La saga della mucca creata geneticamente per salvare il popolo cubano

Viene dato per scontato quale sia l’amico più sincero e duraturo, tra le multiple creature della Terra, dell’umana società indivisa: il cane, la creatura che più di ogni altra ci assomiglia per contegno empatico, bisogno di attenzioni e tipologia d’intelligenza. Se la stessa domanda fosse stata rivolta al sedicente Líder Máximo nel suo momento di più alto e incontrastato potere, quando l’Unione Sovietica aveva ancora le risorse, e la ragione di fornire il supporto necessario a mantenere prosperosa un’isola situata nei Caraibi a largo della costa statunitense, egli non avrebbe certamente esitato nell’andare controcorrente… Che a Fidel Castro piacessero in modo particolare i bovini, e ciò che questi erano in grado di donarci a seguito di una convinta mungitura, era cosa particolarmente nota ai servizi segreti di mezzo mondo. Inclusa la CIA, che oggi sappiamo aver tentato d’istigare l’assassinio negli anni ’60 del più longevo detentore del potere assoluto in Occidente dopo la fine della monarchia, colpendolo attraverso ciò che amava più di qualsiasi altra cosa. Un frappè al latte, che doveva essere contaminato preventivamente con la tossina del botulismo. Se non che la capsula letale, tenuta nel tipo sbagliato di frigorifero, finì per rompersi perdendo il suo letale contenuto per un errore dell’agente incaricato. Mentre il bersaglio, del tutto inconsapevole del rischio corso, continuava lietamente per la sua strada. Un sentiero che l’avrebbe portato in modo del tutto collaterale, a partire da quel fatidico momento, a coltivare la sua passione per l’industria casearia con l’intento che soltanto una figura della sua caratura, e con le istituzioni di un’intera nazione al proprio servizio, avrebbe mai potuto pensare di perseguire. Una finalità nobile, per lo meno in linea di principio; battere il capitalismo in ciò pareva riuscirgli meglio di qualsiasi altra cosa: nutrire il popolo tramite l’applicazione delle regole del pubblico mercato. Ma come avrebbe potuto beneficiare di tutto questo un paese costruito secondo i crismi di un’utopia Marxista-Leninista, se non esportando un prodotto che fosse migliore, a minor prezzo e proprio perciò maggiormente competitivo della concorrenza? Fidel non aveva dubbi in materia. Sui verdeggianti pascoli di Havana sarebbe dovuta nascere, entro la fine della decade ulteriore, una razza di mucche migliori. Perfettamente adattate al clima dei tropici, al punto da poter raggiungere una vetta di efficienza precedentemente ritenuta indubitabilmente remota.
Dovete considerare, a tal proposito, come l’industria zootecnica bovina fino a quel momento non avesse avuto particolare fortuna in quelle terre, complice una sfortunata dicotomia di proposte. In primo luogo la ben nota razza Holstein, fonte instancabile della stragrande maggioranza del latte europeo e statunitense, sfortunatamente incapace di sopravvivere, o quantomeno prosperare, alle temperature giudicate normali al di sotto del 24° parallelo. Dall’altra parte lo zebù indiano (Bos taurus indicus) chiamato cebu da queste parti, perfettamente trapiantato nelle verdi valli ma purtroppo notoriamente inefficiente nella produzione del candido fluido nutriente ricercato da coloro che avevano deciso d’intraprenderne l’allevamento. Ed proprio dall’unione ideale tra i due reciproci princìpi contrapposti che il sedicente dittatore avrebbe ricercato la maniera di uscire dall’impasse. Attraverso la comunione, coadiuvata dalle avveniristiche tecnologie di fecondazione artificiale, tra ciò che la natura non era mai stata in grado di congiungere autonomamente. Il che non voleva d’altra parte significare che l’uomo, di suo conto, avrebbe dovuto limitarsi a guardare…

Nel vedere le plurime testimonianze fotografiche dell’interazione tra Castro e la sua mucca preferita è difficile negare un certo senso latente d’empatia. Quasi come se un capo politico navigato, per cui il fine giustificava l’impiego di qualsivoglia mezzo, avesse trovato nell’amore per gli animali produttori di latte il suo lato maggiormente civilizzato. Forse anche questo, un risultato attribuibile al potere incomparabile dei gelati.

