L’artista giapponese che crea immagini dalla scrittura

Kaoru Akagawa

L’arte digitale ci ha insegnato che tutte le immagini presentano un aspetto imprescindibile e costante: la scomponibilità. Le rappresentazioni visuali di ogni tipo, infatti, possono venire suddivise in parti sempre più piccole e per nulla indipendenti. Settori, dettagli, puntini e infine pixel, la loro frazione minima e più indivisibile; ciò che potrebbe definirsi l’atomo della grafica, almeno quando s’impieghi il microscopio di un PC. Kaoru Akagawa sfida questa definizione con la sua particolare versione della pittura tradizionale giapponese, in cui le figure vengono assemblate gradualmente non più da singole frazioni prive di significato, ma con sequenze di lettere e parole della sua lingua; il metodo prevede sostanzialmente file verticali dell’alfabeto hiragana, disposte ad arte e dal tratto più o meno spesso a seconda dei casi, in grado di comporre mediante l’impiego esperto della loro forma naturale le linee riconoscibili di fiumi, foglie, strade… Persino la famosa grande onda di Hokusai. Si tratta della più originale unione tra antiche tradizioni e sensibilità moderna. Lo stile inconfondibile dello shodō che incontra quello dell’arte figurativa, usati insieme per creare ciò che lei stessa definisce sul suo sito, con un neologismo multilingua, Kana de l’Art. O per usare il nome del canale di YouTube che ospita il video, vera e propria avant-garde.
Un tipo di creazione che, a mio parere, si potrebbe giungere a identificare come una più meritevole ASCII art, la procedura informatica diventata celebre agli albori di Internet, che si usa per creare immagini con le sole lettere della tastiera. Ma trasferita totalmente in un mondo fisico e tangibile, fatto di inchiostro, pennello e un singolare quanto affascinante talento individuale.

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Le buffe reazioni a catena di una serie TV giapponese

Pitagora Switch

La semplice gravità, per sua natura, non sembrerebbe appartenere all’ambito delle forze più creative e imprevedibili. Una sfera su uno scivolo cadrà inevitabilmente verso il basso, il pendolo continuerà la sua oscillazione per un tempo tutt’altro che infinito, i pezzi del domino messi in fila, disposti per la loro tipica caduta controllata, si sdraieranno sempre sullo stesso lato. O almeno questo è ciò che avviene in assenza di un secondo ingrediente: l’ingegno. Perché è pur sempre possibile cambiare lo stato di partenza, creare un’ambiente speciale in cui la fisica della materia venga mediata da fantasia e voglia di divertirsi. Per usare il termine statunitense, una macchina di Rube Goldberg. L’incredibile e mai codificata invenzione che dall’apparente disordine esegue compiti precisi e funzionali…benché preferibilmente inutili. Come far comparire improvvisamente, da un qualcosa d’ineffabile, il titolo di questo programma della TV giapponese, PitagoraSwitch. Si tratta di una serie in onda dal 2002, con episodi della durata di 15 minuti. Una trasmissione che utilizzando questi divertenti sketch, inframezzati da dialoghi tra buffi e colorati personaggi, ha lo scopo di far conoscere ai bambini le scienze dei fenomeni e degli esperimenti razionali.

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Il tunnel di Osaka che passa attraverso un grattacielo

Gate_tower_building3
Via

Guidando sulla seconda superstrada più famosa del Giappone, potrebbe capitare di scorgere all’orizzonte questo palazzo alto 16 piani, dalla forma particolare e interessante. Impegnati nel compito tutt’altro che intuitivo di guidare tenendo la sinistra, difficilmente gli presteremmo una particolare attenzione: la concezione urbanistica di Osaka ha del resto uno sviluppo particolarmente verticale, che non prevede l’uso di ampi spazi tra sopraelevate e le mura insonorizzate di uffici e appartamenti. A 500 metri di distanza penseremmo allora che, sicuramente, più avanti ci sarà una svolta per girarci attorno. A 250, poco prima di una curva a S intorno al suo fratello maggiore, saremo certi di stare per passarci talmente vicini da poter salutare i suoi occupanti. Poi, d’improvviso, l’allarmante realizzazione: per qualche inconcepibile motivo, la strada sta puntando dritta contro l’edificio. Dentro l’edificio. Il fatto è che, a partire dal 1992, tra il quarto e l’ottavo piano del palazzo c’è un buco, e le macchine ci passano attraverso. Questo è il Gate Tower Building, detto “l’alveare”, un grattacielo con il tunnel incorporato. Come le sequoie del parco nazionale di Yosemite.

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Sinfonie d’asfalto: la strada canterina che conduce al monte Fuji

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Chi non scala il Monte Fuji almeno una volta nella vita è uno stolto, recita la prima parte di un proverbio giapponese. Un detto che si può tranquillamente intendere in senso letterale, perché la più famosa delle tre montagne sacre è un luogo affascinante in cui natura e tradizione s’incontrano a formare panorami memorabili, del tutto unici al mondo. O forse invece, come spesso capita nei detti popolari, il significato vero va cercato nella valenza più profonda di tale concetto: si potrebbe intendere che il senso comune, l’abitudine, possano portarci solo fino a un certo punto e qualche volta ci sia il bisogno di superare se stessi, stupirsi, metterci alla prova e cambiare le regole fondamentali del nostro quotidiano. Come fece probabilmente l’ingegnere stradale Shizuo Shinoda, inventore del più lungo strumento musicale al mondo, una striscia d’asfalto costruita con accorgimenti particolari che, guidandoci sopra alla giusta velocità, riprodurrà con efficacia l’intera sequenza di un’articolata e riconoscibile melodia.

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