Colpiscimi fellone, tanto sono già vestito

Combattimento in armatura

Giornata di combattimenti, nel Musée National du Moyen-Âge de Cluny, tra lunghi androni e cupe volte in muratura, sotto lo sguardo appassionato di…Nessuno, pressappoco. Sarà stata l’ora di chiusura. Eppure già si ode il grido di entusiasmo della folla di un anfiteatro, mentre l’arbitro invisibile comincia la sua tiritera gladiatoria. “Udite, gente!” Alla colonna di sinistra,  il primo richiamato dalla forza di un destino battagliero. Colui che si arrogò elettore dell’Impero, contro il volere del suo Sacro governante. Che spaventosamente infervorato, menando colpi a destra e a manca, ebbe ad estendere il suo territorio personale fino a quel di Seckenheim, durante la guerra bavarese (1459-63) sconfiggendo e catturando tre terribili nemici: il vescovo di Baden, il margravio di Baden-Baden e il conte di Wurttemberg. Il trionfatore d’innumerevoli campi di battaglia! Il fulmine germanico, la tenebra della Foresta Nera! FREDERICK-DEEL-PALATINAATO (detto il Vittorioso). Ed alla mia destra, sotto la candida colonna contrapposta…
Viene da Colorno, in provincia dell’odierna Parma. Fu conte per due volte, poi divenne condottiero ed alleato dello zio, Francesco Sforza. Per lui assediò Pavia, Cremona e Como. Per se stesso, invece, galoppò fino in Terra Santa ed al ritorno, ritemprato nella fede e nella forza, fece il taglio ed il rovescio nelle guerre per il possesso del regno di Napoli (1460-64). Neanche 10 anni dopo, ritornato nel suo Nord natìo, sconfisse il fiero duca di Savoia. Poi fu al soldo successivamente: di Genova, Venezia e Sisto IV, il papa stesso, colui che dava il passo dell’Europa. Il flagello degli angioini! Il bastonatore degli infedeli! La spada che sconquassa la penisola d’Italia! ROBEEERTO-DI-SANSEVERINO!
Non si erano mai incontrati, prima d’ora. Possano i campioni della storia, così riportati ad una parvenza di vita veritiera, dare luogo ad una memorabile ricostruzione. L’episodio di archeologia sperimentale, messo in atto qualche anno fa a sostegno di una mostra d’armi e pubblicato sul canale di Le Figaro, valido a sfatare alcuni preconcetti sulle tecniche di guerra medievale. Come la prima. Quella, estremamente diffusa quanto improbabile, che agghindarsi di metallo fosse conduttivo ad uno stato di goffaggine assoluta. Immaginate, dentro a una mischia furibonda, la figura di un feroce eroe ormai rimasto senza il suo cavallo, che arranca faticosamente, facile bersaglio del nemico. Il quale, se malauguratamente si ritrova ad inciampare, resterebbe pancia all’aria, come un’inerme tartaruga. Non è ridicola, una tale scena? Di sicuro, non si è mai verificata. Pensateci: un’armatura in piastre di metallo ben temprate, prodotta secondo i crismi del periodo in oggetto, pesa all’incirca 20-25 Kg. Ben distribuiti, per definizione, tra le diverse membra dell’utilizzatore. E ci si teneva molto in forma, certamente, in quel particolare ambito professionale…

Il punto principale dell’armatura, la sua causa scatenate, è che non ha il compito di aumentare la fatica fatta dal nemico per sconfiggerci, come se ci fosse una statistica (la “resistenza”) che cala ad ogni colpo di spadone – Dannati videogames! Ma di renderci virtualmente immortali, a beneficio del successo bellico di una nazione, un cultura, un credo religioso. Come allora, adesso all’epoca dei quasi-contemporanei. Quando nel 1939, dopo la guerra d’inverno, l’esercito tedesco tentò d’invadere i territori sovietici, scoprì la verità di questo assioma. Le sue divisioni attentamente calibrate, con squadre di fanti, artiglieri e Panzer di ogni foggia e dimensione, eseguivano perfettamente le manovre di sopraffazione. Annientavano l’Armata Rossa, circondavano l’obiettivo, puntavano i cannoni ed attendevano la resa. Finché ogni volta, da dietro un edificio del centro abitato, una quercia o un gran muretto, non spuntava un KV-1 o KV-2 (serie Kliment Voroshilov) tra i primi rappresentanti di una nuova classe di veicoli, i carri armati pesanti. A quel punto… Diciamo che la situazione era soggetta a strani capovolgimenti.
La corazza è uno strumento passivo, a differenza dello scudo, che va direzionato con destrezza ed attenzioni. Il che significa, che non richiede altre abilità particolari che la forza fisica per essere impiegata, né viene soggetta alla casistica degli errori umani. Se ferma un colpo, può fermarne altri duecento. Siano questi proiettili, frecce o punte o frecce o proiettili e spade, spade, soprattutto.

