Un drone atipico che si trasforma in elicottero potendo fare a meno della fusoliera

Osservando un memorandum corrente del programma militare della DARPA cominciato il maggio scorso, nome in codice ANCILLARY, si sviluppa presto l’impressione di trovarsi nel capitolo sull’aviazione di un romanzo di fantascienza. Sei velivoli di un gruppo di finalisti, da scremare ulteriormente mediante una serie di test destinati a durare fino al 2026, prodotti da compagnie del volo non tutte o necessariamente o tradizionalmente parte dei fornitori delle forze armate statunitensi. Realtà come la Griffon Aerospace, la Karem Aircraft, la Vanilla Unmanned, in grado di raggiungere attraverso decadi l’odierna specializzazione in uno dei seguenti due campi: il volo autonomo ed il VTOL (decollo ed atterraggio verticale). Entrambi crismi operativi giudicati necessari per l’AdvaNced airCraft Infrastructure-Less Launch And RecoverY, acronimo pantagruelico determinato dalle attuali necessità di un campo di battaglia in continua trasformazione. Dove la presenza di un pilota a bordo si sta trasformando sempre più in zavorra, mentre la disponibilità di campi di volo o navi portaerei non può essere garantita nella totalità dei teatri d’ingaggio futuro. Che gli aerei in questione, tutti elettrici, siano stati ispirati o meno dalla situazione prolungata del conflitto ucraino, appare in questa fase meno evidente delle loro caratteristiche marcatamente biomimetiche: alcuni sembrano insetti, altri uccelli con arcuate ali da gabbiano.
E poi c’è l’idea di Sikorsky. Da lungo tempo iconica azienda nata per iniziativa del pioniere del volo Igor S nel 1923, tra i primi a concepire l’idea di un elicottero a singolo rotore. Che con il suo mezzo dal nome assai generico di Blown Wing UAS (Unmanned Aircraft System, in questo contesto un sinonimo del termine “drone”) sembrerebbe aver del tutto rivoluzionato la maniera per riuscire a concepire questa intera categorie di apparecchiature. Nel momento esatto in cui si osserva decollare nell’ultimo video rilasciato, dal carrello simile ad un assemblaggio di pogo sticks l’oggetto spinto da una coppia di motori non del tutto identificato, senza coda, senza una cabina (chiaramente) ne altra superficie visibile che interrompa quella lunga ala trapezoidale. Finché raggiunta un’elevazione adeguata, come niente fosse si dispone parallelamente al suolo, per procedere in maniera orizzontale accelerando in modo significativo la sua operante metodologia di propulsione. È come la manovra compiuta dal flusso vettoriale di un Harrier Jet o moderno F-35, ma effettuata da un prototipo del peso di soli 52 Kg e mediante il ri-direzionamento dell’intero velivolo, piuttosto che il mero alloggiamento degli ugelli di spinta. Le opzioni a disposizione per l’impiego di una tale piattaforma per di più scalabile, tendono ad apparire virtualmente infinite…

La missione fondamentale del progetto ANCILLARY d’altronde, per come è stata fino ad ora delineata, resta quella di poter disporre di un mezzo adatto alla ricognizione su lunghe distanze, capace di operare da basi mobili o segrete senza per questo sacrificare efficienza e distanza percorribile in volo. Una comunione di fattori capace di rendere l’approccio “trasformabile” della Sikorsky tra i naturali favoriti dell’ensemble di creature tecnologiche creato dall’illimitata fantasia umana. Definito come ampiamente scalabile fino al punto di poter portare in futuro un carico di sensori di fino a 30 Kg per una distanza di 185 Km o un tempo totale di 20 ore, lo UAS parrebbe una soluzione non soltanto esteriormente accattivante al problema. Potendo fare affidamento, per la propria duplice modalità d’impiego, sul sistema di Blown Wing (ala aeroalimentata) derivante dalla particolare collocazione delle due eliche connesse agli altrettanti motori. Sufficientemente grandi, ed in posizione centrale, da poter generare il tipo di vortici che senza compromettere in modo eccessivo stabilità o il coefficiente di resistenza aerodinamica, incrementano il flusso sopra e sotto le superfici del profilo alare, così da aumentare la manovrabilità a velocità estremamente ridotte, facilitando ad esempio il decollo di un USAF C-17 a pieno carico, o la transizione da acqua ad aria di un moderno idrovolante. Laddove nell’ultima idea della Sikorsky, dal 2015 parte del gruppo Lockheed Martin, viene essenzialmente condotto il passo ulteriore permettendo di ruotare in posizione perpendicolare l’intero aeromobile, nell’assenza di quei tipici e stringenti limiti di contesto che derivano dalla presenza di un pilota a bordo. Finalità raggiunta, dal punto di vista pratico, da un sostanziale potenziamento e modifica della logica del software di bordo MATRIX sviluppato dalla compagnia, per il quale sono stati aggiunte nello UAS nuove “leggi” ovvero sub-routine di programmazione realizzate ad-hoc. Forse il traguardo maggiormente significativo della divisione di prototipazione rapida Sikorsky Innovations, dimostratasi capace di raggiungere questo stadio avanzato del processo dimostrativo dai semplici disegni su carta nel giro di appena una decina di mesi, in base alle stringenti aspettative del committente. E ciò nonostante il tentativo iniziale di muoversi lungo un binario divergente, che avrebbe visto il velivolo fornito di tre eliche intubate a ypsilon, poi sostituito dalla configurazione attuale ad ala volante.

Il video pubblicato la settimana scorsa, con riprese dal vivo del prototipo effettivamente volante, compie dunque il passo concettuale ulteriore, in cui lo UAS viene mostrato in un rendering con l’aggiunta di otto hardpoints sulle ali ed uno centrale, ottimizzati presumibilmente per il montaggio di sensori e telecamere di varia natura. Benché non sia certo difficile immaginare, in una versione esponenzialmente più grande, anche la presenza di armi funzionali a bordo.
L’idea di un drone parzialmente autonomo usato per la ricognizione, compito meccanico e ripetitivo, possiede senz’altro un suo fascino dinnanzi alla divisione dei compiti di uno squadrone di scenari contemporanei, e benché l’utilizzo di propulsione elettrica limiti grandemente la portata di apparecchi come quelli facenti parte del programma ANCILLARY, non sussistono dubbi che un teatro di battaglia odierno presenti più di un contesto in cui metterne a frutto le prerogative inerenti. Sempre che il periodico quanto inevitabile cambio di priorità determinato dall’arrivo di una nuova amministrazione presidenziale non porti, repentinamente, le priorità del Pentagono in un territorio diverso. Ancorché l’impiego di un sistema volante come questo, anche in ambito civile, non sembri certo privo di residue modalità d’impiego latenti. Non tutte le consegne delle merci dell’odierna logistica in fase d’accelerazione avvengono, del resto, a poca distanza dalla pratica pista di un aeroporto.

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