Il virus che zombifica i tentacoli delle stelle marine

L’oceano è una voragine ricolma di terribili misteri e questa, fra le tante, ne è una prova estremamente chiara: cerchiamo di descriverla con un’analogia. Un individuo torna a casa dopo una giornata di lavoro, affamato perché non ha avuto tempo di pranzare a dovere. Prima di mettersi ai fornelli, tuttavia, si sdraia per qualche minuto sul divano. Durante il sonnellino, mentre la coscienza è sopita, il suo braccio assume vita propria, si separa dal corpo e inizia a camminare fino al frigorifero, trascinato in avanti dalle dita della mano contorte nella forma di un artiglio. Un metro, due metri, quindi faticosamente, l’arto autonomo spalanca lo sportello bianco e inizia ad afferrare tutto ciò che gli capita a tiro. Parte delle vivande cadono a terra con un tonfo sordo, il resto si accumula in corrispondenza di una spalla inesistente. È più o meno a quel punto, che il corpo immobile comincia a liquefarsi. Non è una puntata della famiglia Addams. E neppure un racconto appartenente al myhtos lovecraftiano di Cthulhu, in cui oscure divinità extraterrestri influenzano da millenni la storia dell’umanità. Ma esattamente come in questo secondo caso, si tratta di un orrore proveniente dal profondo, talmente inspiegabile da sfuggire anche alla scienza, benché diverse spiegazioni siano state azzardate, ed almeno un (vago) rapporto di correlazione, definito. Il fatto è che nel mare c’è QUALCOSA. Che periodicamente negli ultimi 40 anni, in almeno tre occasioni, si è scatenato sull’intera popolazione di una classe d’animali estremamente pacifica ed inoffensiva, decimandone in modo spietato la popolazione. Ed ora è dal 2013, anno più anno meno, che l’influsso malefico ha raggiunto un grado di spietatezza precedentemente inusitato, arrivando a ridurre nell’intera costa orientale degli Stati Uniti la popolazione delle Asteroidea (le adorabili stelle marine) di fino al 90% rispetto al totale pregresso.
La decorrenza di quella che viene correntemente definita SSWS (Sea Star Wasting Syndrome) è progressiva, ma estremamente rapida. Si comincia con un singolo esemplare, membro di una popolazione apparentemente del tutto in salute, sul quale compaiono delle lesioni biancastre, che coinvolgono lo strato dell’endoscheletro protettivo tipico del phylum degli echinodermi. Quindi l’animale diventa passivo, in quanto l’intero sistema linfatico che gli permette di mantenere l’equilibro, ridistribuendo i liquidi all’interno, cessa essenzialmente di funzionare. Giunti all’apice di questa fase si sviluppa la fase più inquietante della malattia, dimostrata poco più sopra grazie all’assistenza di dell’orribile similitudine umana: alcuni degli arti della stella sembrano guadagnare una propria volontà, e iniziando a tirare grazie alle centinaia di peduncoli presenti nella loro parte inferiore, si strappano via letteralmente dal corpo centrale, la parte dell’animale in è sita la bocca. Ora la capacità di alcuni appartenenti a questa particolare classe di creature di rigenerarsi, si sa, è letteralmente perfetta. Basta un singolo braccio (o “tentacolo”) affinché le istruzioni genetiche contenute all’interno delle sue cellule possa riuscire ipoteticamente a ricostruire tutto il resto del corpo, avendo effettuato a tutti gli effetti la riproduzione asessuata. Spesso, determinate specie usano una tecnica simile per sfuggire ai predatori, lasciandogli in pasto una parte di se alla maniera delle lucertole di terra. Ma non tutte le stelle marine possono farlo, e comunque, in presenza di un evento di SSWS anche questa manifestazione dell’animale tende ad avere una vita molto breve. Il tentacolo separato dal corpo, del resto, non può nutrirsi, e dovrebbe sviluppare uno stomaco in un tempo estremamente breve. Di certo, non quanto quello dello sguardo della morte in agguato.
Da osservatori guidati dalle proprie idee spontanee, molti abitanti e sub appassionati degli Stati Uniti e altrove hanno elaborato una teoria. Che nei fatti, risulta simile ad un’ammissione di colpa, elaborata in nome dell’intera umanità: l’insorgere di questa mutazione deleteria potrebbe derivare soltanto dall’incidente della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, colpita dal devastante terremoto e tsunami nel 2011, soltanto due anni prima dell’insorgere della nuova epidemia. Questo, tuttavia, non spiega l’insorgere di situazioni simili, benché meno gravi, verificatosi nel ’72 e nel ’78, a meno di non voler ricorrere a un generico “I mari sono inquinati, è naturale che stiano morendo.” Che è un pensiero utile, a suo modo. Ma non risolve la questione in oggetto….

