Il catartico banchetto dei macachi thailandesi

Occorre prestare attenzione, mantenendo il giusto grado di rispetto, ogni qualvolta si pretende di avere a che fare con le scimmie. I primati più intelligenti del pianeta che a differenza di noi, si sono mantenuti vicini all’esistenza selvatica di una ferocia primordiale. Capaci di atti di grande altruismo. Ed assoluta, travolgente devastazione. Ebbe modo di scoprirlo il signore dei demoni Ravana, all’epoca degli antichi Dei, che per sua somma sfortuna aveva scelto di rapire la bella Sita, moglie del principe guerriero Rama. Il quale aveva un amico di nome Hanuman, che era due cose contemporaneamente: un imbattibile guerriero e un irsuto rappresentante della genìa degli alberi e delle banane. C’è una storia prima di tutto questo, che culmina con la liberazione da un maleficio, e la riscoperta da parte del signore di tutti i macachi dei poteri divini che gli spettavano per nascita dal giorno della creazione. Ma saltando questa parte, poiché non molto rilevante ai fini del nostro discorso, possiamo passare direttamente al giorno in cui Hanuman usò la stregoneria per diventare grande come una montagna, saltando il canale che divideva il subcontinente indiano dall’isola di Lanka, dove la consorte del suo principe era tenuta prigioniera. Per poi ridursi alle dimensioni di una formica eludendo i terribili Asura con le loro armi sovrumane, ed introdursi nel boschetto dove ella era tenuta prigioniera. Ovviamente, in attesa di essere costretta a sposare il suo crudele aguzzino. Quando Sita tuttavia, mostrando una notevole modestia alquanto fuori luogo dinnanzi all’amico, affermò che solo il suo amato marito avesse il diritto di salvarla, lo scimmiotto né fu comprensibilmente adirato e iniziò a distruggere il giardino con la sua incommensurabile possenza. Per poi gridare all’indirizzo di Ravana, nella sua alta torre: “Trema, malvagio, poiché Rama sta arrivando!” Soltanto per udire la sua risata cavernosa, poco prima di venire messo in catene dai potenti Asura, i quali avevano ricevuto l’ordine di legarlo e dare fuoco alla sua coda per punizione. Allora Hanuman, facendo ricorso ai poteri di cui era insignito, fece crescere l’appendice articolata in modo esponenziale, affinché i demoni che tentavano di avvolgerla in panni inumiditi d’olio non riuscissero a completare la loro mansione. A quel punto, una volta che gli era stato appiccato il fuoco, diventò di nuovo piccolo e sfuggì ai suoi legami, per balzare fuori da una finestra e fin sopra i tetti di Lanka. Segue scena semi-apocalittica in cui l’eroe animale, balzando in giro per la città-isola, dà fuoco alla maggior parte degli edifici con la sua coda infuocata, per poi assumere di nuovo le proporzioni di una montagna, e fare ritorno con un balzo in terra d’India. Il giorno e l’ora della grande battaglia finale per salvare Sita, da quel momento, sembravano sempre più drammaticamente vicini.
Questa è la storia alla base del culto più che millenario tangente alle discipline induiste, ma anche a quelle buddhiste, potendo essere considerato intrinseco di molte delle genti d’Asia, incluse quelle che abitano la parte Sud-Est di questo grande continente. Come possiamo facilmente desumere dai molti resti archeologici che hanno attraversato i secoli, ivi compresi i grandi templi fatti costruire nel XII secolo da Jayavarman VII, uno dei più grandi e venerati re della civiltà degli Khmer cambogiani. Il quale, durante le sue guerre contro il popolo dei Cham, aveva portato l’impero fino alla Thailandia, giungendo a costruire i templi della propria religione fino in prossimità dell’attuale capitale Bangkok. Luoghi come Phra Prang Sam Yot, il “Santuario delle tre cime” della città di Lopburi, che pur non avendo la maestosa immensità e precisione astronomica dei ben più celebri templi di Angkor, presentava anch’esso il suo corredo di notevoli statue, sculture e sale adibite alla venerazione degli antichi dei. Per un luogo che originariamente vedeva, si ritiene, la pratica del culto shivaita, per poi essere trasformato in un tempio dedicato a Buddha dalla maggioranza locale, senza tuttavia dimenticare il ruolo e l’importanza di una piccola figura scolpita in prossimità delle sue fondamenta: la raffigurazione, rozza ma accurata, di Hanuman la scimmia degli dei, intenta a sostenere la possente struttura edificata per oltrepassare le ere. Così i secoli passarono, ed altrettanto fecero le diverse organizzazioni del clero locale, lasciando una costante di questi luoghi solamente la devozione nei confronti di quell’antica genìa animale, a noi tanto simile eppure, così fondamentalmente interessata alle forme più basiche di guadagno personale. Così un poco alla volta, tra le scimmie della penisola iniziò a girare la voce che c’era solamente un luogo, in tutto il regno, in cui avrebbero ricevuto un trattamento degno del prestigio del loro antico eroe. E ben presto, accorsero in quantità letteralmente spropositata.
Fast-forward di quasi un migliaio d’anni, fino all’epoca relativamente recente 1989. Il proprietario di un hotel locale, popolare tra chi desiderava risiedere a distanza di pochi minuti da Bangkok pur rimanendo fuori dal suo cacofonico bailamme, desiderava incrementare la popolarità turistica del suo paese. Così decise, inizialmente soltanto a sue spese, che l’ultima domenica del mese di novembre sarebbe stata un giorno di festa, nel corso del quale le scimmie di Lopburi avrebbero ricevuto tutto quello che avevano sempre desiderato. In altri termini, montagne decorative di frutta, dolci, cibo spazzatura, bevande e altre delizie, del tipo che esse si erano abituate a rubare agli umani. Così ebbe origine l’usanza del buffet delle scimmie sacre, una delle ricorrenze più bizzarre, e stranamente affascinanti, di questa eclettica regione del mondo…

