La reale dimensione dei paesi sopra e sotto l’equatore

Mercator Projection

Ehi, tu! Osserva il contenuto di questa immagine. La vedi quella minuscola cosa rossa, accanto alla massa giganteggiante dell’Australia? Ecco, stai guardando la Gran Bretagna. Si, con Inghilterra, Scozia e Galles. L’isola più grande con tutte le altre, e soltanto un pezzettino dell’Irlanda settentrionale, che Brexit a parte, continua a incoronare qualsiasi immagine dell’Europa. La quale nella visualizzazione più spesso usata delle nazioni, sembrerebbe poter facilmente rivaleggiare con l’estensione longitudinale di alcune parti del paese dei canguri. Si, come no. La realtà, signora mia, la stai vedendo solamente adesso… Forse addirittura per la prima volta: uno scricciolo, un pacchetto di fiammiferi, un ciottolo sperduto nel deserto. Questo dovrebbe sembrarti, persino l’isola più vasta d’Europa, al confronto di quello che pur sempre resta uno dei cinque continenti che compongono le complessive terre emerse del Pianeta. Ed allora perché, normalmente, non sembra affatto così? La colpa, che tale è diventata solamente col trascorrere dei secoli, va attribuita ad una singola persona, vissuta tra il 1512 e il 1594 nella regione delle Fiandre, sita presso il Belgio settentrionale: Gerhard Kremer, passato alla storia con la versione liberamente latinizzata del suo nome, Gerardus Mercator. Matematico, astronomo, cartografo. Geniale manipolatore della geometrica realtà effettiva. Che potrebbe aver modificato in modo indiretto, grazie alla creazione di un sistema fin troppo diffuso di preconcetti (piccolo=meno importante?) La storia stessa dell’intera Terra.
Passiamo quindi alla spiegazione del problema di massima. Che potrebbe sembrarvi, a seconda dei casi, scontata ed automatica, oppure un qualcosa di assolutamente sorprendente ed inaspettato. Il che è del resto molto logico, visto come si tratti di una tematica che viene comunemente affrontata, o almeno DOVREBBE esserlo, nel corso del quinquennio che compone la scuola, per l’appunto, elementare. Cosa che tuttavia risulta spesso problematica, per tutta una serie di ragioni. In genere, la spiegazione va così: “Bambini, sappiate questo. La Terra non è piatta, ma ha la forma di un ellisse irregolare, che in geometria viene chiamato il geoide. La mappa che vedete appesa sopra la mia cattedra, invece, non è altro che un’immagine stampata su di un foglio di carta. Questo significa che per rappresentare una cosa tridimensionale in due dimensioni, essa deve scendere a compromessi con la vera forma e dimensione dei paesi. Ricordate, quindi, che non tutto quello che vedete è verità.” Un bravo maestro, a questo punto, potrebbe far seguire a tutto questo degli esempi: “La Russia in realtà non è tanto più larga degli Stati Uniti” Oppure: “La Groenlandia non raggiunge l’estensione verticale dell’Argentina” Ma simili affermazioni del tutto contro-intuitive rispetto all’evidenza dell’illustrazione, penso sia facile capirlo, in mancanza di un’efficace dimostrazione pratica rimangono del tutto indifferenti. Così questo è un dato che una volta assunto in via teorica, scivola via ben presto, per poi tornare nella mente degli adulti solamente nel caso di chi lavora con le mappe quotidianamente. Il fatto è c’è un solo modo, a questo mondo, per dimostrare in maniera evidente la falsità del senso comune in materia: un’animazione, possibilmente interattiva, visionabile attraverso lo schermo di un computer. Un qualcosa come il sito The True Size.com, presso cui il visitatore può scrivere il nome di un qualsiasi paese al mondo, quindi iniziare a spostarlo in giro per il globo, vedendolo deformarsi in proporzione agli altri che costellano la mappa. Scoprendo, senza alcun ombra di dubbio, l’incredibile realtà. Che tutto quello che si trova al di sopra della linea ideale dell’equatore, ovvero la circonferenza massima della Terra perpendicolare all’asse di rotazione, ci appare innaturalmente più grande. E ciò che è posizionato al di sotto di essa, invece, rimpicciolito di parecchie volte. La principale vittima dell’intera faccenda, assai probabilmente è l’Africa. Che nell’opinione comune, non dovrebbe essere molto più estesa dell’Europa Occidentale. E invece…Potrebbe contenerla tutta intera…NEL SOLO DESERTO DEL SAHARA. E allora perché? Per quale assurda ragione, la più erronea visualizzazione del globo terrestre viene comunemente insegnata nelle scuole, e tutti noi cresciamo abituati a considerare il mondo con una prospettiva notevolmente falsata? Continuate a leggerlo per scoprirlo. Ma il punto principale a priori è che nessuna proiezione bidimensionale di uno sferoide, per sua imprescindibile natura, potrà mai mostrare la realtà. Ed è per questo che nelle aule, dovrebbe esserci sempre almeno un mappamondo. O ancora meglio, un PC.

