L’effetto deleterio che deriva dal passaggio dell’elicottero in volo

Lieve? Leggiadro? Aggraziato? Elegante? È davvero possibile attribuire all’attività dell’uomo alle prese con gli strati superni dell’atmosfera terrestre, aggettivi tanto affini ad un’attività poetica e del tutto priva di preoccupazioni latenti? Quando il punto stesso del volo più pesante dell’aria, mediante l’utilizzo di una macchina pesante, consiste nel distorcere e piegare un elemento ai propri desideri, forzando le normali conseguenze di un decollo che per sua natura, non dovrebbe sottintendere più di qualche misero secondo via dal suolo. A meno finché una velocità semplicemente eccessiva, e la portanza generata dal profilo di studiate superfici, non porterà un simile mezzo a sollevarsi, lasciando dietro di se una scia di assoluta e imprescindibile devastazione. E se non credete sia possibile, provate a chiedere alle silfidi e tutti quegli altri geni dell’insostanziale, la cui stessa trasparente residenza viene capovolta, intrecciata e trasformata in tempesta, ogni giorno per letterali migliaia di volte, soprattutto quando sono tanto sfortunati da abitare in prossimità di un trafficato aeroporto. Eppure in tali termini il passaggio di un aereo, persino se di grandi dimensioni, non è niente, se messo a confronto col demonio di Sikorsky. Una macchina creata per salire in alto grazie al disco rotatorio di una coppia di rasoi, potenzialmente non meno letali di questi ultimi in determinate circostanze, non tutte dallo svolgimento chiaro ed evidente. E se a voi, possibili piloti di piccoli o medi aerei alle prime armi, nessuno avesse ancora inculcato un sacro terrore nei confronti dell’elicottero (come purtroppo, a quanto dicono, si tralascia spesso di fare) ecco un dato che potrebbe un giorno salvarvi la vita. Al costo di quel balsamo purtroppo fondamentale per l’avanzamento procedurale nel campo dell’aviazione; l’esperienza d’incidenti pregressi più o meno letali, vissuti da coloro che ancora non possedevano l’informazione.
Il video in questione risale perciò al 3 gennaio del 2022, quando Francisco Argel Gutierrez, istruttore con multiple certificazioni tecniche e per il volo strumentale, si avvicinava come molti altri suoi colleghi ogni giorno all’aeroporto di Upland-Cable (KCCB) nella contea di San Bernardino, California, a bordo di un affidabile Cessna 120. Operazione di per se non particolarmente pericolosa, non fosse altro per l’insolita caratteristica dell’aeroporto in questione di essere uno dei più trafficati al mondo a non possedere una torre di controllo, fin dalla sua fondazione ad opera di una famiglia di privati nel 1945. Il che non gli ha impedito, attraverso le decadi, di raggiungere un gran totale di oltre 400 aeroplani con partenza e ritorno dai suoi hangar capienti, oltre a un numero non trascurabile di apparecchi ad ala mobile, capaci di effettuare il decollo verticale. Elicotteri come i due che in quel momento, il pilota d’aerei aveva avvistato in volo statico sopra la pista d’atterraggio, ragion per cui decise, in tutta fretta, di accelerare entrando in un circuito di attesa, prima di tentare nuovamente in un momento maggiormente sicuro. Finché che per uno scherzo del destino, non finisce per trovarsi ad attraversare il tragitto occupato, con almeno una decina di secondi di distacco, dal secondo dei due aeromobili rotanti. Ottenendo l’effetto repentino e inevitabile, di finire fuori assetto ed impattare violentemente contro il suolo, in un drammatico e potenzialmente letale incidente…

Una semplice visualizzazione grafica permette di acquisire l’istintiva presa di coscienza del pericolo, il che non spiega perché simili incidenti continuino tutt’ora a capitare con cadenza pressoché annuale. Possibile che l’unica contromisura, in situazioni simili, debba essere l’esperienza diretta e reiterata del pericolo collettivo?

