È un fatto acclarato che le rappresentazioni del demonio nella storia della pittura risultino essere tutt’altro che rare, con molteplici e altrettanto validi approcci nel donare l’impressione al pubblico di un personaggio al tempo stesso orribile ed affascinante, in grado di ammaliare poco prima di tradire e condannare l’umanità. Come dimenticare, ad esempio, l’immagine di Sant’Agostino che affronta l’orribile Satana rettiliano nell’opera del 1475 del tedesco Michael Pacher, mentre quest’ultimo tenta d’imporgli l’inclusione del suo nome all’interno di un pesante tomo? O ancora la trionfante interpretazione di Raffaello (1518) in cui l’arcangelo Michele infilza Lucifero caduto con la sua lancia, mentre lo tiene a terra puntando il piede tra le scapole esattamente nel mezzo delle perdute ali. Simili creazioni d’altra parte, anche quando create per un contesto ecclesiastico, difficilmente avrebbero trovato il posto principale all’interno di una casa del Signore, vedendogli preferiti soggetti più consoni come episodi della Bibbia o le vite dei santi. Difficile immaginare perciò quale sarebbe stata l’impressione dell’arcivescovo di educazione gesuita van der Burch (1616-1644) principale finanziatore e committente per la versione finale della Chapelle des Jésuites di Cambrai, nel nord della Francia, nel vederla così come compare a partire dalla scorsa settimana: con il soffitto letteralmente dominato da una particolare interpretazione della dea Sumera trasformata in diavolo, Lilith la tentatrice, circondata da una serie di figure non propriamente affini alla visione collettiva del sacro. Una… Guerriera, potenzialmente ispirata alla figura d’Ippolita della mitologia greca. Un druidico individuo con l’elmo cornuto di Cernunnos, egli stesso non meno satanico della presunta antagonista della scena. Un brutale barbaro che impugna un’ascia bipenne, affiancato dalla versione vagamente punk di Giovanna d’Arco. E poi lupi mannari, morti rianimati, gargoyles ed altre entità ragionevolmente affini a un’incubo di autori come Bosch o Brueghel il Vecchio. In un’apparente glorificazione della violenza, che sarebbe ancora oggi vista come fortemente inappropriata all’interno di un simile contesto, non fosse per i lunghi anni trascorsi dall’ultima volta in cui l’edificio in questione è stato utilizzato col suo ruolo presunto, dopo aver trovato a partire dall’epoca della Rivoluzione più volte l’impiego di magazzino, caserma, deposito per le armi e persino cinema. Essendo in altri termini, fatta eccezione per un breve periodo durante il restauro della cattedrale di Cambrai a seguito dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, probabilmente la singola chiesa più sconsacrata di Francia, che a partire dal presente momento sembrerebbe aver trovato un ulteriore compito nel novero pregresso delle molte mostre d’arte organizzate al suo interno. Quella di promuovere, come parte di un’acrobazia notevole del marketing contemporaneo, il quarto ed attesissimo episodio della notevole serie di videogiochi A-RPG (Action-Role Playing Game) Diablo, tanto antologica per i moderni appassionati, quanto possono dirsi tali le biografie del Vasari per gli estimatori dei Vecchi Maestri. Tutto ciò grazie al coinvolgimento, niente meno che essenziale, di alcuni veri ed abili artisti…
Il principale artefice dell’ingegnosa iniziativa, che è stata naturalmente realizzata su grandi tele temporanee mantenute in posizione tra le volte della navata principale, è stato dunque attentamente selezionato nel giovane artista americano Adam Miller, considerato tra i maggiori interpreti dell’arte Barocca all’interno dell’attuale contesto post-moderno. Notevole creativo nato in Oregon e formatosi a presso l’Accademia dell’Arte di Firenze e l’Art Students League di Nelson Shanks a New York, prima di abbandonare ogni corso formale, completando la sua esperienza presso eclettici docenti privati e in situazioni tutt’altro che convenzionali. Un curriculum creato a partire da una passione giovanile per i fumetti e le illustrazioni contemporanee, tale da citare tra i suoi ispiratori niente meno che