Metodo cinese per sostituire un ponte in 36 ore

Rapid bridge replacement

Nulla dura per sempre, tranne il concetto di necessità. Attraverso le generazioni, per le sua essenziale predisposizione, la città di Pechino è stata al centro della storia della sua regione: imperatori, generali e funzionari di partito, in tempi più recenti, gli eredi degli antichi mandarini, hanno varcato le sue porte a piedi o a cavallo, all’interno di carrozze con l’effige del dragone oppure semplici automobili, fin’anche tramite le macchine volanti dell’irraggiungibile modernità. Come un tempo sulle ripide strade tra le brulle montagne di Jundu, impresse nella mente delle guide locali, o tra i verdeggianti colli di Xishan, progressivamente trasformati in zona suburbana, così adesso lungo quei sentieri, in ferro e asfalto, che costituiscono le superstrade. Un metodo veloce. Un sistema estremamente efficiente. Che tuttavia comporta, inerentemente, una problematica di fondo: l’usura. Ed era stato proprio un simile fattore, negli ultimi anni, a condizionare l’utilizzo dell’importante viadotto di Sanyuan (三元: dei tre assi astrali, oppure in modo più prosaico, delle tre monete da uno Yuan ciascuna) collocato a partire dal 1964 sul terzo raccordo cittadino, con lo scopo ritenuto fondamentale di collegare la strada verso l’aeroporto internazionale con la Jingshun Road per raggiungere Shenyang, Liaoning. Tanto importante, per il quadrante nord-orientale della metropoli, da dover sopportare il passaggio giornaliero stimato di approssimativamente 200.000 autoveicoli, una cifra che difficilmente può trovare una corrispondenza altrove, persino nelle grandi città americane. Il Manhattan Bridge, per dire, ne raggiunge “appena” 70.000. E se persino l’acqua e il vento, in secoli e millenni, possono erodere le più alte montagne, immaginatevi allora l’effetto che possono avere tali e tante tonnellate quotidiane, sulla sezione sopraelevate di uno svincolo a quadrifoglio di questa strada, i cui petali vengono percorsi anche soltanto per fare inversione di marcia, ovvero, dalle auto che procedono sul viale perpendicolare. Studi effettuati in epoca recente l’avevano dimostrato: lentamente, inesorabilmente, i pilastri del sovrappasso andavano sprofondando nel suolo del quartiere periferico circostante, denominato niente affatto casualmente Sanyuanqiao, come la primaria strada in questione. Urgevano interventi di riparazione.
Si, ma come fare? Potrete facilmente immaginare le problematiche architettoniche ed ingegneristiche di un qualsivoglia intervento conservativo su una simile struttura, per sua stessa natura semplice, eppure estremamente sofisticata. Applicare puntelli, aggiungere paletti, consolidare colate cementizie, sono tutti approcci che potrebbero servire in casi specifici di vario tipo, ma che in nessun modo potevano aiutare a contrastare l’effetto della gravità. L’unica speranza era, letteralmente, smontare il ponte e poi ricostruirlo da capo, mediante l’impiego di tecnologie edilizie più moderne. Un’impresa, innanzi tutto, costosa, ma che ancor più gravemente avrebbe condotto alla chiusura prolungata di una simile arteria stradale, semplicemente irrinunciabile alla vita quotidiana di innumerevoli persone. Ed è qui che entra in gioco l’invenzione, una tecnica semplicemente straordinaria. In questo video, comparso improvvisamente sul canale della CCTV America e presto ripreso da numerose testate internazionali, si può osservare un’implementazione super-efficace dell’approccio definito ABC, ovvero Accelerated Bridge Construction, mediante il quale una di queste strutture può essere sostituita, letteralmente, nel giro di un singolo week-end. Prima di iniziare a intavolare comparative poco lusinghiere coi processi che abbiamo visto in atto in prossimità delle nostre rispettive abitazioni, ad ogni modo, sarebbe opportuno fare una precisazione: questa procedura di far camminare 1300 tonnellate di acciaio e cemento tramite l’impiego di SPMT (Self-propelled Modular Transporters, mezzi enormi con dozzine di ruote) semplicemente non è adatta a tutte le diverse circostanze. E poi, costa molto, molto di più: secondo quanto riportato dalla news agency Xinhua, la sostituzione ha comportato una spesa approssimativa di 39 milioni di Yuan, equivalenti a 6,1 milioni di dollari americani. Forse abbastanza da giustificare la sopportazione di qualche piccolo disagio, laddove, diversamente dalla spropositata Pechino, ne sussista la possibilità.

Oberkasseler
L’ingresso monumentale del vecchio Oberkasseler Brücke: romani, non vi ricorda proprio nulla?

