Il mitra spara-aerei di carta e la sua nave madre

Paperplane Cannon

1911-2011: il secolo dell’aviazione, dell’automobile, dell’informazione, dell’automazione. A scriverlo non ci si crede. Così tanto progresso, in poco tempo? Viene da prendere quel foglio, appallottollarlo e poi via, lanciarlo via, verso il cestino più lontano della stanza! È soltanto se la stanza non esiste (a parte quella nella mente) e il cestino è troppo lontano, oltre chilometri di prato, che sovviene la reale soluzione. Che sarebbe poi, anche la dimostrazione: se pieghi una cosa attentamente, secondo i crismi dell’aerodinamica, quella vola molto-molto avanti. E non ritorna indietro, neanche con il vento di Ponente, salvo tecnologiche eccezioni, di telecomandi e rigidi alettoni. Però talvolta, quel controllo non è necessario. Tutte le volte che la gravità si fa pesante, e allunga il giro dei minuti, ciò che conta è decollare, andare avanti col cervello, anche se il corpo resta fermo; proiettarsi, come niente fosse, nella carta di aquiloni e di origami, come facevano i sapienti, in quel di Vinci e di Shanghai.
Un’invenzione che sarebbe degna di Leonardo, questa, se fosse arrivata prima di quest’epoca recente. In cui è la prototipazione digitale, indubbiamente, a farla da padrone. Permettendo di creare componenti, non importa quanto piccoli e complessi, grazie all’impiego di un comando, due misure, tre minuti di pazienza; quando prima, invece, ci voleva il genio, per creare. Siamo di fronte a… È un cannone mitragliatore spara-velivoli-ultraleggeri, ebbene si. Grazie, Papierfliegerei, il cui motto è “Fast alles über Papierflieger” (quasi) tutto sugli aerei di carta) per averci dimostrato che le nostre lunghe ore trascorse sopra e sotto i banchi di scuola, per lo meno, a qualcosa son servite. O serviranno. Nella nostra epoca, è sparita la suprema specializzazione. Siamo tutti ingegneri in potenza, aviatori in potenza, artiglieri potenti, che se possono, e lo possono, premono il pulsante per…Fuoco alle polveri! Anzi, carta nei passeri! Gli uccelli solitari, per proverbiale predisposizione, che ad ogni modo meritano il giusto apporto di cancelleria.
La parte che colpisce, prima di essere colpiti veramente, è l’incredibile funzionamento. Efficienza senza limiti. L’oggetto ha le proporzioni e la forma approssimativa di uno skateboard, impugnature escluse. È guardandolo da sopra, che rivela i suoi segreti: una complessa serie di intercapedini, propaggini e fessure riescono a piegare i fogli fatti entrare dentro al meccanismo…. 

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Un origami dalla proboscide lunga 3 metri

White elephant

Tra le iniziative più interessanti finanziate mediante un portale di raccolta fondi online, oltre alle diavolerie tecnologiche, ai film indipendenti e ai videogiochi, spiccherà sempre questo candido pachiderma. Immobile, da qui all’eternità. Nasce in una grande sala del Centro di cultura e congressi di Lucerna (KKL) in Svizzera, dalle precise piegature di un unico foglio di carta, con 15 metri di lato. Era un semplice quadrato privo di spessore, prima di incontrare Sipho Mabona, professionista degli origami. Colui che l’ha così ricreato. Alto e splendido, stolido attrattore di sguardi: una vera opera d’arte. Niente di simile c’era mai stato, a questo mondo. E forse mai più ci sarà. Se non per il tramite della metafora pregna ed equivalente: l’elefante bianco, per l’appunto. Non una specie a parte, bensì lo stesso animale, albino e vivente. Antonomasia per eccellenza di un dono scomodo, quanto inutile, oppure di un arduo progetto. Si narra di come il re del Siam, l’antica Thailandia, usasse inviare una di queste creature ai suoi cortigiani meno graditi, causando enormi problemi. Un animale simile mangia, costa ed occupa spazio. Per non parlare di… A meno che sia di carta (e anche in quel caso!) Eppure, come rifiutarsi? In tutto il mondo, ed ancor più nei paesi di religione induista, il grande quadrupede orecchiuto rappresenta la saggezza e la potenza, qualità primarie di un governante. Indra, dio del tuono e della guerra, ne cavalcava uno in battaglia, bianco come l’osso, con quattro zanne e sette proboscidi. Evviva la ridondanza! Tale bestia poteva volare. Non c’è da sorprendersi, dunque, che la sua migliore approssimazione su questa Terra venisse considerata sacra. Guai a chi, trovandone uno, non l’avesse presentato, con tutti gli onori del caso, al suo caro monarca. Per poi riceverlo indietro, magari, come regalo. Al primo elefante, venivi considerato un magnate. Al secondo, un munifico paragone. Al terzo, un eroe del regno. Purché le finanze ti venissero dietro, come nel caso del re, ovviamente. L’attuale monarca di Thailandia, Bhumibol Adulyadej, di questi animali ne possiede dieci. Per fortuna, i tempi moderni gli permettono di tenerli tutti per se, usando contro gli indesiderati strumenti meno insidiosi di allontanamento.
L’espressione metaforica del white elephant, tanto cara ai paesi anglosassoni, ben si ritrova in molte delle moderne campagne di Kickstarter e Indiegogo. Promesse di prodotti futuribili, soluzioni a problemi che non sapevamo di avere. Non sempre realizzabili, né realizzate. Cose utilissime, oppure, come nel presente caso, semplicemente diverse. Fuori dal comune. Questa, indubbiamente, è la ragione migliore per finanziare degli esimi sconosciuti sul web: credere, piuttosto che in loro, nelle universali ragioni del bello. Sapendo che la promessa di un creativo, come questo maestro della piegatura della carta, non è fatta da lui, verso di noi. Ma riflessiva e rivolta a se stesso: “Si, posso farlo e lo farò.” Sorga dal suolo, quindi, l’ennesima meraviglia…

