Nel sogno, la natura è un circolo sfocato ai margini del campo visivo, intento a scorrere veloce mentre al centro svetta, inconfondibile e maestoso, il picco frastagliato di un distante punto di fuga. La mano sinistra lungo il fianco, a stringere una… Fune? Mentre in quella destra impugna il diafano bicchiere di un’imprecisata bevanda, del colore ambrato del mattino. Senza esitazioni, il bordo di quel recipiente si avvicina al labbro superiore, mentre gli occhi battuti dal vento ne scrutano la superficie, che ricorda un lago in piena estate per l’assenza pressoché totale d’increspature. Il paesaggio circostante addirittura accelera, piuttosto che rallentare, mentre il pregevole liquore scende nella vostra gola. Neppure una singola goccia, è andata sprecata.
L’esperienza non troppo irrealistica permane nella collettiva conoscenza di quel popolo, che più di mille anni a questa parte scelse di lasciarsi dietro guerre, conflitti e scorribande. Approdando con le proprie navi lunghe nel primo Nuovo Mondo d’Europa: un isola di ghiaccio, fuoco e accidentate valli tra una costa e l’altra punteggiata da colonie di foche. La ragione per cui al fine d’insediarsi, parte di quello spazioso spazio venne riservato dai Vichinghi alle loro preziose cavalcature. Equini delle Shetland, Highland, Connemara, Isole Faroe. Che sarebbero stati considerati al giorno d’oggi appartenenti alla categoria dei pony, almeno finché nei secoli a venire non avrebbero mischiato la loro discendenza con l’occasionale Fjord norvegese. Dando vita al concetto, tanto distintivo quanto persistente, dello Islenski hesturinn, un tipo di quadrupede selezionato attentamente dai coloni e in seguito scremato ulteriormente, dallo spietato processo naturale di selezione dovuto al clima rigido e l’ambiente inospitale d’Islanda. Uno “stato” privo di governo centrale o alcun tipo di sovrano per precludere gli errori futuri, dove tuttavia un’assemblea dei capi villaggio, la primordiale Althing, si assumeva il compito di scrivere una serie di leggi sul modello del sistema dei grandi regni settentrionali. Una delle prime tra le quali sarebbe stato nel 982 d.C. il decreto incondizionato per vietare l’importazione di nuovi cavalli, affinché la purezza della loro pregevole cavalcatura fosse preservata a beneficio delle generazioni future.
E così sarebbe stato, a giudicare dall’attuale fama e distribuzione dei discendenti di quella stessa linea di sangue animale, che oggi vanta oltre alla popolazione locale di 80.000 esemplari, altri 100.000 esportati in giro per il mondo, di cui 50.000 nella sola Germania. Noti per la loro resilienza, l’indole bonaria, la tenacia instancabile ed una caratteristica davvero particolare: il possesso di due addizionali stili di locomozione oltre ai tre comunemente posseduti da qualsiasi equino. La cui prerogativa è quella di massimizzare, oltre ogni più ragionevole aspettativa, l’implicita tendenza a mantenere stabile la posizione della sella e del cavaliere…
caratteristiche
Può un doppio stendardo compromettere l’aerodinamica del succiacapre africano?
