Riscoperto all’improvviso in Africa il più piccolo parente dell’elefante

Soddisfazione professionale, gioia, giubilo, catarsi: questi ed altri sentimenti devono essersi affollati nella mente di Houssein Rayaleh, naturalista ed ecologo della nazione del Djibouti al confine con la Somalia, nel momento in cui aprendo una delle 1.259 trappole incruente attentamente disposte ad intervalli regolari tra i recessi più occultati dell’arido paesaggio paesaggio scorse, oltre ai soliti gerbilli e topi catturati in grande quantità, la caratteristica coda con il ciuffo e la sottile proboscide di quello che i suoi connazionali delle regioni più rurali non avevano mai spesso di attribuire all’immediatamente riconoscibile animale noto come il sengi. Immediatamente riconducibile grazie alle sue caratteristiche esteriori, nello specifico, ad una specie ritenuta estinta dagli ormai remoti anni ’70, quando la comunità scientifica venne in possesso degli ultimi rappresentanti vivi di questa particolare, minuscola varietà di toporagno elefante non più lunga di 15 cm. Il Galegeeska revoilii di suo conto, con un nome che significa in lingua Maay “donnola del Corno (d’Africa)” è un valido rappresentante ecologico del sistema naturale di una simile regione, dove talvolta muoversi rapidamente, e poter fare affidamento su un metabolismo rapido e funzionale, rappresentano vantaggi maggiormente significativi che possenti muscoli e una stazza in grado d’incutere timore; tutto questo nonostante la sua intera genìa risulti essere nei fatti piuttosto rara nell’intero territorio che occupa in Africa Orientale, un assunto ancor più vero nel caso specifico del sengi della Somalia, ormai ritenuto estinto da generazioni. Altri sette membri della specie, quindi, avrebbero seguito il destino del primo appartenente all’agognata famigliola, confermando al di là di ogni possibile dubbio la lieta novella: che non solo il G. revoilii era nei fatti ancora presente allo stato brado, ma che almeno statisticamente parlando, la sua popolazione relativamente rada risultava complessivamente comparabile a quella dei suoi simili nelle nazioni limitrofe e confinanti. Il toporagno elefante d’altra parte, in realtà per nulla imparentato coi comuni portatori della prima parte del suo nome, è una creatura piuttosto solitaria e territoriale che aborrisce la vicinanza degli intrusi ed i membri della stessa specie fatta eccezione per i familiari, preferendo battere un intera micro-regione di sua sola pertinenza, andando in cerca col suo lungo naso d’insetti, ragni e vermi mentre corre avanti e indietro nel sottobosco in appositi passaggi da lui ripuliti dei detriti con impressionante velocità di fino a 28 Km/h, prima di procedere abilmente alla cattura delle suddette prede. Abitudini per nulla riconducibili, nei fatti, ai suoi più prossimi parenti su questa Terra, che risultano sorprendentemente essere i più grandi pachidermi dalla lunga proboscide, assieme all’oritteropo, il tenrec, l’hyrax ed il lamantino. Una selezione certamente eterogenea, che in questo modo si arricchisce di un membro ulteriore la cui posizione tassonomica, in un modo o nell’altro, potrà nuovamente contribuire a dare chiarimenti su uno dei percorsi evolutivi più singolari di questo pianeta. Non che simili preziose considerazioni, per quanto ci è dato comprendere, costituiscano una parte significativa dei pensieri osservabili tra le appuntite orecchie, e dietro i grandi occhi neri, di un così compatto e in apparenza inoffensivo, eppure nondimeno agguerrito predatore…

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