Tra Orco e Sfinge, l’alto bastione costruito sulle Alpi per scrutare il cielo notturno

L’elevata concentrazione di edifici in un luogo giudicato fortemente ambìto tende a spesso a richiedere competenze ingegneristiche dall’alto grado di specificità. Il che trova sostanziale applicazione anche dove l’opera dell’uomo si erge solitaria, qualora il sito di riferimento sia eccezionalmente inaccessibile e/o remoto. Così come l’isola statunitense di Manhattan a New York, l’alto territorio delle Alpi Svizzere divenne sul principio del XIX secolo un punto d’incontro per pionieri, inventori e scopritori di cosa fossa effettivamente possibile, a fronte di uno studio sufficientemente approfondito sopra i tavoli della progettazione funzionale a uno scopo evidente. Con un preciso evento nobile ad aprire i giochi, nella possibilità presente: l’ascesa nel 1787 di Horace Bénédict de Saussure sulla cima del Monte Bianco. A diffondere l’interesse collettivo nei confronti del cosiddetto “Tetto d’Europa” motivando l’edificazione d’infrastrutture adeguate a renderlo accessibile, per quanto possibile, a coloro che intendevano sperimentare in prima persona l’emozione di una tale posizione di preminenza. Fu quella l’epoca, approssimativamente, in cui svariati picchi del paese assunsero dei nomi in qualche modo interconnessi alla mitologia della regione: luoghi come l’Eider (Orco/Orso) il Cervino, punta Parrot (Pappagallo) ed il Pilatus, anche detta la montagna del Drago. Chiunque dovesse salire sopra uno di essi al giorno d’oggi, tuttavia, e guardare in direzione della massiccio a forma di sella del Jungfraujoch, potrebbe ritrovare un qualche tipo di difficoltà a ricondurne la rocciosa preminenza della Sphinx (Sfinge) a forme familiari di eminenti statue egizie sulla piana di Giza. Questo perché sopra di essa, ormai da quasi cento anni, si erge un presenza in muratura sormontata da una cupola evidente; la diretta risultanza del sogno di un singolo uomo. Che riuscì a creare un’opportunità, dove vigevano nelle ore precedenti unicamente il dubbio e la titubanza.
Citiamo dunque il nome di Adolf Guyer-Zeller, industriale a capo di una ditta di opifici tessili del cantone di Zurigo, che aveva studiato economia e geologia a Zurigo. Una combinazione niente meno che ideale, per riuscire a coltivare e portare a compimento quello che potremmo definire il suo maggior lascito nei confronti della Nazione: il copioso investimento nelle ferrovie durante il corso della seconda metà dell’Ottocento. Con un particolare occhio di riguardo all’avveniristica Jungfraubahn, pista ferrata grosso modo corrispondente a quello che nei tempi antichi si teorizza fosse stato un alto passo per viaggiatori più intraprendenti. Destinato a diventare un placido appannaggio di chiunque nonché, come aveva previsto il committente prima della propria dipartita nel 1899, gli studiosi della scienza pura ed ogni aspetto che connota l’effettiva posizione della Terra nell’Universo…