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Maschere astrali ricavate dalle increspature della carta

Joel Cooper
Via

Due mani, un liscio tavolo, soltanto un foglio, il gesto è ripetuto: pieghettare, ancora e un’altra volta. Un costruttore di simili origami d’avanguardia, scagliose o splendide creature antropomorfe, non ha soltanto un volto, ma molti. Li fabbrica, li colleziona, talvolta poi li vende a qualche sconosciuto. Quegli occhi ci osservano meditabondi, senza traccia di pupille. Fauni d’oro appesi alle pareti, arcani faraoni sulle porte, profeti dalle barbe sfaccettate, nascosti fra le fronde, dietro gli alberi del tuo giardino. Le corone sono corna dell’impermeabile mistero. Le bocche geometriche, turgidi dodecaedri, parrebbero più chiuse di una cassaforte. Ma in fondo chi è, quest’artista che utilizza lo pseudonimo di Origami Joel? Qualcuno che parte da ingredienti semplici, però punta molto in alto, ovvero alle purissime apparenze. Il suo dominio è l’arte di scolpire con la carta, però non secondo i metodi che insegnano nei libri. Meno male che ci ha regalato un blog, dove, tra i molteplici argomenti, descrive la sua tecnica speciale.
Nell’origami classico, secondo quanto chiaramente definito dagli esperti, esistono quattro tipi di diverse piegature: a valle (verso di noi) a monte (il contrario) e le relative contro-pieghe, usate per creare gli essenziali vuoti a fisarmonica, perfetti punti d’articolazione. Ciascuno di questi gesti codificati, partendo dall’imponderabile piattezza della carta, sarebbe un po’ come il tratto di un pennello. Da tali interventi manipolatori, mescolati da una mente ragionevole, puoi dare vita a molte cose. Soprattutto, farle muovere, se vuoi. Quanti gufi, aeroplani, cicogne o rospi saltatori! È questa la natura espressionista della carta, il tratto dinamico che prende vita. Ti resterà, comunque, un limite fondamentale. Perché un conto è definire i profili stilizzati di creature note o grezzi mezzi di trasporto; tutt’altra cosa è rendere giustizia all’illustrissima figura umana. O alle sue molteplici interpretazioni, come queste espressioni di cartacea meraviglia.

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Animali dai fazzoletti nella reclame giapponese

Tissue Animals

Et tu, Brute! Salute, raffreddore. Figlio del fieno e dell’inverno. Un senso di catastrofe imminente, che si prolunga col passare dei secondi: lo starnuto che se pure arriva, lo fa quando meno te lo aspetti. Rammarico, disperazione; la giacca cambiata, il fazzoletto che non c’è “…Oh, baka!” HA-KU-SHON! (Direbbe un giapponese). Le onomatopee, questo è noto, mutano da una nazione all’altra. E così è pure per le usanze del convivere civile, soprattutto in materia di emanazioni effusive, del tipo dovuto ad intemperanze del sistema umano di processazione dell’ossigeno. Suscettibili polmoni, bronchi traditori…Come pubblicizzare i fazzoletti, senza parlare di prestazioni ed assorbimento, resistenza ai liquidi, capacità di esorcizzare di saliva? Di naso e di narici, codeste horribiles visiones? Argomenti somatici tanto più sgradevoli, in un paese in cui c’è un rispetto per gli altri così sviluppato, omni-comprensivo, che i perseguitati dal male stagionale dovrebbero girare perennemente con la mascherina. Diffusa è la gag piuttosto spiritosa, tra vecchi anime o manga in bianco e nero, del giovane protagonista, gocciolone pendulo e traballante nei pressi della faccia, trattenuto per un pelo, grazie a doti d’apnea degne di un atleta pronto per competere nelle olimpiadi degli sport acquatici. Ed è quasi poetica, quella bolla umida, la quale, sospesa magicamente nell’aere di una sera limpida d’autunno, riflette la luce della luna in due o quattro cerchi scintillanti, grazie alla perizia di un tremendamente fervido disegnatore. Riecheggia del senso dell’impermanenza che sorregge tanta parte di quell’unica, soave cultura. In Giappone, vero e virtuale, non ci si soffia questo naso, nossignore – Se non molto silenziosamente, da una parte e in assenza d’incongrui testimoni – sniiff!
Cionondimeno, con doverosa osservanza verso le logiche dell’universo, sugli scaffali dei negozi trovano posto molti fazzoletti, delle marche o fogge più diverse. Una di queste, ebbene, è la NEPIA, committente della pubblicità in oggetto, leader di settore nonché runner-up in quello dell’iper-prosaica carta igienica. Non si giunge a quei livelli di primato nazionale, tabù culturali permettendo, senza l’apporto di un valido reparto marketing, o per lo meno la capacità di creare un’immagine aziendale perfettamente calibrata. Loro, a quanto sembrerebbe, scelgono l’emblema dell’ecologia. E l’arte antica dell’origami zoomorfo-effervescente, che si muove, vive di sua iniziativa oppur barrisce, all’occorrenza.

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