Il ponte a forma di diamante sulla confluenza dei maggiori fiumi dell’Amazzonia

Costruita con gli enormi introiti del mercato della gomma sul finire dell’Ottocento, la città brasiliana di Manaus con popolazione odierna al di sopra dei due milioni aveva sempre posseduto un carattere, ed una collocazione unici al mondo. Circondata da ogni lato dalla fitta giungla equatoriale, che i coloni portoghesi attraversarono nel diciassettesimo secolo per costruire l’importante centro strategico del forte di São José, sarebbe diventata in seguito famosa come Cidade da Barra do Rio Negro, ovvero la metropoli posizionata sul margine del principale affluente, situato nell’entroterra del paese, che nutriva ed alimentava il Rio delle Amazzoni chiamato a questa altezza fiume di Solimoe, di una lunghezza comparabile al grande Nilo del continente africano. Ma che a differenza di quest’ultimo, non viene ancora attraversato da alcuna infrastruttura umana, sebbene in questo particolare luogo riesca ad andarci piuttosto vicino. Grazie al ponte situato poco fuori dai confini cittadini, completato nel 2011 per congiungere questo importante centro amministrativo ed industriale al comune a sud di Iranduba, di “soli” 49.000 abitanti ma tra i principali produttori di frutta e verdura dello stato di Amazonas. Essenzialmente incuneato, così come in misura minore, la stessa Manaus, nel punto del paesaggio che prende il nome caratteristico di Encontro das Águas, una singolare confluenza tra i due rios che vede le acque scure dell’eponimo flusso povero di sedimenti congiungersi, senza mai del tutto mescolarsi, a quelle di tonalità marrone del più rapido e capiente corso d’acqua sudamericano. Al cospetto della grande opera che è giunta a sostituire, a partire dagli anni 2010, il vecchio simbolo cittadino del teatro dell’opera come soggetto preferito delle cartoline locali. E d’altronde chi si sarebbe mai aspettato di trovare, in un luogo tanto remoto, un ponte della lunghezza 3.595 metri, tra i maggiori di questa intera regione geografica e, guarda caso, del tutto comparabile all’altro esempio lungamente ipotizzato nello Stretto di Messina… Perché in fin dei conti, nulla meno di questo sarebbe bastato a congiungere le sponde del corso d’acqua da cui prende il nome, in maniera sufficiente fino al 2017, quando un atto del parlamento l’ha ribattezzato da Ponte Rio Negro a Jornalista Phelippe Daou, in onore dell’importante magnate delle telecomunicazioni e promotore di numerose opere utili che fu tra le altre cose il fondatore di Rede Amazônica. Un indubbio ed importante merito, per la struttura che sarebbe costata, al giorno del suo completamento, un miliardo di reais brasiliani, pari a 182 milioni di euro. Cifra in effetti non sproporzionata alla portata, e potenziale utilità dell’opera per la popolazione locale…

Una carreggiata ampia e moderna, costruita in base agli ottimi crismi della sicurezza per la viabilità motorizzata. Molto più di quanto possa dirsi per la maggior parte delle strade che attraversano l’Amazzonia.

