La squadra all’opera sul ponte A-6 del viadotto del Castro, crollato parzialmente lo scorso aprile, rivolse al tavolato instabile un ultimo sguardo carico di nostalgia. Dopo mesi di esperta dedizione, finalmente, le opere preliminari potevano dirsi complete e nel giro di pochi minuti, il loro luogo di lavoro principale sarebbe scomparso in una nuvola di polvere, dopo essere precipitato per svariate decine di metri fino al fondo della valle di Pedrafita. Facendosi da parte, gli operai lasciarono a questo punto avanzare l’impiegato più sacrificabile, ed al tempo stesso prezioso, della compagnia. Imponente, svelto, snodato, riconoscibile dal giallo della sua livrea, Brokk si preparò all’opera sollevando lo strumento principe del suo ruolo professionale: distruggere ogni cosa nel modo più rapido e per certi versi, elegante. Legato a quella che poteva essere considerata la sua vita, una catena grossa e ponderosa, discendente dalla sommità dell’imponente paranco collocato sul terreno solido, al termine dell’apparato cementizio visibilmente dismesso. Avanzando ancora qualche metro, l’insolito operaio si fermò improvvisamente, come al ricevimento di un comando invisibile. Mediante una lieve vibrazione in grado di percorrere il suo intero corpo, abbassò quindi il lungo braccio per puntare a terra lo scalpello situato all’estremità di quest’ultimo, del tutto preparato a colpire il bersaglio per 25 volte al secondo grazie all’energia ricorsiva dell’aria compressa. Un metro alla volta, dall’inizio fino al termine del suo tragitto designato, Brokk avrebbe quindi proceduto al gesto proverbiale in lingua inglese di “tagliare il ramo su cui si è seduti”. E nel momento in cui ogni cosa avrebbe fatto il suo corso gravitazionale, sarebbe di suo conto asceso, libero e leggiadro, verso il cielo della gloria imperitura delle macchine demolitrici. Con soltanto il mero potenziale, ahimè, di un’anima e un’identità indipendente.
Poiché l’avrete già capito a questo punto, il nostro protagonista di quest’oggi è in buona sostanza un robot, nell’accezione più contemporanea del termine, mirata ad indicare il sistema dei suoi “muscoli” e ingranaggi semoventi, piuttosto che l’intelligenza indipendente e forma antropomorfa degli automi teorizzati per la prima volta dal drammaturgo ceco Karel Čapek. Quello prodotto dall’eponima compagna multinazionale dalle origini svedesi, fondata nel 1976 da PE Holmgren & Rivteknik, diventata nel corso delle ultime decadi il sinonimo e l’antonomasia di qualsiasi opera demolitrice condotta a compimento tramite l’aiuto di macchinari dotati di un certo livello d’autonomia. Sotto l’esclusiva, imprescindibile guida di un operatore umano, armato di un apposito telecomando senza fili. Ed è un approccio, a ben pensarci, molto pratico e funzionale, poiché permette a costui di osservare attentamente la situazione dal punto di vista che preferisce, piuttosto che quello non necessariamente pratico della cabina di comando. Distanziandolo, nel contempo, dal pericolo che viene da eventuali conci o calcinacci dei pilastri di supporto, nel momento della verità finale. Come quello sopra descritto, probabilmente del tutto privo di precedenti, diventato virale a partire dalla scorsa settimana, dopo aver costituito un passaggio rapido e obbligato delle opere di rimozione per un’opera tanto imponente, quanto instabile e per questo giudicata non più necessaria…
telecomando
AirDog, un occhio automatico nel cielo
Al momento sussiste questa strana dicotomia, nell’ambito degli sport d’azione, che vedrebbe surfisti, skateboarders, kiteboarders etc, come una sorta di piloti della domenica, costretti ad apprendere i principi operativi del quadricottero, piuttosto che fare pratica in ciò che davvero è importante per loro. Chiunque abbia percorso a velocità della luce dirupi scoscesi, o sia stato sospinto dalle onde impetuose verso il tramonto, ben conosce la problematica di cui sto parlando: senza drone, che ci vai a fare? Una considerevole parte della recente proliferazione di simili attività scavezzacollo, fondamentalmente, può essere attribuita ai recenti meriti della tecnologia; per la prima volta, tutto è documentabile, può essere registrato e caricato su Internet in pochi minuti, direttamente sul campo. Basta una sim. Però che noia la classica inquadratura da terra, magari fuori fuoco! La chiara prova che l’amico vorrebbe partecipare anche lui, piuttosto che essere altrove (a casa a dormire, a casa a mangiare…) A volte, chi fa da tre, fa per se. Primo elemento: un dispositivo da polso di tracciamento poco più piccolo di un cellulare, antiurto e a prova d’acqua, con al suo interno una serie di sensori e un clever software, come lo chiamano i produttori, che sa sempre dove si trova, grazie al GPS. Secondo elemento: tu, l’atleta. Terzo elemento…
