La vorace pinza che separa la biomassa delle cozze dalle proprie perpendicolari dimore

Svolgi un compito ripetitivo per 10 mesi ed i gesti inizieranno a sovrapporsi, diventando un solo fluido movimento. Fallo per 10 anni affinché l’economia dei movimenti, la precisione e la rapidità permetteranno agli altri di chiamarti finalmente “bravo”. Ma dopo una generazione o due, i tuoi eredi avranno voglia di cambiare musica e le regole del gioco. Cercheranno… Scorciatoie. Questa è la natura fondamentalmente utile della ricerca tecnologica frutto del pensiero umano, Mai pensato in questi termini? Perché faticare il doppio, se in quel tempo dedicato puoi raggiungere lo stesso obiettivo. Procedendo dritto verso l’obiettivo, grazie all’uso del perfetto meccanismo situazionale. Una barca, dopo tutto, ha sempre fatto parte del processo necessario a snudare una matrice di tronchi emergenti, le cui fronde sono le pulsanti, filtranti e rigide creature figlie delle onde e del sale. Ciò che cambia è solamente COSA trova posto su quel ponte, in mezzo a reti, remi, rande d’ordinanza. Laddove un pesante braccio semovente, a propulsione idraulica, si erge al giorno d’oggi per cercare il fondamento di quelle ore non troppo gentili. Ed è sempre un’esperienza, per turisti e osservatori d’occasione, scorgere l’oggetto terminale mentre cala sopra la foresta e serra i propri denti attorno alla tenace superficie bitorzoluta. Stringendoli dentro l’abbraccio del Demonio, riservato a chi ha raggiunto le ore necessarie all’interno di un particolare girone infernale.
Cambio di scenario, dunque. E via, verso il deposito che si apre dalla stiva oscura, per migliaia se non milioni di mitili, destinati a ritrovarsi sulla tavola di mezza Europa e non solo.
Ciò che abbiamo visto, in tale breve video d’apertura, altro non rappresenta in effetti che una scena quotidiana nel periodo tra giugno e gennaio, quando sulla costa dell’Atlantico francese (ed in minor misura, in Olanda e Belgio) si perpetua l’esperienza pluri-secolare di raccolta del Mytilus edulis o cozza comune, antonomasia al tempo stesso per mancanza di prestanza esteriore ed un piatto apprezzabilmente saporito, il cui aroma non può fare a meno di evocare nella mente immagini del vasto ed azzurro mare. Non che debba esserci per forza niente di poetico in questa raccolta, nevvero? A patto che si tratti di un processo sostenibile, che non danneggia l’ecosistema e l’ambiente, come ben possiamo dire del sistema cosiddetto a bouchot (recinto di pali) contrapposto al tipico allevamento sul fondale marino. Le cui radici affondano, a voler essere precisi, ben oltre i confini dell’ormai remota epoca medievale…

C’è in effetti un anno, un nome e una leggenda, utili a chiarire la disquisizione. L’uomo, citato nelle saghe popolari e menzionato retroattivamente nei trattati rilevanti, fu il marinaio irlandese Patrick Walton, naufragato in circostanze poco chiare nei dintorni di Aiguillon nel 1235 d.C, poco distante dall’odierna Bordeaux nella Francia sud-occidentale. Dove arrendendosi a una permanenza prolungata, per mancanza di alleati o validi compagni di avventura, si attrezzò al fine di sopravvivere imparando a catturare gli uccelli sul litorale. Questo il suo piano: reti esposte al vento, stese da una parte all’altra di alti pali conficcati nel bagnasciuga. Se non che dopo un periodo di studio e perfezionamento, non gli apparve chiaro come il più valido guadagno dell’azione svolta gli giungesse più che altro dalla zona sottostante al pelo dell’acqua. Dove schiere di nutrienti mitili incrostavano i legnosi supporti, offrendo un piatto sempre ricco all’ora di cena. Questa fu la nascita, così si dice, di un processo. Che d’altronde plurime località sulle coste di Francia tendono a rivendicare come proprio, tramite ogni sorta di documentazione o testimonianza, contribuendo al sostanziale senso d’incertezza di coloro che vorrebbero capirne la storia. Fatto sta che i moules (mitili) de bouchot si sono trasformati in tempi non sospetti in una vera e propria istituzione, essendo rinomati per sapore, purezza e relativa accessibilità dei costi a seguito dell’efficientamento della loro procura. Mediante una tecnica ormai da tempo invariata, che consiste nell’installazione di un tipo di reti molto più sottili di quelle utilizzate a suo tempo da Walton, tali da garantire la captazione dei veligeri, le larve di mollusco che trascorrono la prima parte della loro vita in viaggio alla ricerca di un sostrato utile a ospitare la loro forma finale. Affinché possano fermarsi e sviluppare un guscio, mentre il reticolo del bisso, sostanza filamentosa che permette loro di ancorarsi alle cose, garantirà che il corso delle onde non li riesca a trasportarli via dalla riva. Segue a questo punto un periodo, variabile tra i 2 e 4 mesi a seconda del clima e della regione, a seguito del quale gli addetti provvederanno ad arrotolare le reti formando una sorta di calze, per poi avvolgerle a spirale attorno all’ordinata schiera di pali in legno di quercia, castagno o più raramente, metallo zincato. È questo il momento dell’incannatura, cui fa seguito l’attesa più lunga: circa10-14 mesi fino all’ora lungamente predestinata. Dell’arrivo della pinza ed il violento, redditizio sradicamento verso gli istituti che conducono alla commercializzazione.

Ci sono a tal proposito diversi produttori, reperibili online, che si occupano della produzione di macchinari per la raccolta a bouchot, avendo recentemente introdotto nei propri cataloghi diverse variazioni della pinza fin qui discussa: Kramer Machine, CM Agro, Bakker nei Paesi Bassi. Ed è altresì piuttosto ragionevole immaginare che nei casi degli allevamenti più grandi, sistemi simili del tutto personalizzati ed autoprodotti possano essere stati implementati ad hoc. Stiamo in fondo parlando di un’estrema semplificazione metodologica e riduzione dei tempi rispetto al tradizionale approccio di raccolta manuale, in cui la rimozione dei fino a 300-500 Kg di cozze presenti su un singolo palo poteva richiedere ore, piuttosto che un paio d’istantanei minuti. Verso un miglioramento dei guadagni estremamente significativo ed immediato da valutare.
Così partendo da una tecnica antica e raffinata, si è passati all’uso di strumenti che sconvolgono il rapporto delle cause e degli effetti, alterando l’ordine iniziale delle cose. Che non fu mai, d’altronde, in alcun modo frutto di processi naturali, se non nella misura in cui essi furono sfruttati ed incanalati dall’uomo. Forse per questo nel caso specifico, non è immediato individuare un rovescio nella ponderosa medaglia del progresso. Fatta eccezione, possibilmente, per la perdita di posti di lavoro per i manovali grazie all’uso del mostruoso apparato che può sostituirne dozzine. Un po’ come sta capitando ovunque negli ultimi tempi, grazie alla robotizzazione sintomo dell’intelligenza artificiale. Ma il problema, in entrambi i casi, è il modo in cui la tecnologia viene impiegata dai padroni delle circostanze, piuttosto che l’implicita convergenza dei suoi singoli elementi costituenti.

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