La Fortezza telecomandata nel suo volo d’inaugurazione

RCSA

Ci sono gli aerei con radiocomando normali e poi c’è questo: un modellino in scala 1:5.6, lungo 4 metri, del più celebre bombardiere della seconda guerra mondiale, l’iconico B-17 “Flying Fortress”, quello che gli americani erano soliti definire la loro Fortezza Volante. La scena si svolge in Austria, nella piccola città di St Margarethen, sul terreno di un improvvisato e rurale aeroporto, pericolosamente circondato dai pali della luce. Se questa aquila sfolgorante, realizzata primariamente in legno di balsa e dal peso non indifferente di 85 Kg, dovesse colpire un cavo elettrico sarebbe un disastro. Fortunatamente l’unico imprevisto dell’evento è stata l’avaria di uno dei suoi quattro motori, senza particolari conseguenze sull’atterraggio. Volare in prima persona è da sempre il sogno dell’uomo, ma bisogna ammettere che anche una simile realizzazione ha un fascino non indifferente: l’entusiasmo del suo creatore Peter Pfeffer, detto “Peda”, e dei molti presenti in occasione dell’erstflug (volo d’inaugurazione) è palpabile e coinvolgente. Si tratta, infatti, del coronamento di oltre due anni di lavoro, in cui l’abilità artistica ha potuto incontrare le più avanzate competenze tecniche e ingegneristiche di un vero genio del modellismo, probabilmente con l’ulteriore, fortunata, caratteristica di avere molto tempo libero a disposizione. La scena suscita anche un diverso tipo di considerazione, ovvero la presa di coscienza di una curiosa giustapposizione di nazionalità: agli occhi dei nostri nonni, un parlante di lingua tedesca che applaude il ritorno di un bombardiere americano avrebbe fatto una certa impressione.  Persino se quest’ultimo fosse stato adeguatamente privato del suo armamento. Ci voleva un cambio di proporzioni. E poi, tutto è più piccolo in Europa: nei Jardin du Luxembourg, a Parigi, c’è una Statua della Libertà uguale a quella di New York, tranne che per il fatto di poter ospitare, al massimo, un paio di piccioni alla volta. E così è l’aereo di Pfeffer, relativamente ridotto, perfettamente funzionale. Ma con un rombo tale da fare invidia a qualsiasi volatile naturale, anche in assenza di effettive bombe o cannoni sputafuoco.

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L’elicottero distruggimontagne

Sunndalsora

Un boato straordinario riecheggia all’interno del fiordo di Sunndalsøra, nella regione norvegese di Nordmøre. Si tratta di un elicottero dell’amministrazione pubblica stradale, che assolve coraggiosamente alla sua missione più difficile: scardinare dalla parete rocciosa di un monte, a strapiombo sul mare, un grosso macigno, prossimo alla caduta sulla via di Oppdølstranda, costituendo un grave rischio per la sicurezza. Il tuono assordante proviene, mirabilmente, da una grossa sfera da demolizione rossa, agganciata mediante l’uso di un lungo cavo al velivolo, come una sorta di pesante mazza medievale. Si riesce facilmente ad intuire l’abilità del pilota, dotato anche di una freddezza d’animo non indifferente, nonché l’ingegno necessario alla preparazione di una simile impresa, forse il modo più spettacolare e pratico per risolvere un così significativo problema. Eppure questa non è che l’ultima puntata dell’eterna guerra fra uomo e natura, che all’interno di un tale emiciclo naturale, con le caratteristiche innate di un vero teatro, pare assumere un tono epico, quasi riecheggiante del sapore delle antiche leggende norrene.
Jörmungandr, il serpente che circonda il mondo, si agita nelle profondità marine, creando poderose ondate e maremoti. I giganti, progenie di Ymir, attendono pazienti il momento di scendere dalle cime nebbiose che ci sovrastano, per poter finalmente saziare la loro tremenda fame di carne umana. Sospesa nel mezzo, indifferente alle acque turbinose e all’incombente pietra, si estende la strada asfaltata, spavaldo simbolo del regno umano di Midgard. Come avviene nell’epos di ogni cultura e paese, tuttavia, i confini che separano il mito dalla materia non restano mai del tutto inviolati. Può capitare che un troll dei boschi d’altura, colto all’improvviso dalla luce dell’alba, si trasformi in un pietrone in bilico, pericoloso per se stesso e gli altri. Oggi la soluzione va ricercata nel mondo della tecnologia. C’è stato un tempo, invece, in cui ci saremmo affidati ad un altro tipo di eroi.

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Decolla come un fulmine ma pesa 40 tonnellate

JATO

Quando i vichinghi assaltavano le coste della Britannia o della Normandia, tutto l’equipaggio doveva immergersi nella furia della battaglia. Il timoniere sbarcava con gli altri impugnando un pesante scudo e persino il cuoco di bordo affilava le asce e seguiva il suo comandante nel mezzo delle fila nemiche. Giunto il momento della verità, nessuno aveva più un ruolo esclusivo e tutti contribuivano allo scontro. Così è, ancora oggi, per i Blue Angels, la squadriglia acrobatica della marina degli Stati Uniti seguita assiduamente da più di 13 milioni di persone, notevole soprattutto per la maestria dimostrata nell’impiego dei cacciabombardieri F/A-18 Hornet, con cui realizzano coreografici voli in formazione di 6 elementi. E celebri, anche, per il loro variopinto aereo da trasporto, un colossale C-130 Hercules detto Fat Albert, il quale piuttosto che limitarsi a fare da taxi volante per le apparecchiature e gli uomini partecipa anche lui, da protagonista, a ciascuno degli eventi in calendario. Decollando praticamente in verticale, nonostante le sue 35 tonnellate di peso (a vuoto) grazie all’impiego di un’originale serie di razzi ausiliari monouso, i cosiddetti JATO, concepiti per l’impiego in situazioni difficili, con piste troppo corte o carichi eccessivi a bordo. Originariamente, durante la guerra, venivano talvolta montati sugli alianti, per catapultarli subito in cielo senza l’impiego di un velivolo da rimorchio. Nel mondo di oggi tale tecnologia trova uno scopo decisamente più meritevole, quello di far sognare gli spettatori. Superando i limiti della fisica apparente nell’equivalente moderno di una drakkar scandinava, soavemente lanciata tra i mari celesti.

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Fairchild Packplane: lo strano camion volante dei primi anni ’50

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Benchè il concetto di un aereo impiegato per il trasporto di merci, posta e materiali risalga inizi del XX secolo, il primo velivolo creato per questo specifico compito non solcò i cieli fino a tempi ben più recenti. Stiamo parlando degli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, l’epoca in cui due grandi compagnie americane si contendevano il nuovo settore commerciale dell’aviazione civile, impiegando incredibili colpi di genio ingegneristici e progetti innovativi. La Fairchild Aviation, azienda texana oggi famosa per il riconoscibile cacciabombardiere A-10 Thunderbolt, partiva con un significativo vantaggio: l’affidabile benchè poco potente C-82 Packet, un panciuto trasporto truppe, ospedale da campo volante e traino preferito per gli alianti usati dai paracadutisti nelle operazioni speciali. Dall’altra parte c’era il colosso aerospaziale Lockheed, fondato nel 1912 in California, creatore tra gli altri degli iconici caccia bimotore P-38 Lightning, imbattibili re dei cieli sul finire della guerra nel Pacifico. Come spesso capita nel campo delle innovazioni tecnologiche, tuttavia, la competizione del libero mercato si trasformerà presto in conflitto, finendo per mietere vittime inconsapevoli tra le più brillanti idee delle due parti contrapposte.

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