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Trovata una creatura al confine tra le piante e i pennuti

Feather Star

Micronesia, terra di occasioni ed opportunità: mille cose da fare, da vedere e da provare! Tra cui, guarda caso, la guerra. Scegliendo un punto d’approdo in prossimità dell’isola di Fefan, dopo essere stati colpiti da un bombardamento americano e un paio di siluri oppure sei, per tentare di effettuare le riparazioni d’emergenza al proprio scafo, consegnando nel frattempo il proprio carico di fondamentale petrolio alla base della laguna di Truk. Esattamente come recita la cronistoria della Shinkoku Maru, una nave da trasporto e assalto giapponese che dopo aver partecipato alle battaglie di Rabaul, Darwin, Java, Columbo e Midway, si ritrovò in questo luogo nell’agosto del 1942, all’apice del grande conflitto che si trovò a sconvolgere l’Oceano Pacifico verso la metà del secolo scorso. Soltanto per ricevere, in modo del tutto non-intenzionale, il dono di una fine rapida e indolore: perdita totale del battello con affondamento immediato, proprio nel centro del punto di approdo della flotta combinata. Distruzione, si. Annientamento, senz’altro. Morte…Soltanto sull’immediato. Perché se c’è una grande realtà sull’Oceano tutto, e in particolare quello sub-tropicale delle terre isolane d’Oceania, è che il propagarsi delle cellule degli organismi non ha mai una fine. E se soltanto dovessimo smetterla, in un giorno futuro, di preoccuparci della sopravvivenza di questa o quella specie in particolare, ci renderemmo conto che l’umanità non è davvero nulla, al confronto della varietà prolifica delle infinite creature, che si moltiplicano senza criterio, né controllo. Giungendo a sovvertire il senso stesso delle nostre presuntuose classificazioni.
Così il rottame grigio giacque, dal quel giorno ormai distante e per un tempo di 75 anni. Abbastanza al fine di lasciar trascorrere tre o quattro delle nostre generazioni, a voler starci strettini, ma che basta per dozzine, oppure centinaia, dal punto di vista di determinati abitanti degli abissi, queste creature biologicamente semplici, che hanno seguito un’altra strada dell’evoluzione. Diventando, sopra ogni altra cosa, straordinariamente ADATTABILI. Ed allora un ponte di prua, trasformato nella sommità di una barriera corallina. Ed alghe, piante e piccoli paguri. E pesci. E fiori. Per non parlare della danza artistica, piuttosto inefficiente e variopinta, del crinoide disturbato da un visitatore, Tyler Phillips l’autore del video, mentre era intento a riposarsi sulle innumerevoli diramazioni semi-solide di una colonia di gorgonie, micropolipi dall’esoscheletro perfettamente condiviso. Nonché parenti stretti della stella piumata stessa, se così vogliamo veramente chiamarla (in fondo, lo fanno tutti) che una volta staccata forzosamente dalla sua elevata residenza, ricade immobile sopra il fondale. Esitando per un paio di secondi, prima che i suoi limitati gangli cerebrali non producano il segnale, probabilmente non del tutto errato, di: “Pericolo! Pericolo! [qualcuno osa toccare!]” Attivando un caratteristico modo scomposto di agitare i suoi molti bracci penta-simmetrici in un gesto che qualcuno ha anche il coraggio di definire “nuoto”, nonostante paia più un galleggiamento a propulsone solo parzialmente prevedibile. Una fuga rotolante e, se non proprio velocissima, di certo drammatica. Comunque sufficiente a lasciare basiti i principali predatori della bestia in questione, gli acuminati ricci di mare. Mentre l’effetto avuto sull’imprevisto spettatore umano, a conti fatti, appare alquanto deleterio: ciò che un simile spettacolo non può che indurre in lui, e noi che lo guardiamo da lontano, è un senso assoluto di stupore e meraviglia. Illuminate dalla luce della torcia, le propaggini tentacolari dell’animale sfolgorano di un rosso brillante. I loro innumerevoli peduncoli, successivi e paralleli, gli donano un aspetto inaspettato, del tutto simile a quello di foglie o di piume. Difficile non porsi, per lo meno nella mente, la questione emblematica del: “COSA-diamine-Sei?”

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