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Ma come fa lo sport del badminton a superare i 400 all’ora?

Badminton

Le storie, i trionfi, i sacrifici, i piccoli e grandi drammi che costellano 4 anni di preparazione: ogni Olimpiade è un grande spettacolo che coinvolge a più livelli chiunque abbia la voglia, e il tempo, di lasciarsi coinvolgere dalla vicenda personale di questo o quell’atleta, aspirante protagonista indiscusso del suo sport. Ma come ogni volta precedente, essa costituisce pure la finestra su particolari discipline che gli sponsor e la televisione amano trascurare, a imprescindibile vantaggio del solito preponderante mondo del pallone. Chi non ricorda, ad esempio, nel 2010 e ’14, in occasione di Vancouver e Soči, l’improvviso nonché fugace interesse che ebbe a diffondersi su più livelli per l’insolita disciplina di origini scozzesi del curling, in cui la grande pietra scivolante viene spinta contro le altre e al centro del bersaglio, verso l’inseguimento di sfuggevoli medaglie senza pari… E nel 2020 a Tokyo, assai probabilmente, sarà il turno dello skateboard, per la prima volta lasciato assurgere a quel rango di primaria importanza che gli si confa, accanto al suo cugino snowboard già impiegato sui declivi nevosi degli eventi succitati. Ma che dire di questa corrente edizione di Rio de Janeiro, che attualmente sta avviandosi verso il suo ultimo coronamento? Quale “riscoperta” essa potrà lasciare nel subconscio collettivo di noi tutti esseri moderni, superficialmente, ma enfaticamente esperti di ogni cosa? Facendo un rapido giro di perlustrazione su Internet, non rimarrà alcun dubbio: il livello stratosferico della competizione, la presenza di atleti che sono gli indiscussi migliori praticanti mai vissuti, uniti all’insospettata spettacolarità di ogni aspetto rilevante di contesto, ha condotto sulla cima di questa ideale classifica quel BADMINTON ingiustamente trascurato per il resto dell’anno, che se soltanto gliene fosse data l’opportunità, raggiungerebbe facilmente il successo di pubblico della sua alternativa più famosa, l’eternamente replicato show della pallina gialla. Tennis dove la capacità di tirare forte, in determinate situazioni, può superare addirittura l’importanza dei riflessi e dell’abilità. Mentre sul campo molto più piccolo, quasi claustrofobico dell’alternativa, basta una flessione corretta del polso, un ottimo posizionamento, la prontezza di riflessi necessaria ad orientare in modo giusto il tiro, per lanciare una scheggia che supererebbe in accelerazione la locomotiva dell’Eurostar. Ecco di cosa stiamo parlando: il più veloce sport con le racchette che sia mai esistito, che esista attualmente, forse che potrai mai esistere. Da qui a un futuro privo di antigravità.
Prendete come riferimento questa partita del 2015 della versione a coppie, tra le due squadre pluripremiate di Lee Yong-dae / Yoo Yeon-seong (Corea) e Fu Haifeng / Zhang Nan (Cina) eterni rivali sopra i campi di mezzo mondo, i cui rispettivi atleti più famosi e primi citati per ciascun paese, costituiscono, allo stato dei fatti, rispettivamente il 1° è il 4° giocatore più quotato dell’intero scena globale. Qui ci trovavamo, per inciso, agli open di Danimarca, una delle nazioni che attualmente mantengono viva la fiamma del badminton, assieme all’intera area dell’Estremo Oriente, dove risulta essere in effetti alquanto popolare. Strana corrispondenza di regioni geografiche distanti! Da cui nascono…Scintille, vie di fuoco lungo l’aria immobile del campo rigorosamente al chiuso e privo di vento (la “pallina”, anzi il volano, qui è talmente leggero che un soffio basterebbe a invalidare il partita). Il video rilevante, fatto circolare nel corso dell’intera scorsa settimana con il titolo di “Scambi iper-veloci del badminton 2015” o “Questo sport è veramente straordinario [punto esclamativo]” mostra un momento del torneo in cui le controparti si sono sfidate in una serie di confronti al fulmicotone, tra il risuonar dei battiti e lo squittire delle calzature sul PVC. Ebbene sappiate che, nel momento in cui il volano attraversava la rete a seguito di ciascuno smash, esso sorpassava spesso i 300 Km/h. Niente male, per un pezzetto di sughero con 14-16 piume d’anatra nella sua parte posteriore, vero? “Soltanto” la cosa più veloce che abbia mai toccato una racchetta umana…

