Il segreto per ipnotizzare gli squali

Shark petting

Per la serie informazioni che teoricamente, un giorno, saranno in grado di salvarti la giornata (e forse tutte le altre successive?) Ovvero un metodo speciale, tramandato doverosamente negli ambienti di settore. Guarda: c’è una storia, che è una scena, che è una soluzione, a quanto pare, per quel classico problema di te a mollo, quando all’improvviso spunta (chi l’avrebbe mai detto?) non soltanto quella pinna all’orizzonte, ma anche la coda, il dorso e tutto il resto, di lui/lei/l’altro, un esponente singolo dell’ordine dei pesci più potenzialmente pericolosi dell’ambiente acquatico per eccellenza, il vasto e umido mare. Ahi, ahi, ahi, che fare…C’è persino il caso che qualcuno si affidi, con ecologico entusiasmo, alla statistica secondo cui l’attacco di uno squalo verso l’uomo sia piuttosto raro, nonché sempre accidentale: “Un pesce come questo non divora le persone. Se ti mangia, poi ti sputa, perché preferisce carni d’altro tipo.” Però intanto ti ha assaggiato, almeno un pezzettino e forse due. Dunque se tu invece vuoi nuotare e allontanarti verso riva, sei pregato di considerare questo: uno squalo di medie dimensioni, come potrebbe essere il Prionace glauca (la verdesca) si sposta normalmente a velocità che si aggirano attorno ai 15 Km/h, planando sulle sue pinne pettorali in mezzo alle correnti dell’Oceano sconfinato. Però ecco, piuttosto di frequente, sono stati osservati esponenti di questa specie che riuscivano a contrastare facilmente i flutti avversi di anche 25 Km/h e almeno in un singolo caso, è stato riportato il caso di un grosso maschio (2 metri ca.) che ha raggiunto e sostenuto la velocità di 39,5 Km/h. Insomma lui non ti cerca, non ti vuole. Ma se per caso dovesse decidere di prenderti, stai pur certo di una cosa: in qualche modo lo farà.
Se non puoi ignorarli, né fuggire, sarebbe quindi meglio ritornare amici degli squali. Ricercare nell’incontro, al cospetto di una tale essenza tipologica di pesci e cani, non tanto l’ittico, quanto il princìpio stesso del migliore amico degli umani. Senza lingua penzoloni, ma pur sempre ben disposti verso chi ha la voglia di comprenderli ed interpretarne la maestà. A vantaggio di noialtri, che guardiamo ed apprendiamo per l’ipotesi futura di un bagnetto molto sfortunato. In questo video comparso all’improvviso sul portale LiveLeak (una delle migliori alternative indipendenti al mare di YouTube) si può osservare un caso strano e stranamente noto, del migliore approccio praticabile nell’interazione uomo-belva, almeno quando la belva è libera e in attesa del suo pane quotidiano. Succede di continuo, lassù nelle Bahamas, a vantaggio di quel particolare tipo di turista, ai nostri giorni sempre più diffuso: colui o colei che cerca l’avventura. Gode del trovarsi un po’ al cospetto della morte stessa, per conoscerla di fama, se non nella sostanza, e contare sul ricordo in occasione d’imprevisti successivi. L’adrenalina è la migliore delle droghe, perché si trova già all’interno del nostro organismo. Occorre solo il giusto stimolo per scatenarla. Così, si paga un prezzo, che naturalmente può variare, per recarsi assieme agli istruttori in luoghi molto frequentati dai Carcharhinus perezii, o squali di scogliera dei Caraibi, proprio mentre avviene la consumazione di un banchetto molto amato: qualche esca, oppure decine di esse, vengono soavemente rilasciate a mezza altezza, lievemente galleggianti fra molecole di circostanza. Finché, H2O! Non giunge il primo ospite di quel banchetto. Seguito dagli amici prossimi, gli zii acquisiti, scolaresche (il termine inglese per un gruppo di pesci è giustappunto school) ed un intero branco di ruvidi visitatori, tutti tesi per conoscere il piacere dell’incontro con gli umani. Che non è soltanto, a conti fatti, il quibus cibario sopra il piatto azzurro virtuale, ma anche il più semplice piacere della compagnia. Ben esemplificato da un piccolo gesto d’affetto naturale, che accomuna le creature sopra, sotto e attorno l’acqua: una carezza, sopra il naso, offerta con dei guanti corazzati in maglia di metallo, perché non si sa mai. L’effetto è veramente inaspettato.