Ora il concetto della scia di turbolenza viene ampiamente spiegato, fin dalle prime lezioni teoriche, a chiunque desideri approcciarsi al tragitto necessario per conseguire il brevetto di volo. Soprattutto in considerazione degli aerei cosiddetti “leggeri” (L) che dovrà trovarsi a pilotare, da quel momento e per tutta la fase iniziale della propria carriera, subordinati in tal senso a tutte e tre le categorie superiori dei jet (J), pesanti (H) e medi (L). Che si viene con severità educati a mantenere a rispettosa distanza, un’attenzione riservata non soltanto a loro stessi ma anche le inerenti scie d’aria deviata, che deriva prevedibilmente dal loro pregresso passaggio. Soprattutto in fase di decollo ed atterraggio, quando si consiglia di effettuare il primo staccandosi da terra in un punto successivo rispetto all’eventuale aereo più grande, e toccarla nuovamente avendo cura di precederlo nell’estensione della pista asfaltata. E ciò senza neanche entrar nel merito dell’opera dei controllori di volo, per cui la separazione delle classi proporzionalmente differenti è un precetto inevitabile, a precipuo fondamento dell’intero mansionario che ricevono l’incarico di rispettare in ciascun frangente. Un novero di prevedibili comportamenti che non vengono però previsti, strano a dirsi, nel caso tutt’altro che raro di elicotteri che manovrano in prossimità della pista. Una casistica per la quale la FAA (Federal Aviation Administration) statunitense prevede soltanto una regola piuttosto vaga di mantenersi “a una distanza pari ad almeno tre rotori” dal dispositivo rotante, potendo in tal caso ritenersi ragionevolmente al sicuro. Laddove se ci fate caso, lo sfortunato istruttore Gutierrez stava pienamente rispettato tale precauzione ritenuta sufficiente, nel momento esatto in cui ha rischiato di subire la conseguenza finale. Questo perché la turbolenza generata dall’elicottero viene, in praticamente ogni singolo paese al mondo, grandemente sottovalutata dai piloti di piccoli aeroplani, per i suoi effetti possono e dovrebbero essere paragonati a quelli di un grande jet di linea. Eppure tale dato niente meno che fondamentale viene largamente trascurato nella maggior parte delle scuole di volo, rimanendo largamente ignoto alla maggior parte dei piloti alle prime armi (e non solo). Visto come, di sicuro, si tratti di una contingenza piuttosto rara, che non manca d’altra parte di causare almeno un paio d’incidenti l’anno, nessuno dei quali ritenuto sufficiente a rielaborare la prima stima di pericolosità elaborata dalla FAA, in effetti risalente all’ormai remoto 1996. Mentre uno studio maggiormente approfondito in materia proviene dal BEA (Ufficio d’inchiesta sulla sicurezza del volo civile) francese che soltanto nel 2022 ha ritenuto opportuno analizzare le cause capaci di condurre al decesso di un praticante di parapendio nel marzo del 2019, dopo che aveva attraversato accidentalmente ma con oltre un minuto di ritardo la colonna d’aria smossa dal passaggio di un elicottero Airbus EC135 per il soccorso medico, causando l’immediato collasso del suo intero paracadute. Iniziativa da cui è derivato lo studio grafico qui sopra riportato, capace di visualizzare in modo estremamente chiaro ed incisivo la portata spesso sottovalutata della questione.

La pericolosità del Vortex Ring State è largamente sperimentabile nella maggior parte dei simulatori di volo, tra cui il popolare videogame DCS World. Tuttavia l’effetto dell’ondata di turbolenza degli elicotteri sui velivoli viene effettivamente trascurato, come avviene purtroppo anche nel mondo reale.

Il problema principale della scia di turbolenza dell’elicottero è infatti che semplicemente gli aviatori tradizionali non ne hanno alcuna precisa nozione. Laddove almeno coloro che lavorano principalmente a bordo di quei velivoli vibranti, nel proprio curriculum, ricevono approfondite istruzioni sul tema di comportarsi nel momento in cui loro stessi finissero per esserne influenzati, nel fenomeno noto come Vortex Ring State (VRS) o settling with power (let. affossamento con aumento di potenza) che tende a verificarsi ogni qualvolta l’apparecchio viene mantenuto in volo stabile per dei periodi prolungati, particolarmente se perde leggermente quota. Finendo per entrare in questo modo accidentalmente all’interno dell’aria smossa dal suo stesso passaggio, un pericoloso errore che porta a perdita di controllo, abbassamento rapido di quota e possibili situazioni paragonabili allo stallo. Unica contromisura: premere in avanti la leva del collettivo, sperando di essere in tempo per evitare l’unica immaginabile conseguenza, purtroppo qualche volta inevitabile anche per i piloti di maggiore esperienza. Vedi il caso, particolarmente celebre, dell’MH-60 Black Hawk statunitense precipitato nel 2011 in Pakistan durante l’operazione per la cattura ed uccisione di Osama Bin Laden, successivamente lasciato sul posto e fatto saltare in aria da una parte del contingente dei marines facenti parte del gruppo d’assalto.
L’eventualità che un pilota d’aereo ad ala fissa riceva, in circostanze istituzionali, informazioni in merito a questa tipologia di pericoli resta tuttavia tutt’ora piuttosto remota. Con conseguenze purtroppo che possiamo facilmente rilevare dall’incidente di Francisco Gutierrez, che almeno nel suo caso gli è stato possibile raccontare in prima persona all’interno di un dettagliato rapporto per NTSB (National Transportation Safety Board). Ma è semplicemente terrificante la quantità di piloti professionisti o presunti tali che, nei commenti al suo video e varie discussioni in materia, non si fanno problemi di ammettere l’assoluto sbigottimento per la piega a loro dire imprevedibile degli eventi. Perché non dovrebbe essere YouTube, tra tutti, a salvare preziosissime vite umane…

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