Buongiorno kunekune, amichevole maiale in miniatura della Nuova Zelanda

Quando si pensa all’animale destinato più di ogni altro a diventare una visione tipica negli ambienti domestici di mezzo mondo, non è difficile comprendere quali dovessero rappresentare le sue caratteristiche più importanti: intelligenza, empatia, capacità di comprendere e interfacciarsi con l’uomo. Ma soprattutto, più di ogni altra cosa, il mancato possesso per nascita inerente di quello che potremmo soltanto definire “un ottimo sapore”. Poiché l’uomo più di ogni altra creatura della Terra, risulta caratterizzato dal profondo desiderio di nutrirsi di ogni tipo d’altro essere vivente… Ed è per questo naturalmente poco incline a diventare amico, di tutti quegli splendidi animali che potrebbero finire nei futuri giorni per ricevere un invito a pranzo; dalla parte, s’intende, del pranzo.
Poiché allevamento non è altro che un approccio reiterato alla fondamentale selezione artificiale, ovvero quel processo, attraverso secoli o millenni, mediante cui determinati tratti genetici vengono favoriti a discapito di altri, nel tentativo di modificare e raggiungere un’intesa inter-specie con specifiche tipologie di creature. E sebbene nessuno, fino ad ora, sembrerebbe aver tentato di favorire intenzionalmente l’innata propensione alla socievolezza del fin troppo saporito Sus scrofa, esistono particolari casi storici e precise circostanze, in cui la configurazione degli eventi pregressi, intenzionalmente o meno, sembrerebbero aver destinato particolari razze ad un destino stranamente simile a quello del cane. Tutto questo ben capiva il creatore del parco naturale delle Staglands John Simister all’inizio degli anni ’70, quando vagando lungamente per le coste delle due isole neozelandesi, andava in cerca d’esemplari da far riprodurre di una bestia la cui condizione prossima all’estinzione appariva simile a quella dell’elasmoterio, o altri animali equini con il cuneo frontale stranamente ereditato da un rinoceronte. Senza il corno tipico di tali raffigurazioni medievali, s’intende, quanto piuttosto un corpo compatto ricoperto da una folta peluria, da cui il nome in lingua locale kunekune (“grasso e tondo”), una grande testa tonda con il naso piatto e rivolto verso l’alto, strani bargigli penduli e la coda piccola e arricciata su se stessa. Ovvero, in altri termini: la più perfetta rappresentazione stereotipica di un maiale a cartoni animati, con appena un lieve tocco esteriore d’esotismo. Aspetto ereditato e mantenuto in essere, nello specifico, dal popolo nativo dei Tangata whenua, che nella loro collettività eterogenea avevano iniziato a riconoscersi, giusto verso il principio dell’epoca moderna, in quella singola cultura etichettata con il termine polinesiano Māori, che significa letteralmente “[la tradizione] normale”. E nessuno conoscere in realtà l’esatta serie di eventi, attraverso cui questo maiale dal peso, colore e dimensioni molto variabili aveva finito per diventare una vista piuttosto comune nella piazza centrale d’innumerevoli villaggi, nonostante esistessero sull’arcipelago suini maggiormente funzionali all’allevamento con scopi alimentari. Come ad esempio il celebre Captain Cooker, la razza nata spontaneamente allo stato brado dopo essere stata lasciata ai propri mezzi di sopravvivenza, dai membri dell’equipaggio dell’eponimo capitano-esploratore britannico verso la metà del XVIII secolo, con la speranza di tornare un giorno a banchettare in questi luoghi precedentemente privi di vettovaglie. Mentre una linea ereditaria differente viene normalmente posta alle origini del kunekune, attribuito all’interscambio commerciali tra i cacciatori di balene che qui approdavano, durante i loro viaggi nei mari del Sud, e le popolazioni costiere dei nativi, più che mai pronti a ricevere esemplari vivi utili a rendere più ricca la loro dieta tanto spesso povera di carne. Benché la realtà dei fatti in merito a questa notevole varietà, presumibilmente discendente da una qualche linea genetica di maiali asiatici ormai da tempo dimenticata, sia quella di un animale capace di pesare tra un minimo di 60 e un raro massimo di 200 Kg, contro gli oltre 300 di talune specie europee. Per di più costituiti in buona parte da un’altissima percentuale di grasso, riducendo in modo esponenziale la quantità di carne procurabile dalla macellazione di un singolo esemplare. E quali sarebbero state, dunque, le qualità che avrebbero permesso a tanto insolite creature di tornare progressivamente sotto i riflettori, grazie all’opera del già citato allevatore ed alcuni suoi insigni colleghi, capaci d’intravedere il merito nascosto dietro alla (mancata) braciola? Oh, moltissime…

La varietà di colori di un gruppo di recenti nati non è ancora nulla, rispetto agli estremi raggiungibili per quanto concerne il peso adulto dei singoli fratelli. Qualcosa di difficilmente prevedibile, per chi ha l’ambizione di portare oltre la soglia il leggendario e fin troppo pubblicizzato “teacup pig” (maialino che sta in una tazza)