Sul frinir della sera al compimento di un chiassoso meriggio africano, nel biodiverso Senegal e parte d’Etiopia, l’ideale scrutatore dei cieli può essere abbastanza fortunato da scorgere l’inconfondibile forma tripartita. Come un triangolo perfettamente regolare, flessuoso e mai invariabile, l’ombreggiata comunione di creature volanti; screziate di un marrone a strisce bianche, il becco piccolo, gli occhi tondi e scuri. IL becco, uno soltanto; giacche i corrispondenti vertici di ciascun fluttuante triangolo, uccelliformi meramente nell’aspetto, seguono da presso quello che costituisce alfine il “corpo” principale. Essendo questi ultimi delle corpose piume, e nulla più. Fluttuanti e liberi ornamenti, nulla più. Oh, Caprimulgide di un tipo vessillario, che scientificamente fu chiamato C. longipennis! (con sempiterno e furi luogo ironica reazione degli anglofoni, per l’assonanza del latino al termine evocante l’organo della metà maschile) Quale torturante, accidentato e del tutto imprevedibile tragitto evolutivo, ci ha portato all’esistenza esagerata di un simile “tratto” fenotipico? L’eccezione che conferma alcuna regola, giacché mai figura l’evidente o necessaria esistenza, di un simile bagaglio destinato ad alterare i flussi dell’aria che sovrasta i territori del Mondo. Guardatelo, come si muove, d’altronde: con la doppia piuma alare che figura in dimensioni pari o superiori ai 20 cm del resto dell’uccello, per di più essendo questi orpelli collocati al termine di lunghe aste, proprio come l’ornamento identitario da cui prendono il nome. Ma non c’è nazione cui egli voglia dare una rappresentanza, né particolari ideali politici o ideologici, bensì la singola e immancabile ambizione degli uccelli, far sapere al mondo che lui è qui, esiste e stoicamente riesce a fare quel che deve. Meritando al pari di chiunque altro di poter trovare, un giorno, la sua compagna.
Nonostante il persistente dubbio sulla serie di atipiche situazioni pregresse che hanno portato taluni succiacapre in giro per il mondo ad assumere siffatta configurazione somatica, possiamo facilmente trarre le evidenti conclusioni dal fatto che soltanto i maschi, ed unicamente nella stagione degli amori, sviluppino l’immenso strascico volante capace di renderli dei veri e piccoli pavoni volanti. Si tratta di selezione naturale attraverso l’ammirazione implicita della bellezza; poiché la partner potenziale ben conosce il modo in cui, a chiunque riesca di portare in giro tali ed ingombranti simboli di riconoscimento, non potrà di certo venir meno la forza. Un tratto genetico destinato, in modo imprescindibile, a trasmettersi alla sua prole notturna. Poiché nessuno capisce ed interpreta la genetica in maniera più efficace, di colei o coloro che ne ricevono il funzionamento come parte dell’eredità istintiva di cui sono i leggiadri depositari. Con il treno di eccellenti piume, e tutto il resto…
Non è una lucertola e nemmeno un drago. Sembra un dinosauro? No, tuatara
La presenza di un terzo occhio non è propriamente inaudita nella classe dei rettili. Organo sensoriale ausiliario, posizionato sulla sommità del capo, dotato di una retina e capace di percepire la luce e il movimento, esso possiede una funzione sopra ogni altra: rilevare il periodo dell’anno grazie alla percezione della durata dei giorni. Una capacità niente meno che fondamentale, per animali le cui uova vengono regolate termicamente, favorendo la nascita di un sesso in base alla vigente temperatura. Ancorché sia necessario sottolineare, a questo punto, come tale metodo decisionale abbia nella maggior parte dei casi uno scopo chiaramente definito: produrre più maschi quando la temperatura è fredda, ovvero in assenza di fonti abbondanza di cibo, per favorire la fecondazione seriale. Laddove il rapido tuatara neozelandese (Sphenodon punctatus) vede il suo metodo riproduttivo prevedere l’esatto opposto, per cui temperature al di sotto dei 20 gradi garantiscono una percentuale di femmine tra i nuovi nati pari all’80%. Simili creature, d’altra parte, hanno molti meno problemi a sopravvivere nei mesi freddi rispetto ai loro simili dei tempi odierni, con una capacità di mantenere caldo il proprio metabolismo superiore a quella degli altri esseri a scaglie, incluse le tartarughe, essendo