Si ritiene che la tripletta di torri circolari note come Prang del tempio sia un chiaro riferimento alla trimurti indiana, di Brahma (il creatore) Visnu (il preservatore) e Shiva (il distruttore). Un edificio aggiunto successivamente, sul retro, contiene inoltre un’effige di Buddha intento a meditare.

Ora le scimmie di Phra Prang Sam Yot appartengono, come è noto, alla specie dei macachi mangiatori di granchi (M. fascicularis) noti per la loro complessa struttura sociale e la propensione ricorrere spesso alla violenza, per determinare chi abbia il diritto di rivestire il ruolo di maschio alfa all’interno di un gruppo d’individui. Mentre le femmine, al fine di scongiurare l’occorrenza comunque non rara dell’infanticidio, sono solite accoppiarsi con notevole promiscuità, affinché il legittimo consorte non possa facilmente capire quali figli sono suoi e quali invece appartengono a un rivale. Ciò detto, gli animali del tempio sono generalmente piuttosto amichevoli coi loro visitatori umani, benché tendano facilmente a spazientirsi. Così non è affatto raro, tra i resoconti e le recensioni reperibili online, trovarsi a leggere della shockante esperienza di persone che si sono trovate letteralmente ricoperte di scimmie, intente a tirargli i vestiti e rubargli occhiali da sole, portafogli e/o cellulare, solamente perché non avevano avuto la premura di acquistare il mangime venduto all’ingresso del terreno sacro, in appositi banchetti gestiti dai monaci locali. A questo risulta necessario aggiungere il fatto che il tempio si trovi, al giorno d’oggi, nel pieno centro cittadino, ragione per cui non è affatto insolito che i macachi escano dai suoi confini, per invadere gli spazi appartenenti agli umani, incluse strade, edifici e pali della luce, spesso rischiando anche di restare fulminati dai grovigli non propriamente a norma dell’approvvigionamento elettrico thailandese. Ragione per cui, a quanto pare, l’aria condizionata che permette di tenere le finestre chiuse non è affatto un optional per chi viva da queste parti, così come molti si procurino una piccola fionda da portare sempre con se, non per colpire direttamente le scimmie (che pur sempre restano, ricordiamolo, sacre) bensì spaventarle a causa dell’improvviso rumore spingendole a ritirarsi verso lidi più adeguati e sicuri per loro.
Ogni difficoltà di convivenza, ad ogni modo, viene messa da parte con l’avvicinarsi del giorno prefissato, durante il quale i macachi si trasformano nei letterali signori di Lopburi, trovandosi al centro di numerosi atti di venerazione e celebrazioni della loro stessa esistenza. La festa di apre con una serie di danze, condotte da persone in costume scimmiesco, a cui fa seguito una processione che culmina con la preparazione delle tavole imbandite. Specialisti preparano quindi le alte piramidi di frutta, mentre una parte del clero si occupa di mantenere occupati gli ospiti d’onore, con piccoli antipasti dell’abbuffata che avverrà di lì a poco. Al culmine della giornata quindi, quando il sole è più alto in cielo, viene dato il segnale e si permette ai discendenti del divino Hanuman di accedere alle loro regalìe, cosa che avviene con una frenesia letteralmente spropositata. Immaginate, ora, queste svariate centinaia di macachi, che urlando litigando tra di loro balzano sulle pietanze, le rovesciano da tutte le parti per continuare imperterriti raccoglierle e mangiarle direttamente dal suolo polveroso del tempio. I maschi dominanti delle diverse tribù si combattono nonostante l’abbondanza, mentre i più piccoli s’insinuano subdolamente, tentando di arraffare ciò che possono. Finché un poco alla volta, le scimmie non comprendono che la quantità di cibo è talmente elevata, da non permettergli letteralmente di fagocitarlo all’alfa all’omega. Quindi inizia un’atmosfera più rilassata, mentre il progressivo senso di sazietà lascia posto al torpore dei divoratori ormai satolli, e la gente applaude per lo “spirito del rispetto divino” che sembra essere stato infuso nella degradata genìa delle scimmie dei nostri giorni, ben lontane dall’antica età dell’oro in cui potevano comunicare e commerciare coi loro simili umani. Ma forse sarebbe un errore, attribuire una simile ingenuità scaturita dalla fede a tutti i presenti e promotori della festa, alcuni dei quali ben comprendono la ragione più pratica di tutto questo: soddisfare la classe per così dire inferiore del popolo, affinché un futuro Spartaco, gridando la sua furia dalle rovine del tempio, non possa un giorno organizzare un pericoloso moto di resistenza e ribellione, spodestando l’ordine costituito dall’ingiusta dominazione umana.