Questo concetto di sostituire un ponte costruendone un secondo a fianco, poi spostato in posizione, sembra percorribile soltanto tramite l’impiego di potenti gru moderne o simili sistemi adatti al trasporto dei carichi pesanti, come gli SPMT cinesi. Mentre in effetti, almeno il primo esempio di una simile impresa reperibile online seppe farne totalmente a meno, in funzione della data in cui fu messo in atto, l’ormai distante 1976. Eravamo presso Dusseldorf, nella Germania centro-occidentale, dove il principale ponte ricostruito a seguito della seconda guerra mondiale si stava dimostrando insufficiente alle esigenze di una città in continua crescita, causando non pochi problemi al traffico locale. Fu così deciso di costruirne una nuova versione, senza tuttavia compromettere in alcun modo l’utilizzo continuativo di quello attuale. Così, il nuovo Oberkasseler Brücke fu costruito a 47 metri dalla posizione in cui sarebbe stato collocato definitivamente, poggiando su sostegni in teflon a loro volta sopra delle piastre in acciaio, attentamente levigato. Tale ponte, quindi, fu aperto temporaneamente al traffico, mentre si procedeva alla demolizione del predecessore. Giunto il grande giorno quindi, il 7 aprile di quell’anno, la mega-struttura da 12.500 tonnellate fu spostata in posizione, sotto gli occhi spalancati della stampa e degli abitanti della regione, accorsi per assistere a un simile spettacolo, del tutto senza precedenti. Il nuovo ponte, costruito e gestito dalla Rheinbahn AG, non ha richiesto da allora ulteriori interventi di sostituzione.

Rapid bridge replacement 2
Negli Stati Uniti, le compagnie specializzate praticano l’ABC con estrema assiduità. Non è infatti insolito che i loro contratti prevedano, nel caso di tempistiche prolungate, penali estremamente significative.

La tecnica dell’ABC, anche detta RBR (Rapid Bridge Replacement) non deve ad ogni modo sempre, né necessariamente, basarsi su quel singolo momento trionfale, dell’intera struttura già pienamente costruita che entra prepotentemente al posto della vecchia pre-esistente. È molto più pratico, spesso, procedere mediante l’utilizzo di pezzi pre-fabbricati, comunque indipendenti, da sollevare e comporre in base alle esigenze del particolare ponte o viadotto. Questo particolare approccio, ad esempio, fu usato ripetutamente e con successo nel 2011, per il progetto americano della compagnia MassDOT, definito “93 Fast 14” e consistente nel rimpiazzo, completo e per quanto possibile veloce, di quattordici viadotti ormai usurati, appartenenti alla superstrada di Medford, in Massachusetts, vicino al popoloso capoluogo Boston. Nel loro video di presentazione, completo ed esaustivo, viene mostrato il programma operativo usato in ciascun caso, contenuto all’interno di un singolo week-end, col chiaro scopo di affascinare eventuali nuovi investitori. Come primo passaggio, sulla strada vengono fatti passare quei veicoli di servizio che prendono il nome estremamente descrittivo di zipper trucks, in grado di rimuovere o collocare rapidamente lunghi tratti di barriere stradali. Così facendo, il traffico in entrambi i sensi può essere deviato su una singola metà del viadotto, permettendo alle ruspe di procedere con la demolizione. Verso la mattina della domenica, quindi, si procede col sollevamento e la messa in posizione dei diversi componenti sostitutivi, ciascuno già completo di travatura metallica, prontamente saldata alle strutture pre-esistenti. La carreggiata soprastante, nel frattempo, viene fissata mediante l’impiego di cemento a presa rapida, mentre già i veicoli non più necessari vengono fatti spostare dal cantiere, verso una rapida risoluzione di eventuali ingorghi o simili disagi. Entro sera, il ponte sarà pronto all’uso. Fantastico, vero? E sopratutto, non tanto più lento della soluzione cinese. Anche se c’è da dire che in quel caso, secondo quanto riportato dalla Xinhua, si siano in effetti verificati una serie di problematiche, non ultima quella relativa a uno sprofondamento pregresso dei piloni, persino superiore a quanto era stato previsto inizialmente. Se non si fosse andati incontro a un simile imprevisto, l’operazione avrebbe richiesto il tempo risibile di esattamente 24 ore. E quello si, che sarebbe stato un record del mondo totalmente senza precedenti.

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Una piccola sostituzione effettuata nel 2011 presso Reading, nel Berkshire inglese. I viadotti ferroviari di Cow Lane, nonostante la stazza relativamente ridotta, costituiscono dei significativi colli di bottiglia per il traffico locale. Proprio per questo, è stato deciso d’impiegare la tecnica dell’ABC.

Un ponte è il tipo di struttura architettonica al tempo stesso più meramente utilitaristica, eppure esteticamente appagante. Come testimoniato dagli innumerevoli disegni su carta millimetrata dei bambini, o dai recenti videogiochi per tablet o cellulari, nulla colpisce l’immaginazione quanto l’esigenza di spianare i fiumi o le valli, rendendoli passaggi adatti ai veicoli su ruote, splendide automobiline colorate. Se non quando, i carri armati (la forma mentis bellica è un’imprescindibile pilastro del divertimento). E sembrerebbe, sulla base di un inconscio desiderio, che se qualcosa può durare per sempre, immoto e inamovibile, quello dev’essere un viale fondato sull’intramontabile necessità, di cui sopra e fino ad ora qui discutevamo. Ma come ci dimostra l’evidenza, la realtà completamente capovolta: tutto passa e si corrode. Tranne l’esigenza. Il che non significa che riparare, voglia dire per forza soffrire. Giornate interminabili, sotto il sole d’agosto, trascorse da laboriose schiere di operai specializzati, deviando un traffico tutt’altro che magnanimo ed illuminato. I cinesi non fanno così. Gli americani, non fanno così. Perché mai, allora, noi dovremmo accontentarci?

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