Leggi tutto

Migrazioni marine: la piramide dei granchi e lo sciame pinnuto d’argento

A pyramid of crabs

La vita del subacqueo è piena di sorprese. Un giorno esci di casa, come tuo solito, con le due bombole già saldamente assicurate sulla schiena, raggiungi la spiaggia e poi ti tuffi, lasciando che l’inerzia faccia il resto del lavoro. Veicoli, imbarcazioni, presupposti e circostanze; tutto quanto può contribuire alla creazione di un sentiero ben direzionato, verso la scura essenza del fondale. Ove il mare si concentra, raggiunge i limiti del suo profondo senso di mistero. E tutto può stupirti, se lo vuoi. Pinktank di Melbourne, per gli amici PT, è l’autrice fortunata di queste riprese che stanno facendo il giro dell’ambiente internettiano, in cui si osserva un fenomeno tutt’altro che raro per le specie appartenenti alla tipologia arbitrariamente definita del “Granchio ragno” almeno stando ad una vasta serie di studi scientifici liberamente disponibili online, ma che di certo raramente viene offerta all’occhio degli spettatori umani, ed ancor più nella totale assenza di un commento, tranne quello musicale. Talvolta ci si sveglia la mattina con la voglia di capire; perché gli uccelli migrano, i vulcani espletano la loro furia la ragione e il peso delle nubi. Altre volte, tutto quello che ti serve è un occhi per spaziare, vivere il fenomeno e lasciarsi trasportare dagli eventi che si affollano nel tentativo di attirare l’attenzione. Casi di uccelli/insetti/cani/gatti/topi ben distinti tra di loro, o come in questo caso, un unico flusso indistinguibile, di dozzine sopra le altre, oppure addirittura centinaia d’individui, in grado di formare l’entità transitoria di un vera e propria struttura architettonica, così curiosamente affine al torreggiante mausoleo faraonico di antiche civiltà. E per chi afferma che nulla potrebbe essere piramidale, senza l’intervento di creature interdimensionali o l’influenza degli alieni, ecco la prova certa che simili forme verticali sono un frutto imprescindibile di ciò che è vivo e cerca la sua strada di realizzazione, il metodo sicuro di lasciare un segno proiettato verso il domani, pur se gravido di presupposti di trasformazione.
Siamo per l’appunto a Port Phillip presso il molo di Rye, nello stato dell’Australia del Sud di Victoria. L’esperienza dev’esser stata straordinaria: poter assistere al primo atto della migrazione annuale degli appartenenti alla superfamiglia dei Majidae, granchi decapodi con il carapace più lungo che largo, oltre alle lunghe zampe che gli permettono di camminare verso avanti e li vedono associati, per somiglianza estetica, all’amichevole aracnide del vicinato. Architetto, lui si, di una tela che sott’acqua non avrebbe un senso. Il granchio ragno comune non è più largo di 10 cm, benché la prospettiva del video possa trarre in inganno.  E benché non ci sia un modo per tendere una trappola in tela tra le molecole di H2O, ciò non significa che sussista vita facile, per chi batte il fondale in cerca di cibarie zampettanti o zigzaganti, il dorso bitorzoluto ed aculeato così  esposto ai predatori di passaggio. Dunque la via salvifica di simili semplici spazzini è tale, da lasciar basito chi vi assiste: l’aggregazione dei corposi numeri, la costituzione di una folla d’individui, solida e inarrestabile, dinnanzi cui persino l’uomo può trovarsi scosso dalle circostanze, privo di parole o considerazioni. Allora, tutto è pronto. La memoria evolutiva della specie, ancora questa volta, ha istituito l’ordine militaresco delle schiere. Però prima di partire verso acque dalla composizione salina e la temperatura maggiormente vantaggiosa visto l’incipiente sopraggiungere dell’inverno (qui siamo nell’emisfero sud, baby) come attentamente determinato da esperienze precedenti, viene il giorno ed il momento dell’accoppiamento. Un brulicante formicolìo di bestioline sovrapposte per la spinta del più basilare desiderio, tese a scambiare il proprio patrimonio genetico senza distinzioni tra la casta, il ruolo e l’imponenza. Laddove normalmente, nei rituali dell’accoppiamento tra simili creature, conta soprattutto la regola del più forte, in simili attimi di gloria tutti/e vanno bene per tutte/i. Basta che batta le chele.