Le regalìe di cui vengono omaggiate le scimmie includono soft-drinks come la Coca-Cola e merendine super-caloriche, che non possono semplicemente costituire un toccasana per i loro fegati sotto-dimensionati rispetto al nostro. Ma questo, i macachi non possono saperlo di certo.

Dopo il suo tentativo fallimentare di trarre in salvo la bella Sita, Hanuman fece ritorno dal suo amico e signore Rama, per unirsi come generale all’esercito che avrebbe marciato su Lanka. Un ponte magico viene evocato per raggiungere l’isola, mentre l’armata composta in larga parte da umani ed Apsaras (ninfe dell’acqua e dei cieli) affronta quella dei demoni giganti guidati dal signore del male Ravana. Durante il combattimento, quando il fratello di Rama viene ferito, la scimmia mistica diventa di nuovo enorme e porta in volo sul campo di battaglia un’intera montagna, affinché una singola erba medicinale sulla sua sommità possa essere impiegata per curarlo. A quel punto il principe supremo, rincuorato dal salvataggio del suo stesso sangue, rivela la sua eminenza di personificazione terrena del dio Vishnu, poco prima di affrontare in combattimento l’eterno rivale, che nel frattempo era scaturito dalle porte della città a bordo di un gigantesco carro da guerra, con dieci teste in aspetto guerresco, mentre stringeva in pugno le armi divine e il fuoco di terribili stregonerie. La narrazione di ciò che avviene dopo è largamente incerta e variabile, benché tutti concordino che i due poderosi guerrieri si siano scontrati in cielo, in terra e per mare, distruggendo intere masse continentali e sconvolgendo l’ordinamento del regno fisico di Avani. Ciò che possiamo dare per certo tuttavia, in funzione della nostra continuativa esistenza, è che Rama alla fine abbia vinto, scacciando tutti i demoni da questo piano d’esistenza e ritrovando infine la sua perduta moglie.
Nell’epilogo di questa particolare storia, Hanuman avrebbe ricevuto gli onori di un grande guerriero e l’offerta di doni spropositati, da lui rifiutati categoricamente. Poiché, disse: “Tengo Rama dentro il mio cuore e non ho bisogno di un aiuto per ricordarlo!” affermazione a seguito della quale, con un gesto appena un po’ fuori luogo, si sarebbe aperto il petto con le sue stesse mani, mostrando l’immagine del principe impressa letteralmente sopra la parete esterna del muscolo cardiaco. Non che a questo punto, il diretto e divino interessato avesse altra scelta che concedergli immediatamente l’immortalità. A meno che volesse veder morire dissanguato il suo amico lì ed ora. Negli eoni successivi, secondo la tradizione Hanuman si sarebbe ritirato dal regno degli umani, comparendo unicamente per pronunciare di tanto in tanto profezie rivelatrici. Ma nell’opinione dei fedeli, prima di lasciare la vita pubblica avrebbe lasciato il mondo in mano ai suoi agenti maggiormente pervasivi ed attenti: gli innumerevoli macachi, et similia di questa disordinata Terra. E chi potrebbe mai tralasciare, a questo punto, di nutrirli ed assicurarsi che siano eternamente soddisfatti dell’umana ospitalità?

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