Un solo suono che risuona, particolarmente nei mesi della primavera, sulle verdeggianti terre della seconda isola più grande al mondo: come l’intensa vibrazione aerea, della corda di un bassista senza forma fisica visibile tra gli acquitrini ai margini della foresta. Intensa e reiterata, naturalmente misteriosa per l’orecchio degli umani. Ma non quello, assai più esperto, della femmina in attesa; dondolando, sulle lunghe zampe decorate con un disegno a macchie, l’occhio rosso cerchiato di nero e fisso verso la radura, ecco che si allargano le ali di colore marrone. Mentre sulla testa, si ergono le piume prelevate in apparenza dalla coda di un pavone: è una Goura victoria, splendido uccello crestato della Nuova Guinea. L’affascinante perlustratore di un ambiente tanto eccezionale da sembrare quasi alieno. Eppure ragionevolmente familiare, in apparenza. Soprattutto per colui che si trovasse ad identificarla, da lontano, senza un senso chiaro di quei 70 cm di lunghezza ed i 2,1 Kg di peso, pensando che tutto sommato non sia poi tanto diversa dal comune piccione delle piazze cittadine europee. Benché sia ragionevole affermare che dal punto di vista delle dimensioni stia ad esso, in proporzione, come un tacchino americano al familiare pollo della fattoria.
Come potrà emergere da un rapido approfondimento, tuttavia, capiremo presto di trovarci innanzi a una creatura dalle abitudini ecologiche e comportamento nettamente distinte, la cui metodologia di cantare all’alba e poi mettersi alla ricerca del cibo preferito, che include frutta caduta, semi, vermi e lumache, assomiglia nettamente al tipico uccello razzolatore del sottobosco europeo. Inclusa l’abitudine di ritirarsi con l’intero gruppo di circa 5 o 6 esemplari, al sopraggiungere del vespro, sugli alti rami usati per sfuggire all’attenzione dei predatori. Il che del resto non è mai stato abbastanza per proteggersi dalla spietata caccia, per le carni e la bellezza delle sue piume, messa in atto attraverso i secoli dalle popolazioni locali. Nonché la cattura frequente per zoo, collezioni private e voliere, dove generalmente non riesce a riprodursi in modo particolarmente efficiente, causa le caratteristiche particolari della sua biologia. Tra cui soprattutto la necessità, comune al tipico colombo occidentale, di nutrire i propri piccoli con la particolare secrezione prodotta nel suo gozzo, comunemente detta il latte di piccione. Le cui doti antiossidanti e benefiche per il sistema immunitario dei pulcini possono soltanto derivare da un particolare equilibrio dell’alimentazione, difficile da riprodurre in cattività. Un ulteriore grado di complessità, per preservare la continuità genetica di questo animale progressivamente più raro e prezioso…
La storia dell’osservazione della Goura inizia nel 1764, quando il naturalista tedesco Peter Simon Pallas ne identificò e descrisse la prima varietà, con il nome di G. cristata o varietà occidentale di quest’uccello. Permettendo l’istantanea distinzione di una specie distinta nella zona nord-est, con le piume della cresta maggiormente separate tra loro e dotate di una riconoscibile punta bianca, la cui immediata popolarità presso i giardini zoologici londinesi già a partire dal 1848 avrebbe portato alla denominazione latina, per analogia con la regina più longeva e influente di quel paese, di G. victoria. Sarebbe stato quindi lo studioso dello zoo di Amsterdam Otto Finsch, anch’egli originario della Germania, ad individuare verso la stessa metà del XIX secolo l’esistenza di una terza specie meridionale, un cui esemplare aveva acquistato dal commerciante di uccelli vivi Scheepmaker. In onore del quale scelse di chiamarla, per l’appunto, G. scheepmakeri. Soltanto nel 1876, infine, l’italiano Tommaso Salvatori avrebbe individuato differenze genetiche abbastanza significative in alcuni gruppi della terza specie da individuarne effettivamente una quarta, che avrebbe denominato in onore dell’ornitologo inglese Philip Sclater, G. sclaterii. Soltanto in epoca maggiormente recente, grazie all’analisi del DNA, è stato possibile individuare quindi un grado di parentela maggiormente prossimo tra G. victoria e scheepmakeri, cui faceva eco quello paragonabile tra G. cristata e G. sclaterii.
Trattasi comunque di uccelli, all’occhio inesperto, tutti molto simili tra loro così come risultano esserlo il maschio e la femmina, in ogni momento della loro vita tranne il periodo di conquista amorosa, quando lui si riconosce grazie al richiamo e la maniera in cui danza e solleva ritmicamente la testa, facendo il possibile per attirare l’attenzione della compagna. Rigorosamente monogami nel corso di una singola stagione, i due inizieranno quindi la costruzione del nido presso la biforcazione di un tronco, mediante l’impiego di rami e foglie progressivamente meno grossolani, fino alla deposizione sulla sommità di un singolo uovo, che dovrà essere covato per un periodo approssimativo di 30 giorni. Durante i quali il pulcino, nato nudo e totalmente dipendente dai genitori, dovrà essere allattato prima e nutrito poi, fino a un periodo ulteriore di 35-40 giorni. Un periodo di vulnerabilità piuttosto lungo che di certo non ha contribuito alla prosperità sotto pressione di almeno due delle specie (scheepmakeri e cristata) oggi inserite nella categoria “vulnerabile” dell’indice dello IUCN, in assenza di particolari iniziative per garantirne la conservazione nel tempo, nonostante le numerose proposte avanzate nei confronti dell’Ente per la Conservazione Naturale della Papua Nuova Guinea e come evidenziato, ad esempio, in uno studio del 1994 di Catherine E. King e Joeke Nijboer.
Un rischio che persiste nonostante gli incoraggianti 10.000 esemplari esistenti di ciascuna delle due specie, tuttavia distribuiti all’interno di areali estremamente specifici e soggetti allo sfruttamento umano non del tutto sostenibile per la produzione di legname.
Splendidamente imprevedibile riesce ad essere, talvolta, la natura. Benché operi mediante l’applicazione di linee guida chiaramente definite. Così che il concetto di “piccione”, lungi da includere indicazioni specifiche per la sua imponenza e metodologia comportamentale, diviene come un mantello da indossare fieramente, per uccelli tanto memorabili per tutta l’area della Papuasia, eppur eccezionalmente concentrati all’interno di una singola terra emersa. Non proprio la condizione ideale, per poter garantire la futura sopravvivenza di simili affascinanti, inconfondibili creature!
Auguriamoci, per questo, che la naturale bellezza di una tale cresta possa diventare, come l’ornato elmo di un antico cavaliere, l’arma utile a difendere il suo stile di vita. E che avendo finalmente catturato l’attenzione di coloro che hanno i mezzi per decidere, la Goura si guadagni finalmente l’attenzione che merita. Perché “raro” si trasformi almeno per stavolta, nell’affettazione di un uccello tanto più prezioso e memorabile. Piuttosto che l’irrimediabile, insistente anticamera, di un processo d’estinzione incipiente.