Stampando ricci tridimensionali per allontanare il rischio dei tagliaerba robotizzati

Sotto qualsiasi punto di vista tranne l’immobilità, praticamente indistinguibile dell’originale. Miracolo dei sistemi di prototipazione domestica tridimensionale per una volta utilizzati per il bene comune, benché in determinati casi convenga nondimeno far ricorso all’originale: “Nel corso dell’ultimo anno, grazie all’aiuto di volontari sparsi per tutta la Danimarca, ho ricevuto presso il mio laboratorio 697 porcospini morti!” Rappresenta una di quelle affermazioni che sorprendono poiché i due termini rispettivamente riferiti alla carcassa di un animale ed espressioni di giubilo non si trovano frequentemente associati, soprattutto quando a esprimersi è una presunta estimatrice della suddetta benamata, graziosa e simpatica specie d’insettivoro spinoso. Erinaceus europaeus ovvero la più tipica vittima d’investimenti automobilistici nei mesi in cui si sveglia dal letargo, ma anche un certo numero di attrezzi e strumenti dedicati alla pratica normalmente del tutto sostenibile del giardinaggio umano. Eppure persino in tale ambito, esiste una particolare innovazione che minaccia simili creature più di qualsiasi altra, proprio in funzione delle proprie metodologie e specifiche di funzionamento inerenti. Sto parlando del tosaerba automatico anche detto robotizzato, capace di percorrere gli essenziali prati all’inglese delle villette a schiera contemporanee, mentre operose lame nascoste in mezzo alle sue ruote si occupano di accorciare uniformemente i verdi fili che costituiscono quel manto. Operando in un’autonomia pressoché totale paragonabile a quella di un Roomba nonché facendolo, nel caso dei modelli più silenziosi ed avanzati, proprio in quelle ore dal contesto notturno in cui i suddetti visitatori tendono a esplorare i confini del proprio ancestrale (ed usurpato) territorio di appartenenza. Il che ci porta nuovamente, con un timido e remoto senso di speranza, alla ricerca e le diverse prove tecniche condotte nel corso degli ultimi mesi da parte della ricercatrice del dipartimento WildCRU dell’Università di Oxford, Sophie Lund Rasmussen che ha scelto di farsi chiamare su Internet Dr Hedgehog, proprio in riferimento a quella che parrebbe essere diventata la sua preziosa, importantissima missione di carriera. Ovvero studiare, attraverso l’effetto di fattori esterni su esemplari già defunti o virtuali del riccio europeo, come preservare a lungo termine il suo gruppo di specie ancora ragionevolmente comuni in buona parte del proprio areale fatta eccezione per l’Inghilterra, dove si trova iscritto nella lista rossa delle incipienti vittime dell’estinzione locale, così come il declino della popolazione complessiva è stato ampliamente documentato a causa di un larga serie di fattori esterni, alcuni dei quali maggiormente risolvibili rispetto agli altri. Vedi quello relativamente nuovo, ma non per questo meno terribile, dell’agguerrito manutentore motorizzato pseudo-intelligente che promette di “restituire il tempo” ai possessori di uno spazio verde innanzi all’uscio di casa. Divorando come niente fosse sul tragitto chiunque d’altro possa palesarsi, al di sotto di una certa dimensione, a intralciarlo nello svolgimento del suo lavoro…

Questo è uno scontro, in altri termini, tra i diritti degli esseri artificiali e quelli naturali che non sfigurerebbe nella trama di un videogioco, vedi quel Sonic The Hedgehog in cui il Dr Robotnik si presenta, sotto ogni punto di vista ragionevole, come il nemico di ogni essere che possiede propensione a correre o appallottolarsi. Laddove la dottoressa protagonista del nuovo processo risolutivo a tal fine non potrebbe risultare maggiormente positiva ed affabile nei confronti dei propri beniamini, esattamente come ci si aspetterebbe da una delle figure cardine della principale iniziativa per la conservazione biologica all’interno della più celebrata università di tutte le Isole Inglesi. Nella maniera chiaramente esemplificata, dopo una prima tranche di trattazioni scientifiche risalenti al 2021, dai due nuovi studi pubblicati alla fine del 2023 sulla rivista Animals, all’interno dei quali spiega i risultati ottenuti per quanto concerne il comportamento dei ricci al cospetto dei propri principali annientatori a batteria ed il pericolo costituito da questi ultimi nel momento in cui la rotta di collisione dovesse risultare, purtroppo, del tutto impossibile da evitare. Un rischio come potrete facilmente immaginare alquanto terribile nella maniera dimostrata dalle sue carcasse e modelli prodotti grazie all’uso della stampante 3D, vista l’incapacità di ogni singolo modello in commercio di rilevare l’ostacolo vivente finché non si trova direttamente a contatto con la vittima inconsapevole, senza a quel punto fermarsi necessariamente o cambiare strada. Con risultati migliori, o per meglio dire meno terribili, registrati dai modelli a trazione anteriore con lame retrattili in caso d’impatto con corpi estranei, riducendo l’effetto a carico dei loro malcapitati attraversatori. Interessante, nel frattempo, il dato relativo al comportamento delle potenziali vittime viventi poste a contatto con i tagliaerba in situazione controllata, che si sono dimostrate maggiormente caute nel reagire alla sua presenza anche dopo un primo incontro. Supportando ulteriormente la teoria di Rasmussen secondo cui la sopravvivenza di un porcospino alla prima situazione di pericolo potrebbe agire come una sorta di vaccino dall’eventualità che possa perire in seguito, avendo predisposto una risposta di fuga adeguatamente rapida nei confronti del robot che avanza. Compilando dunque una lista dei modelli di tagliaerba automatizzati maggiormente sicuri per i porcospini, Dr Hedgehog sembrerebbe aver aperto la via ad un futuro sistema di approvazione ed etichettatura dei modelli, che potrebbe almeno in linea di principio agire come un fattore molto positivo nella protezione continuativa delle piccole e malcapitate creature.

Una prassi che contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sembrerebbe essere stata apprezzata dalla (maggior parte) dei produttori, sia dal punto di vista etico per l’opportunità di far notare nelle attività di marketing i passi compiuti nell’ottimizzazione della conservazione animale, merito oggettivamente apprezzabile da chiunque trascorra le proprie giornate all’interno della società civile contemporanea. Con un marchio in particolare, la serie SILENO della Gardenia, classificato con frequenza e categorie di danno tanto basse da aver già giustificato la rapida creazione di una pagina dedicata alla questione nel 2021, con utili consigli al cliente su come minimizzare al massimo il pericolo per una delle creature maggiormente distintive, e più a lungo apprezzate dell’intero territorio europeo. Quale miglior approccio, d’altra parte, sussiste al fine di proteggere un qualcosa, che crearne la fedele riproduzione digitalizzata al fine di sottoporla al tipo di pericoli considerati maggiormente gravosi per l’originale? Come una sorta di bambola Voodoo al contrario dei nostri giorni. Non meno benevola nel suo particolare modo, di tale sincretistica ed ingiustamente stereotipata attività religiosa. Che si prefiggeva di trasformare in puntaspilli un’effige. Contrariamente a quanto avviene nel presente caso, dove non c’è nulla di più naturale e imprescindibile di un fitto manto di spine.

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