adattati a vivere nell’entroterra delle isole dell’emisfero australe, dove gli inverni possono risultare rigidi ed estendersi per una durata significativamente superiore alla media dei tropici terrestri. Non per niente, stiamo parlando di creature tri-oculari appartenenti a un altro tempo! Considerate, a tal proposito, quanto segue: il nostro predatore lungo della lunghezza di un metro circa, il cui nome in lingua Māori significa “Becca la tua schiena” fu classificato nel 1831 come una lucertola agamide dal naturalista John Edward Gray, il che l’avrebbe resa imparentata alla lontana con le iguane del Nuovo Mondo. Finché 30 anni dopo, Albert Günther del British Museum non trovò nel corso dei studi di tale animale caratteristiche comuni a uccelli, tartarughe e coccodrilli. La creazione del nuovo ordine (non famiglia) dei Rhynchocephalia, fu dunque seguita dalla presa di coscienza di un fattore inaudito: il tuatara costituiva, a tutti gli effetti, l’ultimo esponente di un’intera linea di sangue perduta. Espressione evolutiva di un tipo di creatura non soltanto assai più antica del concetto di lucertola, ma precedente addirittura alla venuta dei dinosauri. I cui simili scomparvero da questa Terra, molto probabilmente, nel periodo del Triassico risalente a 238-240 milioni di anni a questa parte. Pur non costituendo dal punto di vista formale, come si usa dire in questi casi per la continuità dei fenotipi ereditati, un esempio inconfutabile di “fossile vivente”…
Il senso stesso della capra che ha (letteralmente) il ritmo della musica nel sangue
La “mucca per persone meno abbienti”, come veniva tradizionalmente soprannominata entro i confini del subcontinente ed oltre, avrebbe guadagnato una vera e propria dignità culturale nel Pakistan moderno soltanto successivamente al 2011, con l’istituzione del primo concorso dedicato grazie all’Università Agraria di Faisalabad. Diversamente da quanto avveniva in precedenza, con gli animali fatti competere in maniera secondaria nel corso di riunioni dedicate a bovini, ovini, cavalli. Occasione durante la quale oltre 700 esemplari furono valutati in base a bellezza, dimensioni, ubbidienza, produzione di latte e nel caso di una razza particolare, stile nella portare a termine la sfilata. Ciò in quanto nel paese confinante a sud con l’India, e soltanto in esso, figura la categoria del tutto creata dall’uomo di un tipo di quadrupede incline a mantenere la cadenza dei suoi passi ogni qual volta effettua spostamenti da un punto all’altro. Mentre fa oscillare in modo estremamente prevedibile la propria testa, coda e fianchi: non c’è grade differenza, in effetti, nel comportamento deambulatorio di queste creature rispetto a quello indotto negli equini durante le competizioni di dressage, tranne che in quel caso è compito del cavaliere dare inizio, continuità e fine ai passi di danza. Mentre per le capre Nachi, il cui nome in Urdu ed Hindi vuole dire letteralmente “Ballerina”, il ritmo è una condizione pura e semplice dell’esistenza, a tutti gli effetti l’unica maniera in cui possono vivere l’essenza pura e semplice dei propri giorni. Siamo qui al cospetto, volendo adottare un punto di vista oggettivo, ad una casistica piuttosto simile a quella delle capre miotoniche del Tennessee, selezionate tramite l’allevamento a partire dalla metà del XIX secolo proprio in funzione di un tratto genetico non necessariamente desiderabile, ma capace di renderle in qualche maniera contro-intuitiva interessanti, bizzarre o divertenti per l’uomo. Sebbene sia del tutto ragionevole affermare che lo svenimento di queste ultime nei momenti di eccitazione, caratteristica non del tutto inaudita in natura, possa in determinate circostanze risultare utile a scoraggiare o ingannare gli eventuali predatori. Mentre una delle loro cugine di quei lidi distanti, se lasciata in via del tutto ipotetica a se stessa, difficilmente potrebbe sopravvivere potendo fare affidamento sulle proprie limitate predisposizioni deambulatorie. Il che è d’altronde una visione del tutto ipotetica, quando si considera il valore rappresentato dagli esemplari puri di questa razza, detentori di una tecnica nel muovere le proprie zampe a tutti gli effetti senza pari, risultando impossibile da replicare altrove…