Lakhta Center, la spirale di acciaio e vetro nei cieli di San Pietroburgo

Forse l’avrete sentito nella distanza, durane il corso di quest’estate. Il sibilo del vento costretto a deviare, e il rombo meccanico delle gru, impiegate nell’installazione del complesso sistema modulare, appuntito come la sommità di una lancia, impiegato per coronare il nuovo edificio più alto di tutta la Russia e d’Europa (tredicesimo nel mondo) 462 metri adibiti ad uffici, spazi espositivi, zone panoramiche e sale di rappresentanza. Splendido e solitario, fatta eccezione per il centro congressi alla sua base, come un emblema dinnanzi al golfo di Finlandia, non troppo distante da uno degli stadi dove sono stati disputati gli stessi mondiali di calcio dello scorso giugno…
Quando si osserva la distribuzione progressiva dei grattacieli all’interno di uno spazio urbano, è impossibile non notare una certa somiglianza coi ritmi rigenerativi della natura, per come trovano sfogo a seguito di un incendio nella foresta. Con la città che si sviluppa, dapprima, in maniera per lo più orizzontale (crescita dello strato precoce del sottobosco) per poi trovare il posto, nei suoi quartieri di maggior valore, ad alcuni importanti e svettanti edifici (propagazione degli alberi a grande fusto ) seguìti dalla comparsa, attraverso un percorso che può durare mesi o anni, dei teneri virgulti destinati a colmare lo spazio concettuale intermedio (grandi condomini, centri commerciali, ingombranti uffici governativi…) Sulla base di una tale metafora non può quindi che lasciare stupiti, la lenta crescita a partire dall’ormai remoto 2012, nella zona costiera di San Pietroburgo, di questo monumentale pseudo-cipresso, il più alto che abbia mai fatto la propria comparsa su questa boscosa Terra. Il che lascia soltanto una singola possibilità: che debba essere l’opera, indubitabilmente, dell’infinita creatività umana.
O per essere più specifici, il frutto immanente del commissionamento, ad opera della colossale compagnia russa Gazprom, di un nuovo quartier generale presso la seconda città del paese, e dell’ingegno di almeno due compagnie d’architetti britanniche. La RMJM di Edinburgo e la londinese Kettle Collective, già autrice del magnifico ascensore per barche sul canale della città di Falkirk, dall’iconica forma che ricorda un’ascia celtica, grazie a un’idea del fondatore e attuale capo, Tony Kettle. Ciò detto, nel caso del palazzo di San Pietroburgo la questione diventa più nebulosa, con le due compagnie che si sono scontrate a più riprese, arrivando a minacciare azioni legali, su chi abbia effettivamente il merito di aver concepito l’idea che si trova alla base del Lakhta Center. Che aveva trovato l’ispirazione, in effetti, dallo stesso processo fin qui descritto, con una collocazione concepita originariamente nei pressi del centro storico, di fronte a niente meno che la cattedrale di San Pietro e Paolo, con il suo pinnacolo appuntito da sempre considerato un simbolo della città. Se non che l’UNESCO nel 2016, dimostrando ancora una volta la sua importanza a livello internazionale, non si trovò a minacciare il sindaco di declassare lo stato di patrimonio all’intera capitale di Oblast, se davvero fosse stato compiuto un simile affronto verso il suo patrimonio storico senza prezzo. Parole abbastanza pesanti da far rivedere il progetto, collocando le 670.000 tonnellate di questo gigante, piuttosto, in corrispondenza della zona costiera urbana. Non che ciò sia bastato ridurre il suo fascino, anzi…

Data la sua forma non convenzionale, molte delle soluzioni tecniche impiegate nella costruzione della torre hanno richiesto un’elaborazione specifica completamente su misura, inclusi i sistemi d’installazione delle gru temporanee, da usare per il posizionamento dello svettante pinnacolo, elemento fondamentale per il suo design.