Leggi tutto

L’ammucchiata delle chele in cerca di una casa

Paguri

E allora disse all’eremita: d’ora in poi trasporterai quel peso. E come te i tuoi discendenti, fino al minuto e il giorno della fine di ogni Oceano sulla Terra. Quando vagherete sui fondali nebulosi della vostra colazione, fra vegetazione d’alghe bioluminescenti. Sulle sabbie riarse dell’ora di pranzo, alla ricerca di molluschi da ghermire per succhiarne il nutrimento, col fardello della casa saldamente assicurato sulla schiena. Persino all’ora di cena della vostra vita, per godervi l’ultimo pasto, ben protetti dalla stessa cosa. Un guscio, un granchio, un sogno, un premio. La spazzatura di qualcuno che strisciava un tempo ed il tesoro di voi altri, la conchiglia. Vi chiameranno in molti modi: lumachine, diavoletti di mare, yadogari no mushi, hermit crabs. Ma voi non perdete il senno, vermigli appartenenti alla famiglia dei Paguroidei! Piccoli eppur furbi, addirittura OPPORTUNISTI, con fierezza. Economisti dell’evoluzione. Crostacei, molluschi: due modi di fare lo stesso identico mestiere, lo spazzino. Però con approcci differenti. Il punto è come fare per difendersi dal male della vita, il predatore. Tanti pesci e tartarughe, uccelli, gli avversari? Solo un guscio può proteggersi, o per meglio dire, due versioni. Il primo è chitinoso, affine a quello degli insetti. Se ne vestono i comuni granchi, come un’armatura di carbonato di calcio, bene articolata dove necessario, forte e fiera, samuraica addirittura. Da cui spuntano i due occhi vispi e tutti quei peduncoli, appendici del bisogno di mangiare; è una soluzione “buona” ma comporta sacrifici. Un dispendio di sostanze nutritive non indifferente, sulla scala minima di quelle graziosissime creature. Mentre l’alternativa…Una lumaca di mare è alquanto interessante. A differenza di noi altri vertebrati, non ha pelle ne membrane per proteggere i suoi organi dal Sole che bollisce, che corrode o abbrustolisce. La sua strategia è diversa e punta tutto sul grande osso, parte di una sorta d’esoscheletro. Perché quest’ultimo è avulso, dal contesto e dalla forma, e spiraleggia nella forma altissima della spirale di conchiglia. L’animale, in parole povere, secerne un fluido che si chiama aragonite, in grado di formare la struttura cristallina della madreperla. Una volta ostruito l’unico foro d’ingresso con l’organo calcareo dell’operculum, tale scudo è impenetrabile, ma a quale costo? La lumaca è lenta, non si sposta molto, non è in grado di fuggire quando necessario. La sua soluzione è “sufficiente”. Però guarda, esiste un terzo modo: la via di chi non ha uno scrupolo di sorta, nonché la pazienza di aspettare, quando cresce troppo, per cambiare casa. Un parassita, se così può essere detto, visto che raccoglie ciò che non ha più uno scopo, lo ricicla e ne fa parte stessa del suo corpo. Lui, che nonostante il nome americano (granchio solitario) vive in gran comunità di fino a centinaia d’individui, tutti condizionati dalla stessa problematica immanente. La crescita economica del mercato immobiliare.
Con il ritirarsi di marea, su questa spiaggia visitata dalla BBC per una puntata della serie Life sulle abitazioni degli animali, si palesa sulle sabbie la più attesa meraviglia: dozzine di conchiglie bitorzolute, il prodotto di generazioni di quegli altri stolidi molluschi. Decine di paguri, cresciuti ancòra e ancòra, non vedono l’ora di disporre di uno spazio maggiorato, ove prosperare o ritirarsi quando necessario. Si scatena, così, un crescendo di zampette operose, si menano fendenti. Per primo vince e detta il passo, come sua prerogativa, il grande capo della situazione. A tutti gli altri non rimane che aspettare il turno.