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L’uomo con mezza barriera corallina nel soggiorno di casa sua

Eli's Aquarium 2

Certo, potrebbe sembrare che il concetto stesso di una botola sul tetto sia una grave vulnerabilità in una villa di campagna, utilizzabile dai ladri per poter penetrare teoricamente in casa. Per non parlare poi di un intero lucernario, della larghezza di oltre 5 metri ed un’ampiezza di circa due! Chi non ricorda, nei tipici film thriller o d’azione, la facilità con cui aspiranti James Bond potrebbero strisciare silenziosamente su di esso, spalmando la loro faccia sul tiepido vetro, per assorbire tramite lo sguardo ogni segreto dell’abitazione. Poveri illusi. Ciò facendo,nel presente caso, tutto quello che vedrebbero è dell’acqua, molta, moltissima, con decine di quintali di pietre calcaree messe in ammollo. Le pupille di costoro si perderebbero tra l’alghe ed i coralli… Mettendo quindi a fuoco ai margini, nel tentativo di combattere la rifrazione della luce, un refolo fluttuante di colore, con qualche dozzina di pesci in formazione, che si aggirano e disegnano figure. Ed a quel punto, ritornando con la mente a quell’assenza del cartello che ti annuncia “Attenti al cane!” gli verrebbe da pensare come, dopo tutto, qui sarebbe stato ben più onesto scrivere da qualche parte: “Attenti al pescecane!” Che proprio non essendo per sua innata propensione solito abbaiare, bensì muto quanto un pesce, tendenzialmente si ritiene possa essere mordace. “Per tutte le balene avide dei Sette Mari” Sembra quasi di sentirli: “Ho visto più giù a valle una villetta a schiera con una scorrevole che dà verso il balcone. Dopo tutto mi accontenterò.”
Si, in effetti…Tra tutte le caratteristiche architettoniche di un grande appartamento, forse non se n’era mai sentito di una più imprevista e al tempo stesso imponente: un’intera singola stanza, capienza 30.000 litri, dedicata al più umido, complesso, oneroso e totalizzante degli hobby/passatempi, ovvero un grande acquario di barriera. Con tutti gli Amphiprioninae dalle strisce pagliaccesche, gli Acanthuridae unicorno con la mascherina da chirurgo e i Pomancathidae con ali d’angelo, che chi ama osservare la vita all’opera da dietro un vetro possa mai desiderare, ma anche e sopratutto una considerevole fetta del loro reale ed insostituibile ambiente naturale, con almeno due tonnellate di quelle che nel settore vengono chiamate le “rocce vive”, attentamente coltivate negli stabilimenti di settore per giungere ad integrare varie forme di poriferi, echinodermi, ascidie, decapodi, policheti, spugne, molluschi ed alghe, riunite in un ammasso di creature in grado di filtrare l’acqua, agevolando il ciclo dell’azoto per facilitare la sopravvivenza dell’intero ambiente artificiale. Non è certamente un caso, dunque, se da quando fu severamente vietato il prelievo diretto di simili materiali dalla maggior parte dei mari tropicali del mondo, i cultori degli acquari si siano rivolti a tali soluzioni innaturali ma pur sempre funzionali, caratterizzate da minore biodiversità ed un numero minore di creature per centimetro cubo. Sembra quasi, dopo tutto, che l’obiettivo di tenere vivi i pesci sia diventato secondario, o in termini migliori l’automatica conseguenza, della sacra missione di ricrearsi in casa un qualche cosa di raro, unico e prezioso, almeno quanto la grande foresta dell’Amazzonia.
Ma ora basta rimuginare. Già la luce sta calando, mentre le dozzine di lampade al LED si accendono nel controsoffitto del più grande recipiente personale mai costruito, mentre inizia il periodo di maggiore attività della giornata. I pesci accelerano la loro marcia frenetica, alla ricerca dell’ultimo scampolo di plankton o squisito gamberetto, mentre d’improvviso, l’acqua si agita per una leggera increspatura. Dalla botola, molto, MOLTO lentamente, sta calando giù una scala, che trova ben si trova ben presto ad appoggiare sul distante pavimento. A quel punto, un piolo dopo l’altro, nel profondo di quei luoghi getta la sua ombra non certo l’aspirante ladro bensì proprio Eli, l’ingegnere, l’architetto, il proprietario ed il creatore di tutto questo. Con la maschera e il boccaglio, egli inizia la supervisione interna del suo luogo prediletto nell’interno mondo del sensibile. Siamo nello stato di Israele, ed è chiaro che costui dispone di risorse finanziarie niente affatto indifferenti. Giusto la scorsa settimana, capitolando alle richieste dei molti seguaci internettiani accaparrati con il primo video, lui ha deciso di fornirci un po’ di dettagli sul funzionamento di una tale meraviglia della tecnica e l’indubbio sogno realizzato di un’intera vita. Le informazioni fornite potrebbero facilmente definirsi, sotto molti significativi punti di vista, come delle vere e proprie rivelazioni.