Uno studio del 2017 di Ariane Veit e altri scienziati dell’Università di Vienna titolava sulla rivista Animal Behaviour “Riproduzione del movimento degli oggetti nei cuccioli allevati all’aperto del maiale kunekune” riferendosi all’esperimento comportamentale condotto in merito, durante il quale i giovani esemplari si sono dimostrati in grado di apprendere determinati compiti spontaneamente, semplicemente osservando gli esseri umani e i loro simili, grazie a un’innata capacità di deduzione ereditaria. Verso l’annotazione formale della riconferma di quanto già in molti sospettavano, ovvero il possesso da parte della razza di un’intelligenza sociale, e capacità di rapportarsi ad altri esseri inclusi quelli umani, particolarmente sviluppate in questi animali, del tutto paragonabile a quella di compagni domestici maggiormente usuali. Aspetto che non basta, d’altra parte, a rendere il kunekune un compagno perfetto per le nostre case, soprattutto in funzione dell’incognita maggiore in merito alle sue caratteristiche fondamentali: sto parlando, molto prevedibilmente, delle dimensioni. Chi non ha presente, a tal proposito, il tipico annuncio pubblicato sui giornali, volantini o altri canali digitali, per la vendita dei cosiddetti “maialini nani”, un concetto tanto irrealistico quanto quello di un pesce rosso che non fosse propenso a ritornare col trascorrere del tempo, una volta liberato nelle acque di un vasto lago, alle dimensioni naturali di una carpa. Poiché come accennato poco sopra, benché sia vero che il kunekune adulto dalle dimensioni più ridotte si avvicini a quelle di un cane di taglia media con la sua altezza media di 60 cm, tutt’altro discorso può esser fatto in merito alla sua effettiva massa corporea, potenzialmente in grado di rivaleggiare per Kg con quella di un orso bruno. Cui occorre abbinare l’intelligenza almeno altrettanto fervida di un animale pieno di risorse, vistosamente zannuto, potenzialmente irruento sebbene mai aggressivo e con l’abitudine ampiamente giustificata ad ottenere (quasi) sempre quello che desidera in ciascun frangente. Aspetto elaborato, senza dubbio, attraverso i lunghi anni di vita in cattività, se è vero che per sua predisposizione biologica il kunekune risulta in grado di sopravvivere mangiando semplicemente erba, da cui riesce a rifornire le sue considerevoli riserve d’energie, grazie ad un metabolismo di comprovata efficienza. Il cui rovescio della medaglia risulta essere la facilità con cui tale razza tende a prender peso se nutrita eccessivamente, finendo per soffrire di significativi problemi ossei alle corte zampe e conseguente riduzione di mobilità.
Importante, nell’allevamento di simili maiali d’altronde, è mantenere separati i maschi in età riproduttiva (e non castrati) dalle scrofe per la maggior parte del tempo, a meno di volersi ritrovare con due generazioni di nuovi nati l’anno, in quantità variabile tra i 7 e i 10, con aumento esponenziale del lavoro necessario a mantenerli prosperi e in salute. Particolarmente difficile risulta essere del resto favorire particolari tratti, dimensioni o colorazioni del manto, per la propensione ad una mescolanza di aspetti genetici all’interno di una singola cucciolata, tale da superare la ben nota lotteria genetica del gatto domestico, e complicando non poco la vita degli allevatori. Per non parlare di coloro che, invogliati dalle storie sui “divertentissimi maiali in miniatura” s’informano sui genitori, fratelli e sorelle del loro nuovo acquisto, soltanto per trovarsi un giorno con un esemplare più imponente di oltre un quintale. Caso particolare, dal punto di vista dell’ereditarietà, è rappresentato nel frattempo dai due cascanti bargigli presenti sotto il mento di molti (ma non tutti) i kunekune, derivante da un tratto genetico talmente dominante da ricomparire addirittura negli esemplari di razze diverse, quando finiscono per accoppiarsi con un singolo genitore della varietà neozelandase.

Come ogni animale di questo mondo, è possibile relazionarsi con il kunekune considerandolo transitoriamente un proprio pari. Di certo, lui farà lo stesso con voi.

Che il maiale sia il perfetto compagno dell’umanità contemporanea resta dunque un fatto largamente opinabile, per tutta una serie d’ottime ragioni comportamentali, d’ingombro e rumorosità nei contesti urbani. Indubbia resta d’altra parte un’ideale linea, tra l’appetibilità e l’assoluta non capacità di costituire nutrimento, che permette progressivamente ai nostri non-simili di assumere l’aspetto, largamente soggettivo, di un vero e proprio amico dei nostri giorni. Laddove razze suine come queste, largamente allevate al giorno d’oggi per il semplice piacere di conoscerle, si trovano spostate in posizione maggiormente favorevole dalla mera esistenza di effettivi parafulmini, i multipli massicci suini gastronomici dell’Occidente. Che sia prossimo, o anche meramente opportuno, favorire un cambiamento in merito a simili cognizioni del senso comune, risulta inevitabilmente opinabile. Ma è indubbio che alla simpatia, non si comanda. E a quante specie di mammiferi di questo mondo, aggraziate o meno, grugnenti o abbaianti, è invero possibile insegnare a riconsegnare una palla da tennis all’indirizzo del proprio beneamato padrone?

Maestosa, magnifica belva, il lungo pelo che fluisce nel vento. Quali ancestrali versi, potrebbero vantare la tua incrollabile presenza?

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