La mostruosa cavalletta dei Māori

Weta

È sangue quello? Per niente infastidita, la qui presente ricercatrice ci dimostra gli effetti della rabbia di uno strano essere senz’ali. Giallo e nero, saldamente tenuto in posizione, l’artropode infernale parrebbe in linea con l’aspetto di un pericoloso mostro xenomorfo del film Alien. Anche perché, proprio come quest’ultimo, oltre a mordere, rilascia della copiosa saliva rossiccia, la sua secrezione di riconoscimento. O pre-digerimento?! Difficile immaginarsi al posto di una mano tanto sfortunata: la passione per la scienza, come l’amore, non ha altri occhi se non quelli della mente. Però tutti, se davvero ne hanno voglia, trovano l’animale domestico dei propri sogni di bambino…
I weta, che prendono il nome da una parola invariabile della lingua māori, sono grandi all’incirca quanto un cucciolo di chihuahueño. Ma definirli in questi termini, in effetti, non gli rende davvero giustizia. Giacché il cane messicano per eccellenza, tozzo e compatto, è il più piccolo rappresentante della sua specie. Mentre gli insetti in questione, parenti prossimi della cavalletta verde o del grillo talpa, sono mastodontici e mostruosi, corazzati, spiniformi e battaglieri. Per secoli padroni delle proprie isole a largo della costa neozelandese, tra cui le Mercury o le Poor Knight’s, sono cresciuti a dismisura, privi di nemici naturali, fino ad estendere il proprio areale lungo le propaggini del continente. Caso limite: il weta gigante, il cui nome scientifico Deinacrida significa in greco “cavalletta terribile”, può pesare fino a 35 grammi ed ha una lunghezza massima di 10 cm, antenne e zampe escluse. È più grande e pesante di un comune passero europeo – ma vegetariano ed altrettanto inoffensivo. Almeno in teoria.
Oggi suddivisi nelle due famiglie AnostostomatidaeRhaphidophoridae, questi graziosi  esseri occupano una vasta varietà di ambienti, tra cui foreste, caverne o le alte colline del Rock and Pillar Range vicino Dunedin, nell’Isola del Sud. In tale luogo ventoso, che in inverno può scendere fino a i -10 gradi Celsius, l’Hemideina maori sopravvive grazie a un espediente assai particolare. La sua emolinfa, il fluido che circola nell’organismo, è arricchita di una particolare proteina, che funzionando da anti-gelo gli impedisce di ghiacciarsi. Sono molte le soluzioni per essere lasciati in pace… Ma non tutti i weta sono tanto rustici e solitari. Non è infatti insolito, tra gli ambienti urbani di Auckland o Takapuna, di incontrare un parente prossimo di quel montanaro che si aggira tra le case nella notte, in cerca di rifiuti da addentare con le possenti ganasce masticatrici. Una famigliola di tali creature se lasciata prosperare, come tutti gli altri insetti,  può ben presto aumentare di numero a dismisura. La loro tana simile ad un tunnel, scavata nel tronco degli alberi o di un legno messo appositamente nel giardino, viene definita un weta motel e può contenere fino a 10 femmine oltre a un maschio, sempre ben disposto a riprodursi. Questi mostriciattoli non sono velenosi  né pericolosi per l’uomo. Benché se messi alle strette, in caso di necessità, siano in grado di difendersi. Persino dal gatto,  l’arcinoto terrore di tutte le cose più piccole di lui. Come mostrato nel seguente video…

Weta 1

Osservare questo lillipuziano mentre tenta di spaventare il titanico felino ispira un senso di coinvolgimento e appartenenza, che risuona delle saghe epiche o degli anime come Attack on Titan, loro moderna equivalenza. Sollevando le zampe spinose, l’insetto non si perde d’animo, ma piuttosto scaturisce dalla fessura nel patio di MisterPoof (questo il nome del quadrupede peloso) con la baldanza di chi ben sa come, arrendendosi, sarà perduto. La tecnica difensiva del terrore con sei zampe, largamente inefficiente, consisterebbe nel tentare di graffiare gli occhi dell’avversario, per poi morderlo in qualche maniera. Il gatto invece allunga pigramente un po’ la zampa, prima di decidersi a fare lo sforzo di distruggerlo, nonostante quanto sia bizzarro all’apparenza. È purtroppo noto il modo in cui l’introduzione dei mammiferi domestici europei, nonché del sempre terribile ratto nero delle imbarcazioni, abbia grandemente ridotto la popolazione dei grandi insetti delle isole del Pacifico, che si erano sviluppati, tanto grandi e poco agili, proprio in funzione della loro assenza. Tuttavia, nel caso specifico, il coraggio del weta sarà ripagato: dopo aver ripreso la scena per il nostro intrattenimento, il proprietario della casa, e del gatto, chiaramente interverrà. O così pare, sul finire della scena.
Chissà come sarebbe andata, se invece di quel comune grillo degli alberi, ci fosse stato il vermiglio weta zannuto, versione carnivora dello stesso combattente. Costui, che si nutre prevalentemente di vermi e altri insetti più piccoli, è inoltre dotato di due vistose zanne, usate nel combattimento tra maschi, per aggiudicarsi l’attenzione di una possibile compagna. Forse il suo aspetto formidabile avrebbe maggiormente spaventato il gatto. Tutto è possibile, nel regno della fantasia!

Weta 5
Motuweta isolatavia

I weta non sono gli insetti più grandi del mondo, anche se ci vanno assai vicino. Tale primato spetta, piuttosto, ad alcuni coleotteri della Foresta Amazzonica, che la percorrono sbuffando e masticando, soltanto per pochi giorni ogni parecchi anni. Dopo una vita trascorsa sottoterra come larve. Ma quelli, troppo occulti, non li vede mai nessuno! Ben diversa è la storia di un essere come questo, tanto prossimo alla civiltà umana da conviverci, addirittura. Alcune persone, maggiormente affini alle creature atipiche, questi artropodi se li scelgono come beniamini domestici. Un weta vive anche due anni, durante i quali cambia il suo esoscheletro fino a dieci volte. Vederlo crescere e riprodursi, da scricciolo che era, costituisce il perfetto coronamento di un terrario, la ciliegina sulla torta di qualunque entomologo da cortile, disposto a favorire la futura prosperità di questa stirpe di indomabili camminatori.
Il fenomeno del gigantismo insulare, implicazione del darwinismo, ha prodotto molte stranezze evolutive, aberrazioni del concetto stesso di sopravvivenza. Un tempo, i weta sopravvivevano perché erano completamente soli. Fino ad ora, ce l’hanno fatta grazie all’innata forza ed al coraggio. Per il domani, chi lo sa. Forse li aiuterà quella bellezza insolita di cui sono graziati, interagendo con la nostra passione per l’estetica apparenza.

Weta 2
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Weta 3
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Weta 4
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