Nell’Era della crisi ed ancor più a ragione durante la sua stagione pandemica, importante strumento di sopravvivenza diviene la capacità di reinventarsi a seconda delle possibilità offerte da un mondo in continuo divenire, per i corsi e ricorsi delle maree tecnologiche capaci di risalire il grande fiume. Molte sono le strade possibili, per chi dispone di un’opportuno senso dell’orientamento (e una buona dose di fortuna) e alcune di esse, forse contrariamente alle aspettative, prive dell’asfalto che permette di sfruttarle con autoveicoli gommati. Ma piuttosto fatte d’acqua scintillante, da un lato all’altro di una mappa striata d’azzurro e celeste, i colori usati rispettivamente per i fiumi, laghi e canali. D’Olanda, dove mai, altrimenti? Patria di Vermeer, Van Gogh, Rembrandt e “Timewriters”, l’azienda fondata nel 2012 da Bas Stoffelsen per occupare una particolare nicchia della comunicazione a fini di marketing del mondo contemporaneo: quella del timelapse, ovvero la creazione di video accelerati con il fine di riassumere allo sguardo scene o procedure troppo lente, e in conseguenza di ciò noiose, per riuscire a colpire normalmente l’animo degli umani. Un approccio artisticamente valido e talvolta addirittura creativo, come i membri della compagnia pensarono di dimostrare al mondo con l’innovativo video realizzato appena un anno dopo la costituzione del marchio, soltanto per trovarsi costretti a metterlo a parte nel momento in cui l’applicazione di una misteriosa legge o restrizione nazionale gli avrebbe impedito di pubblicarlo su YouTube. Ma il tempo scorre come l’acqua sotto i canali ed allo stesso modo, riesce qualche volta a trasportare via gli scheletri delle biciclette gettate in mezzo a quei piloni ponderosi che sostengono la via maestra. Così ecco finalmente, in tutto il suo splendore dedicato ad un frenetico autunno del 2020, From Rotterdam to Amsterdam in 10 minutes, che mostra circostanze largamente riconoscibili da una prospettiva decisamente del tutto nuova. Protagonista della sequenza, una pilotina/rimorchiatore di colore rosso intenso, qui mostrata mentre compie un’itinerario tra i più affascinanti immaginabili per qualsivoglia tipo d’imbarcazione. Partendo dal fiume della Nieuwe Maas, effluente del grande Reno in prossimità della sua foce, in mezzo agli alti condomini e procedendo oltre il ponte sollevabile di Rotterdam per poi deviare nel tratto incanalato dello Hollandse IJssel deviando verso il paesaggio settentrionale fatto di pittoreschi villaggi, paludi e polder, fino al profilo riconoscibile della capitale. Un viaggio che potrebbe far pensare, nelle sue primissime battute, ad una ripresa realizzata via drone almeno finché non si fa mente locale sulla sua durata in tempo reale per oltre un intero giorno e la distanza percorsa in assenza di alcun tipo d’interruzione, senz’ombra di dubbio eccessiva per un singolo pieno di batterie. Il che conduce in poco tempo alla domanda rilevante di che cosa, esattamente, si trovasse all’altro capo del cavo di traino fuori dall’inquadratura, per giustificare il viaggio senza scali della piccola e zelante imbarcazione da lavoro. Ovvero quell’oggetto che costituisce, in aggiunta a ciò, anche il palco da cui l’intero mondo di Internet è chiamato a visualizzare l’intrigante itinerario…
I Timewriters, nella loro descrizione scritta in Olandese lo chiamano “trasporto speciale” e a fronte di un breve interludio meditativo, non risulta eccessivamente difficile capirne il perché. Il potente rimorchiatore evita infatti la via più rapida inoltrandosi semplicemente verso le onde del Mare del Nord, scegliendo piuttosto d’inoltrarsi nel complesso dedalo di vie navigabili, molto trafficate ed altrettanto costellate di ponti mobili costretti ad aprirsi, per lasciar passare l’oggetto ponderoso al centro della sua missione. Eppure nonostante l’imponenza palese di quest’ultimo, visto il quadro d’insieme offerto dalla prospettiva, il vascello fuori-inquadratura non pare risultare tanto più largo del suo apripista motorizzato, riuscendo a passare in un’ampia serie di anguste strettoie create, nella maggior parte dei casi, proprio dalla parte mobile dei viadotti perpendicolari al suo senso di marcia. Sviluppando le solide basi di un mistero presto dipanato, grazie a una