Lo spinner creato usando un trio di Lada siberiane

Tre volti, tre realtà, tre diversi modi di vedere il mondo. Interconnessi grazie al punto di raccordo di una piccola piastra rotante? Da tenere in mano e far girare fino all’ossessione? Vi dice nulla? Certo, non tutti gli spinner sono creati uguali. Ve ne sono di altamente tecnologici, capaci di ruotare per ore ed ore. Ed altri che invece, a causa della bassa qualità del cuscinetto a sfera, durano soltanto il tempo di un lungo sospiro. È perciò tanto più eccezionale, e inaspettato, l’aspetto ed il funzionamento di questo speciale fidget spinner, i cui Alfa e Omega non sono quelli di un giocattolo. Ma tre mezzi pienamente omologati per circolare su strada. Ed condannati a fare la speciale cosa e solamente quella, di orbitare attorno all’asse immaginario di un invisibile pianeta. Perché l’unione fa la forza. Ma c’è soltanto una cosa che può farla, ancor più di così: la separazione col frullino, che poi conduce alla riunione successiva a mezzo fiamma ossidrica (ed un mare di pazienza.) Si potrebbe addirittura dire che a quel punto, la sgommata si trasformi in una sorta di stile di vita. Sempre che non lo fosse già da prima. E il senso ultimo dell’esistenza possa palesarsi, nella mente di coloro che si trovano al volante.
Buongiorno a tutti, sono “il Meccanico” e questo è Garage 54, direbbe l’inventore, se fossimo sulla Tv statunitense. Ma poiché ci troviamo in Russia, e questa è Novosibirsk, principale centro abitato del Distretto Siberiano, la spiegazione d’apertura è molto più prolissa, e al tempo stesso incomprensibile per noi. C’è questa tendenza, tra la popolazione russa, dell’apparente quantità pro-capite di sedicenti ingegneri, estremamente superiore alla media internazionale. Perciò il video di partenza (che qui sopra potete osservare in forma abbreviata dal sito Sputnik News) può diventare l’occasione di spiegare punto per punto la particolare procedura, assieme a considerazioni sulle caratteristiche notevoli dell’auto di partenza. Già, al singolare, poiché siamo di fronte, di lato e dietro al tempo stesso, a quella che costituisce a tutti gli effetti una congiunzione retroattiva di tre mezzi totalmente uguali. Modello: Lada VAZ 2108, più comunemente detta Samara, proprio come lo spettro della bambina killer nel remake americano del film The Ring (ma anche dell’omonima regione bagnata dalle acque del fiume Volga, non troppo lontano dal confine settentrionale del Kazakistan.) Macchina chiamata per antonomasia Zhiguli nel titolo del video, anche se in effetti quel particolare nome sarebbe riferito ad un particolare motore pur sempre lì prodotto, appartenente a una vettura un po’ più antica. Che incidentalmente, fu anche un significativo pezzo d’Italia: la VAZ-2101, alias Kopeyka, alias Fiat 124. Dev’essere una storia alquanto interessante, quella dell’arrivo di un simile veicolo nostrano fin laggiù, come testimonia niente meno che la geografia, a ridosso della zona collinare che si chiama per l’appunto Zhiguli. Poiché basta scorrere con gli occhi sulla mappa per trovare, poco più a sud, un altro toponimo, questa volta decisamente più affine a noi: Togliatti come il segretario del PCI dal 1921 fino allo scioglimento del Comintern, sopravvenuto nel 1943. Al quale fu dedicata, poco dopo la sua morte nel 1964, l’intera città di Stavropol’-na-Volge, dove proprio lui aveva trasferito la catena di montaggio della macchina sopracitata, agevolando un vero e proprio Rinascimento di una simile remotissima regione. Ma corsi e ricorsi, come si dice, nella rotazione cosmica dei contrappesi stretti delicatamente tra le dita. Perciò perciò stato proprio a partire da questo luogo, nel 1984, che sarebbe nata la nuova meraviglia della tecnica, di un’automobile per la prima volta di “classe media” con prestazioni, motore e sospensioni di tutt’altra caratura. Nonché sopratutto, totalmente originale. E quindi adatta ad essere esportata, a prezzo di convenienza, fin qui da noi e verso il resto dell’Europa, in forza di una qualità costruttiva decisamente superiore.
Quel mezzo di trasporto che oggi ritroviamo, allegramente fatto per tre volte a fette, e quindi ricongiunto come le manopole di una roulette. Per… Il sogno, la visione, la difficile mansione di crear la vita… Frankenstein, che cosa sei! Soltanto in Russia, è possibile trasformarsi in scienziati pazzi nel cortile della propria casa/officina. Senza che qualcuno, passando casualmente oltre la staccionata, possa elaborare la saliente, pregna e disinformata domanda: “Perché mai?”

La procedura completa di creazione dello spinner veicolare, in effetti, non risulta molto differente dal primo passo della creazione di una limousine. Soltanto che qui non c’è alcun processo di allungamento e le auto, che dopo essere state tagliate, vengono immediatamente unite assieme schiena-contro-schiena.