Mezza spada
Le lame del XIV, XV sec. venivano spesso costruite con una parte della lama non affilata, detta ricasso. Talvolta, quest’ultima era anche ricoperta di cuoio, per favorirne la presa con la mano sinistra.

Per questo, soprattutto, la scena classica del paladino che brandisce il suo fulmine tagliente, al centro di un vortice di oppositori, è un falso storico che nasce dal bisogno di poesia. Un colpo di quest’arma leggendaria, dato di taglio oppur di punta, non importa, mai e poi mai potrebbe penetrare un muro solido di acciaio. Duro almeno quanto lei. E tre volte più massiccio, sul mio petto! Ci volevano ben altre cose: la lancia, la mazza, la balestra. Questa passione collettiva per le lame ad una o due mani, probabilmente, va fatta risalire all’epoca delle crociate. Quando i guerrieri europei, così bardati, si lanciavano al galoppo contro avversari pieni di baldanza e maestà lesa, di orgogliosi sultanati e popoli orientali. Eppure privi di strumenti tecnologici adeguati, come i carristi tedeschi di cui sopra, all’epoca turbolenta dei totalitarismi.
C’era però una significativa differenza: un limite fondamentale. Ciò che può essere umanamente trasportato, da una sola persona, restando comunque in grado di salire su un cavallo, rotolare e poi rialzarsi, all’occorrenza, da quei stessi muscoli può essere sconfitto. Purché la tecnica sia quella giusta. I manuali di scherma tedesca ed italiana iniziarono a teorizzare, dunque, verso la metà del quindicesimo secolo, la tecnica detta della mezza spada. Che potete osservare già nel video di apertura, nel combattimento di apertura tra Frederick e Roberto, ma che ricompare, ancor meglio messa in atto ed illustrato, in queste sequenze opera di John Clements (consulente storico per la scherma) e Skallagrim (appassionato “sarcastico” internettiano).

Mordhau
Stranamente, non si taglia. Non si taglia, molto strano!

Il concetto è semplice, quanto efficace. Se ho perso la mia arma principale, fosse stata questa un’alabarda, un falcione o un gran martello appuntito, sono già in svantaggio. La mia spada, sostanzialmente, altro non è che un’arma di riserva, come potrebbe esserlo la pistola rispetto al fucile, per un soldato dei nostri tempi. Dovrei, allora, essere condizionato dall’immagine ideale del guerriero che disegna, elegantemente, archi nell’aria con la punta e con il taglio? O piuttosto, sfruttare ogni barlume di speranza che mi resta…Impugnare la spada con due mani, di cui una a metà della sua lunghezza, porta ad alcuni significativi vantaggi. Innanzi tutto, risulta più facile direzionarla in corrispondenza di giunture o buchi per vedere (SPLOTCH!) Secondariamente, aumenta il suo potere di penetrazione. Anche se vi sfido, io, a bucare una piastra di metallo con le vostre sole forze, uno stecchino di metallo… Il terzo vantaggio è anche migliore, maggiormente in grado di lasciare il segno. Quando, nel maelstrom della mischia, ci si ritrova, stranamente, con ENTRAMBE LE MANI SULLA LAMA. E allora l’elsa a crociera, d’improvviso, si trasforma in un piccone. Questa manovra veniva definita il Mordhau o Mordschlag – colpo assassino. Consisteva nell’invertire i presupposti e dare un grande colpo alla campana. Ciò che non si taglia, può pur sempre essere ammaccato. E prova tu a respirare, con due centimetri di piastra metallica che ti preme duramente sui polmoni!

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