Frank Frazetta, l’artista di Brooklyn famoso per aver dato il suo contributo ad innumerevoli soggetti del mondo del fantasy e la fantascienza, quelle stesse correnti letterarie responsabili di aver ispirato la stragrande maggioranza dei videogame moderni. Ivi inclusa la stessa serie di Diablo, originariamente concepita nel 1997 come iterazione dei tradizionali giochi di ruolo da tavolo e le avventure procedurali del sotto-genere embrionale rogue, un tipo di software computerizzato in grado di creare in modo randomico un dungeon (labirinto) da esplorare ad ogni partita. Così come avveniva con il pericoloso dedalo di catacombe costruite sotto il paese di Tristram da Re Leoric, il dinasta influenzato dal Primo Maligno alla sua liberazione dal cubo horadrico nelle vicende utilizzate come origine dell’avventura qui proposta. Ma il Diablo degli anni 2000, così come elaborato nei suoi popolari seguiti e tanto abilmente rappresentato dal gruppo d’artisti coinvolti nell’ambiziosa trovata pubblicitaria, inclusivo di altri nomi celebri quali il pittore newyorchese Billy Norrby e il graffitaro VOYDER, è diventato più che altro celebre per i suoi archetipi affini alle classi assumibili di volta in volta dagli eroici Nephilm, i discendenti degli arcangeli considerati come unici possibili salvatori dell’umanità. Che pur non essendo paragonabili ai santi della tradizione cristiana, essendo inerentemente privi di un’identità precisa, sembrerebbero trovarsi perfettamente a loro agio così raffigurati in uno stile lampante e drammatico, idealmente successivo all’Era tipicamente gotica e del tutto medievaleggiante in cui parrebbe svolgersi la vicenda.
Così come non propriamente idonea alle circostanze parrebbe presentarsi l’ornata facciata della chiesa des Jésuites opera dell’architetto Jean Bégrand (1623-1694) che sotto l’emblema dell’esimia Compagnia espone orgogliosamente un gruppo scultoreo in bassorilievo dell’Assunzione di Maria, finemente restaurato nel XIX secolo, tra figure di angeli, spirali geometriche e scenografiche lesene dall’aspetto squadrato. Elementi effettivamente subordinati, nella versione finale del trailer presentato sul canale del videogioco, ai due rosoni vagamente cruciformi a fianco della porta principale, maggiormente riconducibili all’aspetto rigoroso della chiesa di Tristram, frequentemente utilizzata nella promozione dei passati episodi. In una notevole sequenza di poco più di un minuto, con musica evocativa e la voce fuori campo di niente meno che l’attore Charles Dance, oggi famoso per il suo ruolo come lo spietato Tywin Lannister ne “Il Trono di Spade” che invita l’ideale eroe a “chiamare la sua luce” ed “impugnare l’acciaio” contro l’Odio che altrimenti non potrà che devastare l’umanità. Una tipica e ben nota allegoria, quest’ultima, che difficilmente potrà essere considerata fuori luogo in qualsiasi epoca della Storia…
Ed è difficile non individuare in questo particolare frangente l’intenzione, almeno collaterale, di suscitare un qualche tipo di protesta sull’argomento, così come tanto spesso sfruttato con vantaggi facilmente misurabili nelle più dirompenti iniziative del marketing post-moderno. Benché la necessità di operare in un paese notoriamente progressista in materia di religione come la Francia, per evidenti ragioni logistiche, potrebbe limitare l’agognato disturbo suscitato dalla Blizzard. E questo nonostante la figura dominante della Diavolessa con corna bovine, incorniciata sul transetto tanti anni fa impiegato per far riecheggiare le parole del dicente messa. In quella che in definitiva, potremmo vedere come un’approssimazione prototipica della stessa idea di partenza: evidenziare lo splendore del Creato e le opere del Sommo tramite la raffigurazione che possono approntarne i suoi devoti ed umili sottoposti. Non dovrebbero forse essere anche i demoni infernali, con le loro ali pipistrellesche, le zanne acuminate e l’odio coltivato per ogni altra forma di vita che s’industriano a torturare e uccidere a ogni occasione, prima di essere passati a fil di spada fiammeggiante e/o elettrificata, beneamate creature di Dio?