Esiste un altro detto ad ogni modo, appartenente al moderno scenario globalizzato (qualcuno sarebbe più propenso a definirlo uno slogan) che recita “La potenza è nulla, senza controllo.” Ed è qui che le cose iniziano a farsi decisamente più complicate. Perché da una parte, la Tri-Lada è decisamente più controllabile di un fidget spinner convenzionale, vista la presenza di ben tre diversi abitacoli di guida, con pedali, volanti e tutto il resto. Dall’altra, il proposito di far ruotare per un tempo prolungato tutto l’ensemble si rivela decisamente più complesso del previsto. Poiché ciascuna coppia di ruote, per quanto portate al limite estremo dello sterzo, non può effettivamente fare a meno di puntare in direzioni opposte, come i diversi volti del dio Giano dell’antica Roma. Finché dopo alcuni lunghi momenti di fallimentari tentativi, in cui la parte della giunzione centrale sembra tremare e sconquassarsi in maniera alquanto terrificante, i diversi componenti umani del progetto non comprendono il sistema della gomma bruciata: sgommare, sgommare creando un cuscinetto d’aria e fuoco sotto gli pneumatici, fumanti mentre si consumano a velocità vertiginosa, mentre due su tre “davanti” si trasformano in un peso morto, e il motore da 60-75 cavalli della Samara rossa finisce per tirarsele dietro nella rotazione indotta dal suo pilota. Il che potrebbe sembrare alquanto deludente sulla carta, se non fosse che in effetti, funziona alla perfezione. Beh… Almeno per qualche minuto. Prima che lo stress subìto dalla non-struttura messa assieme alla bell’e meglio non ceda in maniera catastrofica, causando il virtuale distacco della macchina di colore verde scuro. Nell’ultima scena, un carro attrezzi porta via morti e feriti (si fa per dire) verso lo sfasciacarrozze presso cui, molto probabilmente, troveranno la loro ultima destinazione. Musica triste di sottofondo.
Eppure l’attimo c’è stato, il momento delle gesta eroiche del creativo, disposto a bere dal suo calice piuttosto amaro, solamente per poterci fare dono di quel fluido estremamente dolce che è l’intrattenimento vagamente diseducativo. O quanto meno, non del tutto costruttivo. Se si esclude la presa di coscienza derivante, in merito a questo particolare aspetto della cultura automobilistica russa: l’unione delle meta-macchine, al fine di creare un qualche cosa di memorabile, se non proprio carico d’utilità. Vediamo, tanto per chiarire ulteriormente la questione, un’altro esempio decisamente famoso…

La Volkswagen Passat degli anni ’80 diventò un mezzo estremamente popolare tra la classe media in Russia, circa 10 anni dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, quando un alto numero di vetture usate iniziarono a saturare il mercato.

Nell’analisi di questo esemplare appare evidente una concezione del progetto decisamente meno ambiziosa, ma proprio per questo anche più funzionale. Le vittime dello sfrenato sperimentatore, che stavolta deve rimanere senza un nome (purtroppo si tratta di un vecchio video) sono una coppia di Passat, la famosa berlina alternativa, e generalmente un po’ più grande, all’intramontabile Golf. Che qui appare alquanto cambiata, vista la sola presenza di due esemplari della sua parte anteriore, con il cofano, cabina di guida e poco più. In questo caso, la decisione presa è stata di tagliare le due “metà” in corrispondenza del primo pilastro, invece che il secondo, creando sostanzialmente una doppia linea diagonale che si congiunge al centro della strabiliante mostruosità. I due sedili lato guidatore sono invece incastrati l’uno di fianco all’altro, ciascuno voltato nel suo rispettivo senso di marcia. Per usare un’analogia che potreste o meno riconoscere, si tratta in parole povere di uno schema affine al simbolo filosofico del Tao ☯ cinese, in cui bene e male si rincorrono all’interno di un tondo che rappresenta la Creazione. Fatto sta che grazie alle caratteristiche di peso, forma e potenza, nonché assai probabilmente la presenza di due sole paia di ruote e un pratico manto nevoso, il costrutto appare in questo caso molto più funzionale ed assai meno propenso a scardinarsi e farsi a pezzi al primo accenno di difficoltà.
È perciò ampiamente probabile che la bi-macchina, contrariamente alla sfortunata tri-macchina, sia ancora tutta intera, gelosamente custodita all’interno del garage di un Kazimir o uno Iosif, Igor o Fiofan, da cui fuoriuscire in occasione delle feste o le riunioni tra amici. Anche questo è lo spirito del paese più grande del mondo. In cui un bullone non è semplicemente un bullone, così come un delizioso piatto di spaghetti può esprimere, se lo si guarda dall’esterno, una parte prosaica ma importante della cultura italiana. Perché gli stereotipi nazionali possono essere, talvolta, un problema. Ma se usati correttamente, rispondono all’esigenza di comprendere il fondamentale nesso che esiste tra tutti i popoli: la necessità di fare, o provare, o creare un qualche cosa che sia intrinsecamente ed innegabilmente bello. Sono soltanto i canoni impiegati per definire tale segmento noetico dell’esistenza, a variare.

Nel frattempo, in America: questo cittadino statunitense ha preso il davanti di una Pontiac 6000 del 1988 e dopo averla tagliata a metà, ci ha aggiunto un ruotino. Quindi ha preso a rimbalzarci allegramente per le campagne, rischiando pure di schiacciare il cane. Ma la domanda che sorge, a questo punto, è la seguente: che cosa ci fanno tutti questi inventori, alla fine, con la parte di dietro?

 

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