Può un doppio stendardo compromettere l’aerodinamica del succiacapre africano?

Sul frinir della sera al compimento di un chiassoso meriggio africano, nel biodiverso Senegal e parte d’Etiopia, l’ideale scrutatore dei cieli può essere abbastanza fortunato da scorgere l’inconfondibile forma tripartita. Come un triangolo perfettamente regolare, flessuoso e mai invariabile, l’ombreggiata comunione di creature volanti; screziate di un marrone a strisce bianche, il becco piccolo, gli occhi tondi e scuri. IL becco, uno soltanto; giacche i corrispondenti vertici di ciascun fluttuante triangolo, uccelliformi meramente nell’aspetto, seguono da presso quello che costituisce alfine il “corpo” principale. Essendo questi ultimi delle corpose piume, e nulla più. Fluttuanti e liberi ornamenti, nulla più. Oh, Caprimulgide di un tipo vessillario, che scientificamente fu chiamato C. longipennis! (con sempiterno e furi luogo ironica reazione degli anglofoni, per l’assonanza del latino al termine evocante l’organo della metà maschile) Quale torturante, accidentato e del tutto imprevedibile tragitto evolutivo, ci ha portato all’esistenza esagerata di un simile “tratto” fenotipico? L’eccezione che conferma alcuna regola, giacché mai figura l’evidente o necessaria esistenza, di un simile bagaglio destinato ad alterare i flussi dell’aria che sovrasta i territori del Mondo. Guardatelo, come si muove, d’altronde: con la doppia piuma alare che figura in dimensioni pari o superiori ai 20 cm del resto dell’uccello, per di più essendo questi orpelli collocati al termine di lunghe aste, proprio come l’ornamento identitario da cui prendono il nome. Ma non c’è nazione cui egli voglia dare una rappresentanza, né particolari ideali politici o ideologici, bensì la singola e immancabile ambizione degli uccelli, far sapere al mondo che lui è qui, esiste e stoicamente riesce a fare quel che deve. Meritando al pari di chiunque altro di poter trovare, un giorno, la sua compagna.
Nonostante il persistente dubbio sulla serie di atipiche situazioni pregresse che hanno portato taluni succiacapre in giro per il mondo ad assumere siffatta configurazione somatica, possiamo facilmente trarre le evidenti conclusioni dal fatto che soltanto i maschi, ed unicamente nella stagione degli amori, sviluppino l’immenso strascico volante capace di renderli dei veri e piccoli pavoni volanti. Si tratta di selezione naturale attraverso l’ammirazione implicita della bellezza; poiché la partner potenziale ben conosce il modo in cui, a chiunque riesca di portare in giro tali ed ingombranti simboli di riconoscimento, non potrà di certo venir meno la forza. Un tratto genetico destinato, in modo imprescindibile, a trasmettersi alla sua prole notturna. Poiché nessuno capisce ed interpreta la genetica in maniera più efficace, di colei o coloro che ne ricevono il funzionamento come parte dell’eredità istintiva di cui sono i leggiadri depositari. Con il treno di eccellenti piume, e tutto il resto…

Occasionalmente e comprensibilmente popolare su Internet, questa particolare varietà di succiacapre rientra nella rara categoria degli animali che sembriamo ben conoscere da lungo tempo, sebbene le nozioni effettive di cui disponiamo appaiano effettivamente limitate, in funzione della sua rarità, riservatezza e conseguente difficoltà nel portare a compimento studi scientifici presenti e/o futuri. Sebbene alcuni dati possano essere determinati per inferenza, essendo il genere dei Caprimulgidae, all’interno della più vasta famiglia dei Caprimulgiformes, ragionevolmente uniforme nelle proprie abitudini nonché il conseguente stile di vita. Tradizionalmente associato nel folklore europeo all’improbabile capacità di “succhiare il latte delle capre” nelle suggestive notti di luna piena, laddove tali uccelli figurano nella realtà dei fatti tra le schiere degli insettivori, catturati agevolmente in volo mediante abili manovre crepuscolari. Il che lascia sorgere naturalmente il sospetto che i maschi del vessillario, allo sviluppo del loro magnifico doppio segno di riconoscimento, debbano soffrire un certo grado di fame persistente ogni anno, paradossalmente proprio al palesarsi della stagione dell’abbondanza. E chi siamo noi, dopo tutto, per criticare la natura stessa? Mentre costoro eseguono le proprie evoluzioni create apposta per attrarre il gentil sesso, in una sorta d’informale lek, tecnicamente utile al pari di quello di volatili dalla struttura comunitaria ben più complessa.
Per il resto de tempo silenzioso come un gufo o una falena, grazie alla particolare conformazione delle proprie piume in grado di attutire le onde sonore, il succiacapre caccia dunque in conseguenza delle fasi lunari. Giacché è in proporzione con l’aumento della luce riflessa dallo spicchio crescente, fino alla gran circonferenza disegnata dalla Dea Selene, che un simile predatore può spostare l’ora del proprio foraggiamento più vicino alla mezzanotte. Quando i suoi nemici naturali dormono, un club temibile che include falchi, aquile, volpi, ermellini e corvi. Non che le automobili guidati dagli umani poco consapevoli, data l’abitudine di molte di tali specie ad aggirarsi placidamente sull’asfalto stradale ancora caldo successivamente al trascorrere delle ore diurne. Trappola di un tipo difficilmente quantificabile, difficilmente predisposta a ragionevoli profili di eventuale salvezza. Mentre ancor più problematico risulta essere il modo in cui simili abitatori della notte sono soliti nidificare, se così possiamo definirlo, deponendo meramente il proprio paio di uova ellittiche e riflettenti sul terreno stesso, in un punto sostanzialmente identico a qualsiasi altro. Il che spiega, almeno in parte, la crescente ed aneddotica rarità dei nostri amici, sebbene la specie in questione non sia stata ancora inserita in alcun indice dei profili di rischio internazionali. Il che non semplifica di certo, come potrete facilmente intuire, alcuna iniziativa organizzata per la sua conservazione futura…

Uccello migratore che si sposta a meridione per seguire le piogge, il caprimulgide vessillario ha per questo l’evidente propensione a comparire in zone differenti in base al periodo dell’anno. Il che significa che nei paesi più prossimi alla parte meridionale d’Africa, praticamente nessuno l’ha mai visto spiccare il volo con l’inconfondibile traino vibrante. Ragion per cui, probabilmente, il naturalista britannico George Shaw poté provvedere ad identificarlo unicamente nel 1796, quando venne inizialmente accomunato all’oggettivamente simile vessillario nigeriano (oggi noto come Caprimulgus vexillarius) dalle piume allungate che si estendono direttamente dalla parte esterna delle proprie ali. Un abbinamento che avrebbe in seguito contribuito ad avvalorare al creazione della famiglia, e corrispondente ordine cosmopolita dei succiacapre.
Ovvero la nazione di esperti predatori per cui, dopo tutto, la cui bandiera è la notte stessa. E non un semplice agglomerato di caduche penne, posto al termine di un rigido ed illogico, per quanto memorabile, pennone volante.

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