I Mori e i Cristiani nell’eterna battaglia di Alcoy

Moros y Cristianos

Ah, si: guarda. Chi è quell’uomo incoronato, sopra il carro ricoperto dai festoni e in una pioggia di coriandoli gettati sulla strada? Chi mai potrebbe essere costui, se non re Giacomo I d’Aragona, conquistatore della Valencia, della Linguadoca e delle isole delle Baleari, fiero condottiero, deviatore delle frecce assassine, filosofo e primo scrittore autobiografico della sua epoca. Intento a nominare per l’ennesima volta, tra i bimbi della città di Alcoy in Alicante, qualche nuovo armigero, nobildonna o generale, al fine d’aiutarlo nel prossimo passaggio della guerra senza fine, rimessa in scena tutti gli anni in occasione di una data dedicata alla memoria: l’onomastico di Giorgio il cavaliere, verso il termine d’Aprile. L’occasione, ormai da molto tempo denominata d’Importanza Nazionale, della locale festa dei Moros y Cristanos, durante la quale sfilano intere generazioni di guerrieri, in schiere tanto fantastiche quanto ordinate, ciascuna ispirata a questa o quella tradizione, con qualche infiltrato di moderni film e videogiochi. Ma bando alle formalità: già dietro il castello artificiale, costruito come palco del momento culmine della sfilata presso la Plaza de España, si preparano i protagonisti del secondo giorno di festività. L’inimìco supremo, quel Mohammad Abu Abdallah Ben Hudzäil al Sähuir, brevemente detto Al-Azraq (l’azzurro, dal colore dei suoi occhi) comandante arabo che nel 1276, quando questa città segnava la linea di confine tra due mondi totalmente differenti, sfidò il potere del sovrano europeo. E poi fallì, eppure…Sarebbe difficile non ammirare addirittura lui, con le schiere allegoriche dei “cattivi”, un po’ Immortali persiani, un po’ membri di tribù africane, o persino, perché no, abitanti del pianeta Cybertron, tornati indietro nel tempo per rappresentare un male spettacolarmente puro. Come l’altro lato di uno specchio illuminato, che lascia passare i raggi alterni della verità. Tutto in nome di…
Un Dio misericordioso, un Dio comprensivo e tollerante. Persino, nella sua accezione più spiccatamente medievale, magnanimo verso i più implacabili dei peccatori, purché appartenenti a quel contesto che ha il nome della cristianità. Ma sopra a tutto questo, come sua connotazione biblica presunta e ancora largamente dimostrabile, supremo esecutore di un sacro senso di giustizia, sia verso l’individuo che sul passo e il senso della Storia. Non che Egli potesse discendere ancora da una nube, come ai tempi d’Abramo, per condurre alle crociate i cavalieri in arme. Non personalmente, almeno. La teologia era già troppo sofisticata per questo, nei tempi di alabarde o mazze incatenate. Però al risuonare di una tale frase: “Deus Vult” difficilmente interi eserciti potevano restare indifferenti. E non era insolito, nelle cronache tra il dodicesimo ed il tredicesimo secolo, che si finisse per parlare di questo o quel santo, la spada stretta saldamente in pugno, comparso in cielo con il compito di segnalare l’ora e il tempo di lanciarsi nella carica finale. Nella maggior parte dei casi, questo è soprattutto incidentale, l’imago sfavillante era concessa solamente a chi era in grado di annotarla: l’arcivescovo che accompagnava il re, i più ligi comandanti o redattori di complessi resoconti e biografie. Loro e non il povero fante di prima linea, cui bastava il risuonare o l’eco di una tale forza immisurabile, l’orgoglio del signore in Terra e/o di quell’Altro, per concludere la propria vita tra le frecce, il fuoco e il mulinare delle sciabole dei Mori.

Moros y Cristianos 2
Questo video mostra l’entrata dei Cristiani nell’edizione del 2015. L’ho inserito per secondo perché trovo che, oggettivamente, il giorno successivo della festa (quando sfilano i Mori) sia più fantasioso e spettacolare.

