I sassi d’Oriente che saziano la fame…Spirituale

Banchetto delle pietre
Via

L’arenaria tagliata a fettine, con il suo gusto corposo, costituisce un primo ideale, purché adeguatamente condita mediante l’impiego di graniti ignei metamorfici, riconoscibili da quel tipico retrogusto, lievemente piccante. Il cupo basalto afasico ricorda il pesce di fiume. Arricchitelo con preziose spezie di porfido, possibilmente della tipologia riolitica, insaporitelo quindi con pezzetti di feldspati e miche. Marmi e quarziti saranno il vostro dessert: illuminati di traverso dal sole splendente del Sichuan,  la loro superficie cristallina vi apparirà simile a quella di candide meringhe, dal cuore segreto ripieno di fluida e magmatica cioccolata. Che nessuno si azzardi, però, a mettere in bocca uno di questi durissimi manicaretti. A meno di avere un piano dentistico d’eccezione e anche allora… Soltanto un flipper potrebbe digerirli. Perché l’appetitosa tavola imbandita inquadrata nella foto, nonostante le apparenze, contiene del cibo materialmente indigesto. Si tratta del pezzo forte del museo delle pietre di Yinchuan, capitale della provincia del  Ningxia, che vorrebbe rappresentare il pantagruelico banchetto di Manhan Quanxi; un evento storico, risalente al XVII secolo, in cui si tentò l’approccio diplomatico più significativo tra la dinastia cinese dei Qing e i loro vicini del nord, i popoli Manciù. Secondo la leggenda, in tale occasione vennero serviti 108 piatti impareggiabili, con ingredienti raccolti da ogni angolo del paese. Ancora oggi, nelle grandi occasioni, è usanza servire un’approssimazione moderna di tale pasto divino, nonostante molti degli animali sul menù siano ormai a rischio di estinzione.  Naturalmente, non mancano le alternative. Questa di usare la pietra, contrariamente alle apparenze, non è un semplice scherzo fine a se stesso. Proviene anzi da un tempo molto lontano…

Leggi tutto

360 ore per costruire un palazzo di 30 piani

Broad Group

Questo palazzo di uffici della compagnia cinese Broad Group è comparso da un giorno all’altro di fronte al lago Dongting, nella regione dello Hunan. Emerso con la velocità di un vulcano. Una o due generazioni fa tale impresa sarebbe stata considerata impossibile, per non parlare di un tempo ancor più remoto. Opera del demonio! Si dice che molte volte, soprattutto in Italia, l’anima immortale di un muratore o capomastro venisse concessa in cambio di una qualche creazione architettonica, edificata dal maligno in persona nel corso di una sola notte, con i suoi poteri sovrannaturali. In Asia, che io sappia, non c’è un mito corrispondente; nel caso delle grandi opere apparentemente impossibili, secondo quanto delineato nei codici comportamentali del Confucianesimo e del Taoismo, ciò che si celebra è unicamente il laborioso industriarsi di tutti coloro che hanno compiuto l’impresa. Allo stesso modo degli appartenenti all’etnia del popolo dei Miao, coloro che nell’antichità seppero costruire le prime risaie di questi luoghi straordinariamente redditizi, graziati dal fango fertile del Fiume Giallo, o ancora come gli strateghi conoscitori delle teorie guerresche di Sun Tzu, che in tutto l’Oriente fecero edificare grandi castelli e fortificazioni nei tempi stringenti dettati dalla necessità, le maestranze del Broad Group saranno, per gli annali della storia, coloro che diedero forma alle chimere di una mentalità ambiziosa, futuribile. Con una sola, significativa differenza: questi moderni individui avevano la tecnologia dalla loro. E i pezzi arrivavano già pronti, neanche facessero parte di un colossale gioco di mattoncini colorati.

Leggi tutto

L’abbuffata del famelico vagabondo-uccello

Honk

Felix Colgrave è il disegnatore di alcuni fantastici cartoni animati, degni di occupare a pieno merito la “parte strana di YouTube”. I suoi concisi lavori, dallo stile buffo e inconfondibile, dimostrano il modo in cui persino tale favoleggiato luogo digitale, sede di astruse visioni e inspiegabili video-vicende, possa ospitare spunti di approfondimento e ricche considerazioni esistenziali. Il titolo del corto, questa volta, è semplicemente HONK, onomatopea che dovrebbe rappresentare il tipico verso del gabbiano. Perché qui, di gabbiani, ce ne sono di ben due tipi: quello classico e un altro, assai più particolare. Gli esseri umani amano ogni tipo di classificazione e suddivisione tra i regni naturali, tanto che un tempo erano soliti applicarne di simili anche a se stessi. Non a caso diverse antiche civiltá, da Oriente ad Occidente, avevano la caratteristica di essere organizzate in caste, con una netta separazione tra nobili, gente comune e tutti coloro che venivano considerati, per le ragioni più diverse, indegni. Ci sono molti nomi, nel mondo, per questi individui sfortunati: i paria indiani, ovvero gli intoccabili, l’etnia discriminata per eccellenza. I burakumin giapponesi, coloro che si occupavano di compiti considerati impuri, i cui discendenti ancora oggi faticano ad integrarsi. Le popolazioni medievali delle regioni basche, al confine tra Francia e Spagna, costrette ad indossare sgradevoli distintivi di riconoscimento. Oggi si cerca costantemente di muoversi oltre simili pregiudizi. Eppure basta guardarsi intorno per rendersi conto che, nonostante tutto, i fuori casta esistono ancora. Sono i disoccupati senza prospettive, i mendicanti, i senzatetto, i vagabondi… Tutti coloro che sopravvivono ai margini del mondo cosiddetto civile, dimenticati dalla società. Avete mai visto qualcuno dare da mangiare agli animali randagi, mentre poco più in là un povero soffriva la fame? Questa potrebbe dirsi, attraverso la fantasia di un giovane artista australiano, la giusta rivincita del karma.

Leggi tutto

Sculture che si trasformano in lanterne cinesi

Li Hongbo
Via

La carta è un materiale che facilmente trae in inganno l’intelletto umano. Bianca come marmo, opaca oppure lucida, suggerisce un senso di fondamentale impermanenza. Poiché leggera, sembra delicata, effimera. Nell’uso quotidiano, si strappa e rovina facilmente, oppure si macchia e finisce per perdere ogni utilità. Statue di marmo e bronzo, nate dall’opera di antichi artisti, sono giunte a noi attraverso secoli di polvere e maltrattamenti; mai, fino ad ora, qualcuno aveva scelto d’infondere la sua sapienza scultorea nella mera carta. Li Hongbo, ispirandosi alla struttura a nido d’ape di un certo tipo di lanterne cinesi, quelle dette “a zucca”, spesso usate nelle feste dei bambini, incolla l’un sull’altro queste migliaia di fogli, per poi cesellarli e limarli con una fresetta elettrica, riuscendo così, dopo mesi di lavoro, a ritrarre un qualche tipo di soggetto. Quindi, nel momento della verità, basta un colpetto per compromettere il preciso baricentro di una di tali creazioni, causandone l’inarrestabile dispiegamento vermiforme. Ma una volta rimessa in ordine la strana molla slinky in cellulosa, tutto torna come prima. Fluidità delle forme non sempre significa disfacimento, anzi talvolta crea diverse chiavi d’interpretazione. Queste teste allungabili, serpentine, nascondono l’abilità di cambiare aspetto da un momento all’altro. Proprio come gli esseri fantasmagorici di un racconto surreale.

Leggi tutto