Contando e ricontando in modo rituale quanto si trovava all’interno del recipiente di fibre vegetali intrecciate, il Sommo Sacerdote volse ancora una volta lo sguardo ad Oriente. Ancora pochi attimi, lo sapeva molto bene, e la parete opposta si sarebbe illuminata dello sguardo sacro del sommo Spirito capace d’influenzare la vita, religiosa e secolare, della sua intera schiera di prestigiosi seguaci. Il sovrano e la sua famiglia, i funzionari regionali e gli addetti alla pianificazione pubblica in evidente stato di fervore religioso, mentre il popolo moriva di fame. Erano finalmente pronti ad inchinarsi, adesso, al suo segnale! L’altare di venerazione sollevato e messo da una parte, con un compartimento simile ad un tubo aperto in solenne attesa di ricevere quanto dovuto. Ancora una volta, Colui che aveva ricevuto tale incarico toccò in rapida sequenza il principio maschile dall’enorme fallo d’argilla, circondato dalle sue sei consorti scolpite nello stesso materiale, ciascuna caratterizzata da un diverso tipo di deformità fisica, importante segno della divinità. Ancora pochi minuti adesso, è quasi giunto il momento. Di nascondere tali entità agli occhi del mondo, per ora e fino alla fine dei giorni…
È in realtà del tutto essenziale al fine di comprendere la più duratura ed architettonicamente produttiva civiltà centrata nell’area mesoamericana, molti anni prima dell’arrivo di Colombo, citare almeno brevemente l’importanza avuta dalla matematica nella loro sofisticata serie di valori culturali. Scienza assolutamente primaria nel mantenimento di un calendario, nella conduzione dei commerci ed anche nei fondamentali calcoli ingegneristici, utilizzati per edificare alcune delle loro strutture destinate a durare maggiormente a lungo. Dato il semplicissimo sistema di notazione inoltre, in cui i punti indicavano le unità e le linee quantità di cinque, mentre lo zero era raffigurato da una conchiglia, chiunque poteva apprendere in poco tempo il funzionamento di tale meccanismo. Ed forse proprio in funzione di questo, che particolari numeri acquisivano significati molto particolari: il 20, quantità corrispondente al totale delle dita delle mani e dei piedi umani. Il 52, la quantità di anni capace di costituire un “fascio”, concettualmente non dissimile dai cento del secolo secondo il conteggio dei Greci e dei Latini. E per ragioni largamente ignote agli archeologi e filologi dei nostri giorni, quantità considerate sacre il numero 7. Scritta mediante l’uso di una linea sovrastata da due puntini, in una sorta di accenno alla pareidolia antropomorfa, tale cifra ricorre dunque negli schemi costruttivi dei Maya: 7 erano i tumuli di antichi sovrano presso il sito di Uxmal. 7 le torrette del palazzo di Teotihuacan, re di Tikal. 7 i serpenti a sonagli contenuti nel suo totem, 7 le piume che adornavano i ritratti scultorei delle antiche figure politiche o religiose. Con una capacità di ricorrere e risalire addirittura attraverso i secoli, giungendo fino alle città ed insediamenti dell’epoca Classica (250-900 d.C.) incluso quello studiato a partire dallo scorso secolo di Dzibilchaltun. Vera e propria città dell’odierno stato peninsulare dello Yucatàn, collocata il più possibile in prossimità della costa per sfruttare al massimo la preziosa risorsa del sale, in un’area ragionevolmente vivibile ma di certo non tra le più fertili di tale specifica sezione di continente. Il che non gli avrebbe impedito del resto, al suo apice, di ospitare una quantità stimata di circa 20.000 persone, capaci di trarre sostentamento da una fiorente pratica del commercio e alcuni riusciti tentativi di sfruttare al massimo i pochi terreni agricoli a disposizione. Tra cui una precisa conoscenza del ricorrere degli equinozi e dei solstizi, grazie al calcolo dei giorni, e una serie di precisi… Metodi e rituali, concepiti per attrarre l’attenzione volubile degli esseri superni. Tra cui l’entità creatrice del Mais, che sarebbe stata a seconda del periodo maschile, femminile o addirittura composta da due gemelli; Cha’ak o Chaac, l’essere talvolta plurimo incaricato di gestire la pioggia e tutto ciò che ne deriva; ed ovviamente, K’inich Ahau, il “Signore dal Volto di Fuoco” che ancora adesso siamo pronti a ricondurre alla potenza luminosa e termica dell’astro solare. Importante protettore, quest’ultimo, a cui ogni capitale della civiltà Maya era solita dedicare un tempio situato ad est, con caratteristiche speciali tra cui una colorazione bianca delle mura ricoperte di semplice stucco, piuttosto che policrome come avveniva normalmente, e finestre rivolte in direzioni specifiche, al fine di raccogliere la luce in corrispondenza di ricorrenze particolarmente importanti al fine di pianificare la coltura agricola con finalità di sussistenza. Aspetti in cui non fa eccezione Dzibilchaltun, sebbene tale struttura presenti nei cataloghi un appellativo chiaramente riferito a una funzione di tipo diverso, con chiare implicazioni di natura ancor più misteriosa e profonda: Structura.1-sub, alias “Tempio delle (sette) bambole”, una serie di figurine d’argilla custodite ad oggi presso il museo del sito, dall’aspetto particolarmente alieno ed inquietante…