rapida lettura e traduzione dei commenti posizionati in calce al saliente video: trattasi, nei fatti, di una chiatta per il trasporto acquatico di una gru alta ben 30 metri. da usarsi probabilmente in qualche progetto di sviluppo urbanistico nella gremita capitale d’Olanda. Così la torre metallica era stata usata per montarvi grazie all’uso di un potente magnete un’asse di legno, all’estremità della quale trovava posto, a sua volta, uno snodo da regia con funzionale ma non troppo costosa telecamera Canon 550d da 18 megapixel, collegata ad un sistema specifico per la realizzazione di timelapse della Harbortronics, capace di consentire la cattura di oltre 50.000 foto senza alcuna necessità di accedere all’apparato per cambiare le memory card. Un espediente senz’altro utile, quando si considera la realizzazione dell’opera in questione in un’epoca, 7 significativi anni a questa parte, in cui il trasferimento di grandi quantità di dati via Internet aveva ancora prezzi eccessivamente proibitivi. Così il breve ma in qualche maniera epico viaggio prosegue, oltre dozzine d’altri ponti e qualche caratteristico mulino a vento, lungo la pianura percorsa dal fiume Gouwe, nel canale creato lungo il corso dell’Oude Rijn (“Vecchio Reno”) fino alla pittoresca cittadina di Gouda, famosa per le pipe, il formaggio e i dolci stroopwafel, cialde tipiche ripiene di caramello. Da lì restando un tratto oramai piuttosto breve, mentre già si allungano le ombre della sera si prosegue per la piana alluvionale del polder (tratto di terra reclamata) dello Haarlemmermeer, fino alle propaggini più esterne dei gracht di Amsterdam, da cui il convoglio raggiunge infine il ponte A10 Amsterdam-Rijnkanaal, dove la storia si concluderà in paziente attesa per il sorgere del sole.
Per una sequenza memorabile dal punto di vista paesaggistico ma anche logistico, data l’efficienza con cui porta il super-carico a destinazione senza rallentare il traffico, né causare alcun tipo di problema alle piccole comunità disseminate lungo il serpeggiante itinerario tra le due metropoli di partenza ed arrivo. Un qualcosa, insomma, degno di meritare a pieno titolo l’espediente comunicativo e divulgativo della visione accelerata tramite l’ingegnoso sistema videografico del timelapse.
Cantieri, festività, interventi sulle infrastrutture: molti sono i soggetti in corrispondenza dei quali, nel corso degli anni, gli obiettivi sono stati mirati al fine di produrre una visione commemorativa in grado di restare integra oltre il corso trascorrere delle lunghe stagioni. Così che gli stessi Timewriters, nei loro commenti al video, ammettono non senza una certa dose d’imbarazzo come lo scenario del contesto tecnologico sia molto cambiato in epoca recente, permettendo la registrazione di timelapse non soltanto più lunghi, ma anche a definizioni superiori e soprattutto apprezzabili in diretta grazie alle moderne connessioni, nonché perfezionabili in remoto durante il corso d’opera facendo affidamento su sistemi di stabilizzazione ed inquadratura controllabili “sul campo”. Come narra il loro sito istituzionale, in cui si parla tra le altre cose di un innovativo sistema “Timebox” sviluppato probabilmente proprio a partire dall’esperimento sui canali olandesi, con fotocamera operativa per lunghi periodi e capace di caricare automaticamente le sue molte migliaia di foto online. Riuscendo inoltre a eliminare per quanto possibile, tramite speciali algoritmi, l’effetto caleidoscopio prodotto normalmente dal cielo in mutamento accelerato nel corso dei timelapse che durano settimane o mesi.
Opera occasionale piuttosto che un vero e proprio stile degno di essere applicato ad ogni circostanza, per lo meno secondo i preconcetti dati per sicuri nel senso comune, il timelapse prodotto dagli autori specializzati si rivela come uno strumento comunicativo di primo piano.
Così come l’opera di quei pittori che, su scala totalmente differente, avevano posto i pilastri della catarsi storica e sociale formalmente nota come secolo d’oro olandese. Il XVII, per l’appunto. Che nonostante le consuete notazioni di natura scaramantica/numerologica, non sembrerebbe aver goduto di un momento di rottura col passato, e potenziale deviazione delle correnti navigabili, in alcun modo paragonabile all’attuale 2020.