È largamente accettato a tal proposito che l’Osservatorio Sphinx, probabilmente uno dei punti di riferimento più notevoli del paese, non sarebbe mai potuto sorgere senza il completamento contestuale di una linea di collegamento adeguata, così da trasportare uomini e materiali. Inaugurato nel 1894, ben prima dell’introduzione funzionale degli elicotteri e senza l’aiuto dei moderni meccanismi di trivellazione al fine di raggiungere agevolmente la vetta, l’ultimo tratto della ferrovia Jungfrau poté dunque beneficiare dell’esperta manodopera dei costruttori, armati unicamente della dinamite e gli strumenti manuali al fine di costruire uno dei capolinea sotterranei più elevati del mondo con i suoi 3.454 metri dal livello del mare. Tanto che furono condotte estensive prove sperimentali prima di dare il via libera alla costruzione delle linee elettriche finalizzate ad alimentarla, in quanto si temeva che l’organismo umano avrebbe potuto risentire dalla sperimentazione accelerata di una tale ascesa. Ma l’avventura non era ancora finita. Giacché entro le decadi ulteriori, gli svizzeri avrebbero scavato un ulteriore pozzo verticale, destinato ad ospitare una tromba delle scale ed un ascensore. Offrendo l’opportunità, a chiunque l’avesse voluto, di raggiungere la cima della Sfinge come punto di vantaggio per l’osservazione della vastità sopraelevata. In quello stesso luogo a vantaggio del quale figure di spicco come il meteorologo Alfred de Quervain ed il fisiologo e futuro premio Nobel Walter Rudolf Hess auspicarono l’istituzione di una fondazione. La cui finalità destinata ad andare a coronamento a partire dal 1931 era l’edificazione di un sito di ricerca proprio là, dove in origine Guyer-Zeller l’aveva preventivamente immaginato. L’Osservatorio in questione, la cui costruzione avrebbe raggiunto l’attesa installazione della cupola soltanto nel 1937, fu anch’esso un’opera estenuante e dispendiosa, resa possibile ancora una volta dalla spirito di abnegazione di una schiera di tecnici e manovali disposti a sopportare temperature fino ai -30°C, venti fortissimi, neve e ghiaccio tutto l’anno ed il sempre presente problema della rarefazione dell’ossigeno, che a simili altitudini privava delle forze l’organismo delle persone. Opera dello studio di architettura dei fratelli Pfister, l’installazione mostrava d’altro canto ogni possibile struttura ed amenità necessaria al compimento dello scopo per cui aveva preso forma l’ambizione di costruirla: svariati laboratori, una stazione di osservazione del clima, il telescopio da 76 cm di diametro e terrazze esposte agli elementi per condurre ogni tipologia di sperimentazione in tale luogo sopraelevato. Concepito come residenza temporanea per nutrite schiere di scienziati non necessariamente avvezzi alla vita d’alta quota, esso fu da subito dotato inoltre di elettricità ed acqua corrente, mediante l’utilizzo di serbatoi con impianti di scioglimento e purificazione della neve d’alta quota. Ancora oggi amministrato tramite la turnazione di una serie di coppie di custodi, esso è gestito in maniera analoga a un hotel, con oltre 1.000-1.500 pernottamenti l’anno.

Fondamentale strumento nell’avanzamento delle scoperte scientifiche europee, l’Osservatorio Sphinx è stato al centro di numerose pubblicazioni utili a modificare il paradigma della scienza accademica internazionale. Tra cui vale la pena di citare gli studi sulla frequenza dello spettro della luce solare del 1950 di Migeotte, Neven e Swensson; la ricerca in merito ai raggi cosmici di Blackett e Wilson l’anno successivo. Efficacemente approfondita nel 1982 grazie all’impiego di uno strumento speciale del Physikalisches Institut di Berna, finalizzato a trarre beneficio dall’eccezionale trasparenza dell’atmosfera terrestre da un simile punto di vantaggio sopraelevato. Notevole anche la prima misurazione diretta dell’aumento di raggi ultravioletti sopra le nostre teste, realizzata nel 1990 dagli austriaci Blumthaler ed Ambach.
Il tutto senza mai dimenticare l’importante ruolo turistico rivestito dalla ferrovia Jungfraubahn, ed in particolare la sua ultima stazione nella nuda pietra del Jungfraujoch. Da cui resta possibile ancora oggi emergere, dietro pagamento di un ragionevole contributo incluso nel biglietto del treno, dalla cima del massiccio e deambulare fino alla terrazza panoramica dell’Osservatorio. Facendo in modo di scrutare, per qualche memorabile momento, l’immenso spazio che separa le creature mitologiche scolpite nella roccia dall’inesorabile potenza degli elementi. Il raro tipo di esperienza che riesce a renderci umili ed al tempo stesso esultanti, sopra il mare di nebbia dell’umana e prevedibile esistenza. Forse la condizione più auspicabile per esemplificare, in un singolo enunciato, il perché in molti scelgano di abbandonare temporaneamente l’uscio di casa.

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