Affermò la profezia: “E quando il destino dovrà compiersi, il giorno si trasformerà in notte, e il normale ciclo diurno sembrerà finire prima dell’ora del tramonto.” Tipico è il fenomeno dell’eclissi, benché relativamente raro, e dotato di una causa che oggi comprendiamo molto bene. Ma la danza degli astri non risulta in alcun modo rilevante, per il modo in cui un particolare tratto di costa, lungo la parte meridionale del canale di Bristol, ha avuto modo di sperimentare (per la seconda volta) un incupirsi dei raggi solari per alcune ore nel corso di una recente, fatale contingenza ingegneristica. Culminate con l’abbassamento della fluttuante barriera dal diametro di 47 metri in posizione sul cilindro in acciaio e cemento, concepito al fine di sfruttare l’energia potente del processo di azione e reazione su una scala molto più ridotta di quella usuale. Nucleare, sostanzialmente, ovvero pertinente a quella parte più infinitesimale della particella basica della materia, per cui l’Inghilterra fu pioniera già dalla metà del secolo scorso. Costruendo alcune delle prime, più potenti e valide centrali energetiche sul ciglio della propria isola dal territorio ineguale. Luoghi come il primo (1957) ed il secondo (1967) dei reattori ad Hinkley Point, dal principio di funzionamento conforme alle trascorse generazioni di quest’ambito della tecnologia contemporanea, in cui la sicurezza delle operazioni è forse ancora più importante della quantità di flusso elettrico generato, il che avrebbe portato in seguito alla dismissione degli impianti in favore di soluzioni costruite in decadi più recenti. Un epilogo, in effetti, toccato negli ultimi anni ad altre sei installazioni comparabili, il che non significa che il paese abbia intenzione di abbandonare la generazione d’energia basata sulla fissione, come largamente esemplificato dal progetto ormai più che decennale del cosiddetto Hinkley Point C. Giganteggiante complesso, adiacente a quello che ormai aveva fatto il suo tempo, che dovrà consistere entro il 2031 di due reattori progettati in Francia del tipo EPR (ad Acqua Pressurizzata Europea) da 3,2 gigawatts complessivi, corrispondenti al 7% dell’intero fabbisogno elettrico della Gran Bretagna. Potendo alimentare in altri termini un gran totale di sei milioni di case, per un periodo approssimativo di ulteriori 60 anni. Una vera e propria “sicurezza energetica” per il paese dunque, come scritto sulla stessa cupola oggetto del sollevamento, affinché tutti potessero prenderne atto mentre scrutavano, da molti chilometri di distanza, il tragitto compiuto dal ponderoso oggetto verso la sua destinazione finale. Senza dimenticare di prendere atto, nel contempo, dell’elevato meccanismo, collocato nel cantiere ormai da molti anni e che potremmo definire una delle macchine che meglio rappresentano gli eccessi dei nostri giorni: SGC-250 alias Big Carl, la gru terrestre più imponente al mondo…
Costruita e trasportata in posizione, prima di essere di nuovo assemblata nella sua gialla forma svettante finale dalla compagnia belga Sarens, il mostro in questione rappresenta di per se già una meraviglia ingegneristica quasi del tutto priva di precedenti. Con un’altezza da terra massima di 250 metri ed una capacità di 5.200 tonnellate, movimentabili entro un raggio di 40 metri grazie al suo anello centrale girevole, che incorpora 96 ruote individuali utilizzate ripetutamente per spostarla grazie ai 12 motori nei diversi punti del vasto cantiere di Hinkley Point. Per il sollevamento dei numerosi elementi pre-fabbricati, molti dei quali detentori di record mondiali, facenti parte dei diversi aspetti che compongono l’abnorme, non meno avveniristica centrale nucleare inglese. Vedi i cinque macro elementi che compongono ciascuna cupola degli edifici principali, assemblati effettivamente in-loco e quindi sollevati come un tutt’uno inscindibile, atto a costituire il coperchio di una tale pentola dell’industria per agevolare la successiva fase del grande lavoro in corso, consistente nell’installazione degli impianti, la definizione degli spazi interni ed allo stato dei fatti attuali, l’introduzione dei ponderosi recipienti in pressione monoblocco dove dovrà avvenire la fissione dell’atomo, con conseguente attivazione delle turbine adiacenti. Esse stesse ospitate all’interno di edifici in cemento armato, le cui armature, tra le maggiori spostate in un solo pezzo, hanno raggiunto tale posizione tramite l’aiuto della svettante gru, Big Carl. Non senza mantenere un elevato grado di sicurezza operativa, conforme ad ogni standard vigente, nonché l’elevato grado di efficienza dei singoli passaggi del progetto, almeno finché si tenti di prenderli in considerazione separatamente l’uno dagli altri.