Nato da un progetto presentato nel 2003 dal deputato Francisco Souza, il ponte sul Rio Negro ebbe fin dall’inizio una nutrita schiera di detrattori, a causa della sua natura percepita come quella di una cattedrale nel deserto, ovvero soglia che non avrebbe portato essenzialmente da nessuna parte. Ciò per la poca densità di popolazione di quest’area fuori dalla capitale dello stato Manaus, e lo stato tutt’altro che perfetto della rete stradale ai margini della regione rilevante. Ciononostante grazie alle 120.000 firme raccolte e la perizia dimostrata nell’allestire un comitato tecnico in tempi relativamente brevi, la proposta venne in seguito approvata dal governo ed i lavori iniziati nel 2007, con appalto attribuito al consorzio formato dalle società edilizie San Paolo Camargo Corrêa e Construbase Arquitetura & Engenharia Ltda. Con un progetto post-moderno consistente di un lungo viadotto poggiato direttamente sulle acque non eccessivamente profonde del fiume, tranne per il tratto centrale di 400 metri, con una campata sostenuta da un singolo pilone a torre dell’altezza di 190. Una modalità di allestimento coincidente, dunque, a quella del sistema strallato, capace di offrire un effetto estetico particolarmente distintivo e visivamente interessante. Non che ciò fosse esattamente al centro dei pensieri dei suoi committenti, interessati più che altro a sorpassare l’utilizzo dei dispendiosi, e spesso poco sicuri traghetti utilizzati fino a quel momento per raggiungere le rive del centro urbano antistante, mediante una doppia careggiata della larghezza minima di 20,70 metri. La cui costruzione, cionondimeno, avrebbe presentato fin da subito l’esigenza di particolari e distintivi espedienti: in primo luogo l’utilizzo di pozzolana mescolata col calcestruzzo dei suoi punti d’appoggio al di sotto della superficie, per far fronte alla natura corrosiva delle acque del Rio Negro che con una sgradita coincidenza, proprio in quell’anno avrebbero sperimentato una delle più significative piene a memoria d’uomo. Complicando non poco la creazione degli ambienti stagni per la collocazione delle fondamenta (i cosiddetti Cofferdam) e ritardando l’edificazione del punto d’appoggio centrale, una torre verticale dal caratteristico profilo aerodinamico, per contrastare i venti di fino a 180 Km che si verificano a queste latitudini durante la stagione americana dei monsoni. Per un’opera destinata ad essere inaugurata nel 2011, in occasione del 342° anniversario dalla fondazione della città, con un grandioso evento al cospetto del governatore dell’Amazzonia, Omar Aziz. Per il taglio del nastro di quella che potrebbe essere definita, senza ombra di dubbio, una delle maggiori e più costose infrastrutture mai costruite in tutto il Brasile. La cui presenza, allo stato dei fatti attuali, ha largamente dimostrato un sensibile miglioramento delle condizioni dei trasporti per gli abitanti dell’intera regione.

L’aspetto ecologico, inizialmente sollevato dai detrattori del ponte, si è trovato avvalorato a seguito di studi effettuati nel corso dell’ultima decade, che sono valsi a dimostrare effetti negativi sulla fauna e flora dell’Amazzonia dopo il completamento. Il che rientra a pieno titolo, purtroppo, nella narrativa presente e futura di quello che è stato a più riprese definito come il polmone della Terra.

Detto questo a quali esigenze riesce a far fronte, realmente, il ponte del Rio Negro per l’importante campo dei commerci ed i trasporti internazionali? Molto pochi effettivamente, data la sua collocazione in una zona remota e che la maggior parte dei visitatori tendono a raggiungere in aereo, per poter conoscere coi propri occhi quella che è stata più volte definita come la “Parigi del Sudamerica” grazie alle sue numerose opere architettoniche in stile Belle Époque e gli altri monumenti, spesso costruiti in segno di prestigio dai diversi baroni della gomma al punto di passaggio tra i due secoli antecedenti. Eppure non molti potrebbero negare, al primo sguardo verso l’imponente opera, che il ponte costituisca in un certo senso la Torre Eiffel di questo luogo, una creazione in grado di colpire gli occhi e la mente, dimostrando una perizia significativa delle imprese e i progettisti dell’intero Brasile. Dinnanzi a cui colpisce, e di sicuro non in senso positivo, la limitata quantità di trattazioni disponibili sull’argomento. Possibile che nell’intero mondo di Internet qualunque grande opera dei nostri giorni debba essere lasciata ai margini, a meno che si trovi in un paese anglofono o facente parte dell’Europa Occidentale? Laddove sono proprio i territori dalle caratteristiche più distintive o fuori dal comune a generare, tanto spesso, le creazioni dalla portata maggiormente epocale.
O allontanarle, come nel caso di ponti dalla lunghezza quasi identica, ma collocati lungo Stretti dalla profondità e costi inerenti decisamente maggiori. D’altra parte l’Italia, sia vostra prerogativa interpretare le complesse implicazioni di una tale distinzione, NON è il Brasile…

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