Galleggiamento. La spinta innata dei corpi verso l’alto nel momento in cui vengono immersi all’interno di un fluido, capace quindi di resistere al costante richiamo della forza di gravità. Quasi come se il destino che si compie nei flutti, che ogni cosa inghiottono e trasportano via dalla riva, fosse naturalmente inviso a qualsiasi cosa tangibile costituita da elementi “diversi”. Terra, fuoco, legno e metallo: perché mai dovrebbero collaborare nella costruzione di un qualcosa che tende a risalire con la spinta di 2.000 Kg, pur pesandone con il suo guscio di alluminio appena 136? A mali estremi, come si dice, rimedi altrettanto elaborati ed è per certi versi contro-intuitivo, benché immediatamente comprensibile, che un individuo possa desiderare di andare a chiudersi all’interno di un ambiente di un metro e 37 di diametro, nel momento in cui fare la scelta giusta può costituire l’unica barriera tra noi stessi e la fine intempestiva dell’esistenza. Morte per tsunami, una delle più terribili, poiché può comportare schiacciamento, trascinamento, soffocamento e annegamento uno di seguito all’altro. Per non parlare dell’attacco sempre possibile, una volta che le acque si sono calmate, da parte del carnivoro marino per eccellenza, lo squalo. A meno di riuscire in tempo utile, seppure ciò sia realmente possibile, a scappare verso un luogo sufficientemente elevato. L’energia che scaraventa una tale quantità d’acqua oltre i confini normalmente giudicati ragionevoli, del resto, dev’essere per forza significativa ma tende ad esaurirsi in tempi relativamente brevi. A patto di essere: giovani, svelti, in forma (o avvisati con l’anticipo adeguato). Ma che dire di tutti gli altri? Cosa dovrebbe fare chi già sa che non potrà, per una ragione oppure l’altra, sfuggire al flusso inarrestabile dell’onda finale?
In loro aiuto Julian Sharpe, ingegnere aeronautico ed inventore nato e laureato in Inghilterra ma residente nello stato nordamericano di Washington, propone l’oggetto insolito che potrebbe essere uscito, a tutti gli effetti, da un saliente episodio della serie Dragon Ball. Benché sarebbe senz’altro superficiale, e riduttivo, considerare la Survival Capsule come il giocattolo cui potrebbe senz’altro rassomigliare, nonostante abbia uno scopo tra i più nobili di tutti: mettere in salvo, al verificarsi di particolari condizioni, una quantità potenzialmente variabile di vite umane. L’idea è semplice ma al tempo stesso estremamente funzionale, vedendo l’acquisto preventivo da parte di utilizzatori privati (ma in futuro, potenzialmente, anche enti pubblici ed uffici) che all’improvviso ritirarsi dell’oceano, chiaro segno d’incombente catastrofe, dovrebbero correre al suo interno e chiudere la porta sigillante simile a quella di un sommergibile, confidando nel valore intrinseco della tecnologia mentre tentano di sopravvivere al passaggio metaforico della tempesta. Seduti con le gambe ripiegate contro il petto ed assicurati a un seggiolino da corsa con cinture di sicurezza a quattro punti, idealmente sufficienti a resistere alle sollecitazioni significative che potrebbero verificarsi, mentre si viene sbattuti da una parte all’altra come il calzino spaiato all’interno di una lavatrice. Potendo fare affidamento, tuttavia, su ottimi presupposti di sopravvivenza, date le prese d’aria a tenuta stagna su ogni lato del “veicolo”, lo spazio per serbatoi d’acqua potabile e provviste nonché, nei modelli più costosi, un gabinetto chimico d’emergenza. Tutto quello che potrebbe servire, in altri termini, per salvaguardare la propria vita e dignità mentre si attendono pazientemente (?) i soccorsi…