Quasi ovunque nei regni cristiani medievali c’era questa gerarchia di fede, tranne che in quelli della Spagna. La divisa, la fortificata e la devota. Ove i discendenti degli antichi regni Visigoti, convissuti a lungo in pace con i califfati degli Almoravidi (i berberi) e degli Omàyyadi di Al-Andalus, decisero un giorno che un simile sincretismo era peccato. E forse, allo stesso tempo, non più vantaggioso dal punto di vista degli scambi commerciali, poco conduttivo alla costituzione di un impero. La prima genesi remota di questo lunga alternanza tra guerre e periodi di pace, che durò ben sette secoli, viene convenzionalmente fatta risalire a quando il mitico condottiero Eletto dal popolo Pelagius, già vassallo dei governatori musulmani, decise che era giunta l’ora della ribellione. E procuratosi in gran segreto un signficativo seguito d’armata, scacciò via il governatore dell’Asturia, stabilendosi in quella che sarebbe diventata la prima fortezza di una nuova Spagna settentrionale. Naturalmente, la rappreseglia degli Omàyyadi di Cordoba non tardò a palesarsi: nell’estate del 722, il comandante Al Qama di ritorno da una fallimentare campagna contro i Franchi, riunitosi con Munuza l’ex governatore stesso, decise di chiedere la resa dei ribelli. Che puntualmente, la rifiutarono, ritirandosi all’interno di una stretta valle presso la comunità di Covadonga. Ciò che avvenne dopo…I Mori caricarono il nemico, fin tra simili pareti scoscese, ma non riuscirono a sfondare quelle forti fila. Mentre dalla cima del dirupo gli abitanti dei villagi vicini, secondo alcuni, tutto il popolo fino all’ultima donna e bambino, si liberavano dei molti proiettili e macigni accumulati precedentemente, facendosi beffe degli elmetti e le armature (forse Dio perdona, ma la forza di gravità…) Da quel giorno, fondata la dinastia delle Asturie, si cambiò il passo delle idee: basta convivenza, scacciare i musulmani dalla Spagna, bruci fervida la fiamma della Reconquista. Si costituiscano i diversi regni cristiani di Navarra, di Leòn, di Barcellona…Tanto pronti a farsi la guerra tra loro, quanto a muoversi di concerto contro il presunto nemico comune. E chi avrebbe guidato, tante lame assetate di feudi e terre, se non loro: i grandi Santi della guerra. Personaggi che, raggiunta l’Estasi del Paradiso, sceglievano invece di restare fra i mortali, per alleviare almeno in parte il corso della sofferenza e del peccato.
Le feste dei Moros y Cristianos, diffuse nell’intera regione della Valencia del sud, vengono generalmente fatte coincidere con la data dedicata ad un particolare intervento sovrannaturale in qualche frangente militare che volgeva per il peggio: nella battaglia de Las Navas di Tolosa, ad esempio, si festeggia l’apparizione di Giovanni l’evangelista verso la fine di luglio, che guidò la flotta del regno di Castiglia contro i berberi nel 1212. A La Vila Joiosa, in Alicante, viene celebrata invece l’intercessione di santa Marta, che nel 1538 sventò un attacco dei Mori grazie a un’improvvisa inondazione. Ma forse la più spettacolare di queste tradizioni è proprio quella di Alcoy, che ad Aprile organizza questa tre giorni di sfilate in costume dedicata alla battaglia del 1276, culminante con la rievocazione della presa della città da parte delle forze di re Giacomo, dimostrata grazie a un imponente modello castelliforme in scala, costruito ad-hoc. Sopra il quale, nel finale, appare una misteriosa figura nell’armatura di quel San Giorgio di dragonesca memoria, proprio come fece all’epoca sopra la città assediata, costringendo grazie ad un fiero cipiglio gli occupanti musulmani ad una resa immediata. Del resto, poteva Al-Azraq sfidare la minaccia implicata da una simile lancia leggendaria? Ai posteri l’ardua sentenza. Probabilmente, la realizzazione di una simile messinscena all’interno della vera rocca cittadina di Alcoy, ovvero la fortezza di Barxell, sarebbe stato fin troppo complicato, oltre che anacronistico, vista la sua costruzione soltanto in un’epoca successiva, ad opera dell’ammiraglio Ruggero di Lauria, che fu fatto governatore delle mura, subito dopo la liberazione cittadino ad opera del più famoso dei re d’Aragona. Che tanto seppe fare in vita, quanto distrussero i suoi figli, legittimi o meno, negli anni di guerre successive, combattute per dividersi le terre ereditate in modo troppo poco chiaro. Deus Vult: nessun peccato resti senza punizione. Ed anche i gesti degli eroi, siano attentamente riconsiderati da ogni lato. Una giustizia che sia davvero assoluta, non può dipendere dal senso e dal bisogno dei fedeli. Anche questa è la Divina Provvidenza! Quell’energia fluida e onnipresente che in Estermo Oriente ha sempre avuto un altro nome e provenienza, più naturalistica quanto altrettanto inevitabile: la dura ed inflessibile legge del Karma. Allora come adesso, l’imparzialità assoluta è necessariamente spietata. Senza un Buddha o bodhisattva a guidare le nostre gesta, quale futuro mai potrebbe attenderci, su questa terra di lacrime e tremenda sofferenza…

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