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Un roditore torna sempre nella trappola, per fame

Squirrel in a jar

Cani, gatti, e… Uccelli, pesci e… Se non avete pensato di completare l’elenco usando la parola topi, nel primo oppure nel secondo caso, evidentemente provenite nello spirito da un pianeta differente dalla nostra affollata, squittente ed ansimante Terra. La cui vitale vibrazione è sempre analizzata grazie al tocco di vibrisse percettive, lievi e inconsapevoli dell’astrazione del pensiero, ma furbe, perché attente ad ogni minimo particolare dello scorrere del tempo. L’avete vista quella simpatica palla di pelo? Dìcesi scoiattolo degli alberi statunitensi, uno sciuridae fra i tanti, appartenente al popolo arboricolo di questo intero ordine, il cui più piccolo esponente, il  gerboa pigmeo del Baluchistan, pesa appena 3,75 grammi. Contro i 66 Kg dell’imponente capibara. Niente male come variazione, difficile negarlo. Eppure, siamo qui oggi a dimostrare, che la mente di questi animali in grado di far crescere continuamente i propri denti anteriori, una dote senz’altro utile nel mondo della corsa al cibo quotidiana, tende sempre verso un singolo, fondamentale errore: anteporre l’avidità allo spirito d’autoconservazione, ovvero il proprio bisogno percepito di nutrirsi anche ben oltre la sazietà, alle chances d’evadere dalle più pericolose situazioni. Molti l’hanno visto succedere, in un caso o l’altro della vita. Quando un’esponente dell’avida genìa, una volta penetrato tra le intercapedini dei muri degli edifici, inizia con trasporto a masticare i cavi della luce, considerandoli alla stregua di aromatici bastoncini di liquirizia. Niente può resistere alla loro fame: in almeno due casi registrati, la borsa di New York dovette fare pausa per diverse ore, soltanto perché uno di loro si era suicidato in tale sconveniente modo. Stessa cosa avvenne successivamente, quando un simile blackout toccò invece all’Università dell’Alabama. Nel 2007, un volo della American Airlines diretto a Tokyo dovette fermarsi ad Honolulu, perché l’equipaggio aveva sentito uno strano rumore provenire dallo spazio sotto la cabina. Era ovviamente uno scoiattolo, che si stava dando da fare tra i controlli e la strumentazione. MOLTO pericoloso, quasi altrettanto persistente… Una questione problematica perché non puoi, è semplicemente impossibile, eliminare tutti gli scoiattoli in un’area. Sono troppo piccoli, veloci e scaltri, possono nascondersi ovunque, scappare via in un lampo, penetrare da ogni parte con facilità. Così talvolta occorre scegliere la via della pacifica convivenza. Che pure, presenta un’ampia varietà di problemi. Il più tipico dei quali, se pure non doveste già conoscerlo, eccolo qui a seguire: la casetta per gli uccelli, croce e delizia di chi vive presso un bosco ed ama gli animali. Piacevole, perché permette di conoscere un po’ meglio chi ha le piume e canta, e svolazzando ci ricorda che anche il cielo è pieno di forme di vita alla continua ricerca di qualcosa da mangiare. E problematica, perché attira pure loro, gli abitanti dalla folta coda degli spazi sopraelevati vegetativi.
Ah, si. Sapete cosa succede quando uno scoiattolo riesce a penetrare dentro ad un contenitore colmo fino all’orlo di becchime? Esso inizia ad ingozzarsi con fare famelico, rotolandosi lascivo tra il prezioso cibo. E mangia con un simile trasporto, ed una tale fame immotivata, che il suo girovita aumenta, al punto da intrappolarlo dentro a quella stessa dispensa in cui era illecitamente penetrato. Dove muore presto di paura, oppure lentamente a causa della disidratazione, semi-sepolto nelle sue stesse feci. Non proprio una situazione gradevole da affrontare, al risveglio avvolto dalla delusione per l’assenza di quel canto mattutino, del passero e del merlo, del chiurlo, del fringuello. Occorre fare in modo che una cosa simile non possa capitare. Serve una soluzione, come quella per l’appunto progettata da Chris Notap, consistente in un’approccio semplice e sperimentale, per rispondere al quesito di quanto debba essere effettivamente piccolo, il foro d’ingresso per gli amici volatori, affinché ladri provenienti dal vicino bosco non possano impiegarlo per praticarvi l’harakiri accidentale…

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