AirDog, il cane volante, è leggero, resistente e compatto. Può essere ripiegato su se stesso. Non mangia e non sporca, nonostante abbia bisogno di un metaforico guinzaglio, fatto d’aria e di un segnale radio che gli permette, senza intoppi e senza falle, di seguire da presso il suo intrepido padrone. Per mari e per valli, dalle radici alle cime dei massicci montuosi più alti. Senza mai sbagliare un’inquadratura, perché dispone di sei specifiche modalità: completamente automatico, per seguirti liberamente con una velocità di fino a 65 Km/h; posizione relativa rispetto al nord magnetico, per avere una visuale maggiormente stabile; modalità circuito, per chi, ad esempio, sta praticando un sport motoristico di qualche tipo; posizione fissa, affinché la testina automatica della videocamera, indipendente dal movimento del drone stesso, si occupi di tutto il lavoro; e per finire, pattugliamento in cerchio; ripresa dritta verso il basso. Funzione pensata, quest’ultima, per chi avesse voglia di riprendere un singolo spettacolare salto in verticale, magari con la bici o la moto da cross. Emblematico lo scherzoso suggerimento, riportato sulla pagina del prodotto: “State attenti a non andare troppo in alto.” I cani sono buoni. I cani sono belli. Ma se li stuzzichi andandoci contro, mah?
Drone giocattolo con raggio della morte
Ecco l’arma definitiva contro il pericolo in lattice, la nemesi multicolore. L’indesiderato invasore gonfiabile delle nostre case, creazione collaterale degli esperimenti con l’idrogeno di Michael Faraday. L’oggetto che arriva quando qualcuno compie gli anni, si attacca sulle cose moltiplicandosi e poi all’improvviso, quando meno te lo aspetti, esplode. Finalmente la risposta: dai meandri di YouTube, arriva l’ammazza-palloncini semovente, con pratico telecomando! Niente disagi auditivi per i nostri amici gatti e cani. Scanso ai terrori e ai turbamenti. Purché si escluda quello, non indifferente, di convivere con un ragno-robot fornito di raggio laser incendiario…Utile per ripulire casa dopo le feste, questo si, però pure per bucare le pareti (per lo meno quelle delle case giapponesi).
A creare un tale mostriciattolo di elettronica applicata, come scoprirete nel video, è stato il giovanissimo styropyro, anche detto “il ragazzo dei laser fai-da-te”, tramite un’arguta, quanto immediata, procedura. In qualità di piattaforma di partenza per il suo progetto, piuttosto che iniziare dal principio, ha dunque selezionato un giocattolo dal sicuro effetto scenografico. Questo “ragno” – e si fa per dire, visto che ha sei zampe – riconoscibile dall’incedere babelico e sballonzolante, è una CombatCreature, ovvero la versione commerciale dello Spider Tank Mark 6, drone di terra con testa di Storm Trooper, pensato per combattere contro i suoi simili, possibilmente durante sessioni di svago fra bambini. Era stato la grande novità dello scorso Natale, con un prezzo che si aggirava sui 150 dollari. Da un rapido sguardo su Amazon, soprattutto quello americano, si scopre che al momento costa molto meno. Quindi, avrà pensato lui, perché non mettersi a smontarlo, ricombinarlo? Il risultato è degno di scenari bellici futuri. La simpatica bestiola, aggirandosi per casa, individua i bersagli grazie a un comune puntatore rosso, come quelli venduti presso molte bancarelle. Poi, una volta inquadrato il detestabile pallone globulare, pieno d’aria, d’acqua o di farina, accende il secondo raggio, latòre dell’ardente distruzione: un diodo laser da 2W, proveniente dal DTR Laser Shop. Simili dispositivi, anche se a vendita libera, si avvicinano pericolosamente al temuto concetto di arma impropria. Diciamo pure, senza entrare nei dettagli, che gli occhiali protettivi sono vivamente consigliati. Anzi, praticamente obbligatori!