L’anno era il 1972 quindi, quando la semi-leggendaria mucca Ubre Blanca venne finalmente al mondo. Creatura il cui nome significava “Mammella Bianca” come in una sorta di profezia finalizzata alla realizzazione del sogno gastronomico più caratterizzante del barbuto Fidel. Figlia di un toro importato dal Canada e una timida zebù locale, l’ideale super-mucca crebbe quindi in modo rapido e godendo di perfetta salute, finché gli incaricati del suo allevamento non si resero conto di aver finalmente colto nel segno. Accantonando nella propria mente l’ampia serie di esperimenti non altrettanto ben riusciti all’interno della stessa categoria, il leader nazionale cominciò perciò a far visita con cadenza quotidiana alla stalla in cui veniva custodita la sua nuova beniamina presso la località di Nueva Gerona, sull’accogliente terra emersa di Isla de la Juventud. Ella poteva già godere, a questo punto della sua vita, di condizioni invidiabili per un animale della propria schiatta ed invero, qualsiasi altro abitante dell’arcipelago cubano. Con cibo di prima categoria, sicurezza abitativa e persino l’aria condizionata, perché potesse raggiungere a pieno il suo potenziale produttivo idealmente privo di paragoni. Fino all’anno 1982 quando finalmente, a coronamento di un lungo periodo preliminare, Ubre Blanca portò a coronamento il suo miglior risultato quotidiano fino a quel momento: 110 litri di latte nel corso di un singolo giorno, un record assolutamente privo di precedenti nella storia dell’allevamento umano. Inoltre la quantità della produzione annua sarebbe risultata non meno eccezionale, con ben 24.268,9 litri raccolti nel corso di un singolo periodo di allattamento durato ben 309 giorni. La macchina mediatica del regime fu quindi messa in moto con enfasi quasi del tutto priva di precedenti, mentre i traguardi battuti ogni giorno dalla mucca incomparabile venivano gridati alla radio e la televisione, tra il presunto entusiasmo della popolazione civile. La sua giornata veniva narrata per il pubblico ludibrio come fosse l’ultimo episodio di una telenovela. Nonostante la ben nota ed ampiamente giustificata paranoia, lo stesso Fidel prese nel frattempo l’abitudine di mostrare orgogliosamente la mucca ai dignitari e ambasciatori in visita da ogni parte del mondo. Benché Ubre fosse purtroppo una soltanto, e l’unico luogo in cui era possibile assaggiare il suo latte risultava essere la grande gelateria Coppelia, lussuosa istituzione fortemente voluta dal caro leader in persona. A un gruppo di studenti d’arte di Nueva Gerona venne commissionata la realizzazione di una statua del sacro bovino, diventata a tutti gli effetti un’eroina della Rivoluzione, che venne doverosamente realizzata applicando i crismi estetici del realismo socialista. Ma la strada verso la gloria, di lì in avanti, avrebbe subito una brusca e inaspettata battuta d’arresto, quando all’età relativamente giovane di 13 anni (i bovini domestici possono viverne fino a 20) la povera mucca si ammalò di un tumore in seguito a una gravidanza. Immediatamente portata presso il Centro per la Salute Agricola di Mayabeque, dove i suoi ovuli vennero congelati assieme al DNA, nella speranza di poter preservare una così preziosa linea di sangue. E di lì a poco, Ubre Blanca morì: era soltanto il 1985, quando Cuba ancora sperava di poter dar seguito al sogno caseario di Fidel.

Impagliata e preservata a sempiterna memoria nell’istituto di Mayabeque, la mucca Ubre Blanca dovrebbe oggi rappresentare un’importante fonte d’ispirazione per molte migliaia di studenti. Nonché un sogno messo soltanto in pausa, visto l’avanzamento progressivo delle tecnologie genetiche a disposizione degli scienziati cubani.

Terminato un periodo di lutto particolarmente intenso, con tanto di struggente omelia riportata sul giornale nazionale Granma, testata intitolata all’imbarcazione che originariamente portò gli autori in armi del regime sul sacro suolo cubano, iniziò quindi il tentativo di creare un’efficace erede del ruolo che era appartenuto alla compianta eroina. Ma gli esperimenti successivi, così come quelli compiuti prima e in seguito alla sua nascita, si rivelarono tutt’altro che riusciti, portando alla morte prematura di ogni singola nuova vitella… Spesso schiacciata, presto o tardi, dallo stesso peso impressionante delle proprie gigantesche mammelle. Ben presto la prestigiosa gelateria Coppelia sarebbe dovuta tornare a utilizzare latte d’importazione, in una circostanza ulteriormente esacerbata all’inizio del cosiddetto Periodo Speciale, quando dopo la caduta dell’Unione Sovietica l’intera nazione di Cuba si ritrovò isolata in un territorio ostile, senza più alcun tipo di aiuto politico e materiale proveniente dal monolitico blocco d’Oriente. Mentre la gente nelle strade faceva tristemente la fame, tuttavia, gli esperimenti genetici sulle mucche non cessarono mai del tutto, con l’ultimo di questi noto al mondo contestualizzato dal Wall Street Journal nel 2002. Ma l’obiettivo desiderato, nonostante l’impegno sincero e duraturo, non sarebbe mai più stato raggiunto. Ed il segreto di una delle mucche più eccezionali mai create sarebbe forse morto soltanto sei anni dopo, assieme a Fidel. Oggi superata in almeno un caso, dalla mucca brasiliana Marília dimostratasi capace di produrre 127,57 litri di latte in un singolo giorno del 2020, l’indimenticata Ubre Blanca continua a mantenere tuttavia almeno un significativo primato. Quella di essere stata, per un lungo periodo, l’icona insostituibile di un’intero paese. Più di quanto possa fieramente affermare qualsiasi altro esponente della sua sfruttata, eppur sempre amata specie, storicamente inseparabile dall’uomo che l’ha in tanti secoli, persino millenni allevata fino alla sua condizione attuale. Meravigliosamente imperfetta, come ogni altro essere di questo mondo.

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