Leggi tutto

Come cantavano i sinceri marinai

Old Chariot

“E spingiamo, spingiamo innanzi il vecchio carro, spingiamo!” Coro: una goccia di rum non ci farebbe affatto male, oh, una goccia del sangue di Nelson*; “Ma spingiamo, gente, ancora e ancora, quel dannato vecchio carro […]” E poi di nuovo, in un crescendo di entusiasmo ed enfasi selvaggia. Del resto amici miei! Una volta passato il Corno, ci potremo infine riposare. Quindi, forza e coraggio: tirate fuori il vostro perno dal cabestano, il grande argano di babordo, e poi piantatelo di nuovo dentro al foro successivo, tutti assieme, al risuonare del tonante richiamo. Finché il ferro là gettato nel profondo della baia non risorga umido, ruvido e lucente. Allora via, verso l’orizzonte. Vele nel vento, oltre gli scogli tempestosi… Non è mai davvero chiaro, quanti dei traguardi storici di una nazione siano il frutto di un’attenta pianificazione e quanti invece, faticosamente attraversati, siano il frutto di una sequenza più prosaica degli eventi. Lo statista che dirige le mansioni di un’intera macchina governativa, il generale di stato maggiore, il presidente del convegno che traduce le giornate in decisioni. E così tutti coloro, trascinati dal bisogno, che in qualche maniera rendono palesi le delibere del giorno. Da cui deriva tutto il resto: l’opificio come l’operosa fattoria, il muoversi delle brigate. E infine poi, la nave dei commerci d’oltreoceaeno, quel micro nel macro, eppure cosmo innegabilmente ripiegato su se stesso quanto l’infinito, soprattutto perché autosufficiente, oggi estremamente, e ancor di più una volta. Estremamente britannico, nella celebrata tradizione. Anglosassone in senso più vasto. Senza radio, cellulare, senza procedure o rigidi regolamenti: quando l’unico modo per mettere il modo il meccanismo era davvero crederci e far parte. Di un qualcosa di volubile, eppure niente affatto raro. Perché funzionale, quindi replicato. E conseguentemente, bello: il canto degli stevedores (gli stivatori). Che fu brevemente citato in ambito letterario per la prima nel 1549, all’interno del componimento propagandistico del The Complaynt of Scotland (Il lamento della Scozia) scritto contro Enrico VIII, che all’epoca si era prefissato di agevolare il matrimonio politico tra Mary Stuart la cattolica e il proprio figlio Edoardo, durante la guerra fallimentare che passò alla storia come il rough wooing (brutale corteggiamento). E  già a quei tempi alcune delle fregate e le altre navi cariche di spade e cavalieri, a quanto ci è dato di comprendere dal testo, disponevano di un certo tipo di canora predisposizione, utile a cadenzare l’intenzione ed il funzionamento dello sforzo collettivo. Ma il vero fiorire di questa pratica, di accompagnar l’impegno di marina con le note musicali, si ebbe a partire solo successivamente, dal tardo diciottesimo secolo, in corrispondenza con il fiorire dei commerci (anche, ahimé, di esseri pensanti) e del colonialismo di stampo ed intento imperialista.
Risalgono a quest’epoca, in effetti, i molti curiosi resoconti degli esperti viaggiatori venuti a contatto con la cultura esportata, assieme alle braccia ed al sudore, dai vasti paesi e popoli del continente antico. Si trattava di una strana abitudine dei popoli africani; tutti quegli schiavi, dalle piantagioni nei neonati Stati Uniti ai rematori delle ultime galee, a coloro che immettevano il carbone in orride fornaci e così via, che non lavoravano in silenzio. Niente affatto. Bensì accompagnavano, ciascun singolo e sudato gesto, con le note di uno spiritual, ovvero un canto a cappella fatto per trarre un sincero beneficio psichico dal battere delle stoviglie, dal colpo ripetuto della zappa e/o del martello, perché nonostante l’avversità crudele del destino qualcuno, lassù, li amava. A margine di tale procedura, viene spesso citata l’opinione al tempo diffusa e convenzionalmente associata ad un resoconto anonimo dell’isola di Martinica (nelle Antille francesi) secondo cui: “I neri non riescono a svolgere un compito senza accompagnarsi con il canto. [E infatti] dispongono di una sterminata serie di componimenti, ciascuno designato per una specifica mansione.” Per la mentalità dei naviganti di allora, naturalmente, era assai difficile mettersi sullo stesso piano dei loro malcapitati servitori. Eppure, ciò che sapeva dimostrarsi utile, tanto spesso ritrovava significative applicazioni.

Leggi tutto