Un’altra delle tematiche maggiormente discusse in merito alla costruzione di un edificio così opulento, in un paese decisamente lontano dai recenti successi economici di luoghi come la Cina o l’India, è relativo a chi, effettivamente, abbia dovuto spendere i circa due miliardi di euro necessari a finanziare gli oltre 3.000 operai di ruolo e 47 architetti, oltre ai molti fornitori esteri, impegnati per sei anni fino all’inaugurazione, ormai imminente, del nuovo colosso dall’aspetto minacciosamente acuminato. Al punto che, nella sezione di domande frequenti pubblicata sul sito ufficiale dell’edificio, viene chiaramente spiegato come l’interezza dei fondi usati nella costruzione edilizia, fatta eccezione per l’adeguamento delle infrastrutture cittadine come di consueto, provenga dalla compagnia energetica Gazprom e non i soldi raccolti dal pagamento delle tasse nazionali. Il che, ad ogni modo, è meno risolutivo di quanto si possa pensare, quando si considera che il potente conglomerato, controllore del 18% dell’intera riserva mondiale di gas naturale, è caratterizzata da partecipazioni statali per oltre la metà delle azioni in cui è suddivisa la compagnia.
Ciò detto, quando i soldi ci sono e l’intenzione di fondo viene condivisa da una quantità sufficiente di persone abbastanza in alto nella catena decisionale, persino l’improbabile diventa possibile, e talvolta giunge a trovare un’effettiva realizzazione. Ed infatti il Lakhta Center costituisce, nel suo complesso, un impressionante concentrato di modernità. Concepito fin da subito per resistere alle notevoli raffiche di vento provenienti dai mari del Nord, l’edificio presenta una forma organica che si allarga dopo i primi 20 degli 87 piani complessivi, per poi tendere con una curva paraboloide verso il pinnacolo fantasticamente appuntito. La sua pianta simile a una girandola a cinque pale, tuttavia, nasconde il segreto stesso della sua costruzione: il fatto che si tratti, in maniera tutt’altro che evidente, della più recente e notevole espressione di quel concetto edilizio che prendei il nome di torre rotante (in inglese, twisting tower) ovvero composto da una pluralità di elementi strutturali, in questo caso per l’appunto cinque, intrecciati tra loro come le correnti di un gigantesco tornado. Il tutto attorno ad un’anima solida definita il “nucleo” della torre, composta per lo più in metallo. In questo momento del suo imminente completamento, quindi, il Lakhta Center risulta essere il secondo edificio più alto di tale specifica classe, superato unicamente dalla Shanghai Tower di 633 metri, situata nell’omonima metropoli d’Oriente.

Anche io quando vedo uno dei 15 edifici più alti al mondo, penso sempre: “Devo assolutamente fare l’esperienza di gettarmi dal suo piano più alto, utilizzando la visuale diretta di un drone con telecamera FPV.” Strano come le tentazioni offerte dalla tecnologia, non sembrino avere confini…

Altri aspetti notevoli includono l’impiego della più vasta colata di cemento continua della storia (19.624 metri cubici) per stabilizzare le fondamenta dell’edificio e la più ingente quantità di vetro mai utilizzata per un grattacielo, entrambi aspetti che gli sono valsi un posto nell’immancabile Guinness dei Primati. Il secondo punto, in funzione di un particolare sistema paragonato concettualmente a una “doppia pelle” usato per far ricircolare l’aria fredda o calda a seconda delle esigenze termiche degli occupanti, permettendo un risparmio energetico in grado di conseguire per l’intero complesso il prestigioso riconoscimento “gold” dell’ente internazionale per l’efficienza ingegneristica ambientale LEED. Con un’ulteriore attenzione nei confronti della natura, i piani più alti del Laktha Center sono stati dotati inoltre di uno speciale sistema d’illuminazione, da impiegare in specifici periodi dell’anno, che dovrebbe limitare il rischio d’impatto da parte dei molti uccelli migratori, il cui percorso non può prescindere dal sorvolo della rumorosa e caotica città sottostante. Lo stesso centro congressi facente parte del complesso e situato alla base del grattacielo, con una forma che ricorda vagamente quella di un boomerang, presenta innovazioni funzionali e architettoniche degne di nota, incluso l’auditorium principale il cui spazio può essere riconfigurato a seconda del tipo di impiego, evento o spettacolo teatrale.
Affascinante e grandiosa nel suo aspetto complessivo, nonché capace di ricordare la celebre struttura del pinnacolo della cattedrale, questo nuovo effetto materiale della crescita economica russa vuole evidentemente presentarsi come un nuovo punto di riferimento per l’intera città di San Pietroburgo, capace di monopolizzare l’attenzione del turismo e l’economia post-globalizzazione. Un ruolo che, se soltanto avesse avuto modo di svolgerlo nel centro storico come nel progetto originale, avrebbe assai probabilmente surclassato i molti meriti storico-architettonici della città. Ed è quindi certamente un bene che, almeno in questo specifico caso, abbia avuto modo di prevalere il buon senso. Permettendo così d’inquadrare l’appuntito edificio tra i piloni di sostegno del moderno ponte di Bolshoy Obukhovsky, facente parte della principale circonvallazione cittadina, in un’immagine degna di entrare nelle migliori antologie di cartoline russe. E del mondo.

Lascia un commento