Questo perché l’edificazione di Hinkley Point C, un cantiere tanto vasto ed ambizioso da disporre ormai da anni del proprio servizio di trasporto pubblico per gli oltre 26.000 operai coinvolti nella sua costruzione, è ormai da lungo tempo fuori tempo massimo di consegna e ben oltre il budget prefissato, i quali prevedevano inizialmente l’anno 2025 per l’apertura e circa 18 miliardi di sterline complessive, allo stato attuale lievitate fino alla stima finale di 34. Questo per l’effetto della duplice inflazione generata dalla Brexit e pandemia da Covid, ma anche una sottostima significativa delle complessità inerenti in un progetto di tale portata. Ed in modo particolarmente inaspettato, l’evolversi delle norme e regolamenti interconnessi agli standard operativi della centrale una volta che diventerà operativa, trovandosi a dover incorporare per esempio dei sistemi di sicurezza per la sopravvivenza dei pesci che percorrono la zona della costa, molto probabilmente destinati ad essere risucchiati dai copiosi afflussi d’acqua necessari al raffreddamento futuro dei due reattori.
Sostanziale ed apprezzabile realizzazione dei molti avanzamenti compiuti in termini di usabilità del nucleare, grazie ai molti passi tecnologici compiuti dalla sua introduzione successivamente al secondo conflitto mondiale, i reattori di tipo EPR vengono dunque oggi considerati un esempio da seguire per la futura creazione di fonti energetiche collaterali, rispetto alle sempre più complesse e politicamente problematiche filiere di approvvigionamento dei carburanti chimici. In un mondo in cui l’energia sostenibile, in termini d’impronta carbonica capace di considerare l’effettivo sforzo costruttivo e di manutenzione in proporzione alla resa, semplicemente non si trova ancora nella posizione ideale che molti vorrebbero riuscire ad attribuirgli. L’esempio di Hinkley Point C, notoriamente guardato con interesse (cit.) dai sostenitori del ritorno al nucleare italiano, mostra quanto possa degenerare con un’amministrazione imperfetta la visione di costruire un qualcosa di tanto complesso, con cui praticamente ogni singola figura professionale coinvolta non ha mai avuto ragione né modo di confrontarsi precedentemente. Lasciando in posizione contrapposta le due familiari domande: “Possiamo davvero permetterci di ricercare l’elettricità all’interno di un processo volatile ed incontrollabile come la fissione dell’atomo stesso?” Subito seguìta da: “Possiamo permetterci di farne a meno?” Giacché come in ogni altro campo dello scibile contemporaneo, occorre un equilibrio che permetta di portare a termine la necessaria transizione verso fonti d’energia che possano essere al tempo stesso rinnovabili, nonché meno pesanti per l’ambiente che abitiamo. E sebbene il nucleare non sia in alcun modo, per ragioni implicite, dotato delle caratteristiche della prima categoria citata, resta comparativamente degno di essere annoverato nella seconda, previa individuazione di un sito di stoccaggio adeguato del carburante che ha esaurito la sua utilità transiente. Una criticità che d’altra parte condiziona, in molti modi, ciascuna delle attività connesse alle ragioni tanto problematiche del nostro beneamato Progresso.