aprire il coperchio, mamma!” Del secchio usato per fare il burro, s’intende. Dove con in un solo fluido rigurgito, il mostro depositerà il maltolto a beneficio della sua padrona.
Molte sono le famiglie rovinate dalle ingiuste voci di aver posseduto o usato i servigi di una così orrenda creatura. E molte le possibili contromisure, utilizzate a guisa di scongiuri da chi, come Guðrún, si è ritrovato a dover gestire in modo tanto problematico l’invidia di una vicina. Ivi inclusa la recitazione dei salmi durante la mungitura, culminante con il tracciamento mediante l’uso di pigmenti o vernici di una croce in prossimità delle mammelle dell’animale, così da scoraggiare il ritorno del mostruoso visitatore. Ma forse l’approccio migliore rimaneva sempre quello di affrontare direttamente le sospettate, che non potendo fare altro a questo punto avrebbero cercato di liberarsi del Tilberi. Con l’unico modo possibile, ovvero inviandolo a raccogliere lo sterco di agnello sopra tre montagne, oppure radunarne una certa quantità in tre cumuli. Il che, data l’avversione del demonio per il numero della santissima Trinità, avrebbe esaurito il verme, ritrasformandolo nell’innocua costola da cui era originariamente provenuto.

Molte delle storie collegate alla stregoneria Islandese, introdotta sull’isola nell’era pre-Moderna come parte del curriculum religioso di matrice cristiana, hanno fatto il proprio ingresso nel corso delle ultime decadi nel senso comune, anche grazie al lavoro di un sito come il museo di stregoneria di Hólmavík, struttura moderna in legno con abbinato un cottage realizzato in base a metodologie medievali. All’interno del quale campeggiano, tra scheletri resuscitati, manufatti terrificanti come i celebri “necropantaloni” nábrók or nábuxur (la pelle scuoiata e straordinariamente integra di un paio di gambe umane) ed un’intero repertorio d’inquietanti Tilberi/Snakkur.
Non che il mito della creatura rianimata con lo scopo di rubare il latte sia del tutto inaudita nel resto della Scandinavia. Vista l’esistenza, soprattutto in Norvegia, del mito del gatto o lepre troll, un piccolo quadrupede creato grazie all’uso della lana (talvolta una semplice palla realizzata con questo materiale) in grado di compiere le stesse scorribande della serpe bicefala islandese. Sebbene con un ulteriore contrattempo, ovvero la necessità di portare una parte del latte sottratto fino all’isola leggendaria di Blockula, luogo di residenza del Diavolo sulla Terra. Compiendo un lungo tragitto durante cui le gocce accidentalmente cadute del nettare, ormai maledetto, avrebbero fornito la genesi a fioriture del fungo giallo Tremella mesenterica, vista comune nei dintorni della case delle streghe… Un’altra scusa per poter denunciare le presunte malefatte messe in atto dalla moglie o figlia del dirimpettaio. Poiché le malelingue non conoscono riposo. Esattamente come i demoni del profondo, nutriti dalle fiamme della propria stessa inquietudine infernale.

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