Il grande volto fatto con le cose, un’opera di Bernard Pras

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In questo ritratto dell’importante attore malese Sotigui Kouyaté c’è di tutto, in senso veramente letterale.  Rami, ossa, corna di animali, coperte, indumenti, stoviglie, feticci, foglie di palma e pezzi di botti. Un’intera stanza, nel caos più completo. E ad una delle sue estremità, seduto a un tavolo con il suo laptop di alluminio, c’è Bernard Pras. Questo è l’artista francese, fotografo e litografo, che ha perfezionato all’inverosimile le tecniche dell’anamorfismo e del trompe-l’œilriuscendo a delineare immagini con metodologie improbabili, capaci di sorprendere e affascinare l’osservatore. La sua serie con volti e raffigurazioni di personaggi della storia e del mondo dello spettacolo, realizzati a partire dal 1994 con cumuli di oggetti apparentemente casuali, costituisce un’espressione di quella forma di arte contemporanea che trascende le semplici definizioni di genere. Molto più che semplici dipinti o sculture, i suoi ritratti aggiungono, infatti, carattere ed implicazioni al soggetto selezionato, in grado di riemergere spontaneamente a un’analisi dei singoli componenti. La sua Marylin Monroe, ad esempio, nasce da teste di bambole e confezioni di detersivi. Bruce Lee è fatto di giocattoli e lanterne cinesi. Luigi XIV, il Re Sole, si profila come un insolito tripudio di carta igienica e merendine. E poi, una volta contemplata la fotografia di ciascuna installazione, non si può fare a meno di girarci, metaforicamente, tutto intorno: perché allora si capisce, davvero, la misura del suo genio…

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Quella che appariva come semplice immagine, una sorta di magica figura sospesa in aria, è in realtà vera e propria scultura tridimensionale, disposta sull’asse della profondità almeno quanto lo era più chiaramente negli altri due.
Bernard Pras nasce del 1952 a Parigi, studia meccanica e poi sceglie di iscriversi all’istituto delle Belle Arti di Tolosa, dove inizia a specializzarsi come pittore e scultore. La sua prima invenzione artistica è stata l‘aquagravure, un particolare metodo d’incisione con inchiostro molto diluito, finalizzata all’ottenimento di immagini a rilievo su carta o cartone.  Nel 1982 espone le sue opere ad Angoulême, nel Poitou-Charentes. Successivamente, con i suoi volti anamorfici, guadagna una fama internazionale che lo porterà nei maggiori musei della Francia e di tutta Europa. Attualmente è in corso una sua mostra monografica alla Mazel Galerie di Brussels.

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Qualcuno potrebbe essere tentato di associare le sue opere a quelle di Neil Buchanan, il chitarrista britannico famoso soprattutto per la partecipazione al format Disney Art Attack, durante il quale realizzava sul pavimento figure simili, ma bidimensionali, riprese poi dall’alto in un segmento ricorrente, particolarmente apprezzato dai bambini. Altri individuano nel suo impiego occasionale di oggetti di recupero, o presunta spazzatura, un messaggio ecologico di fondo, mirato al riciclo e al riutilizzo. L’ispiratore più insigne, a mio parere, è l’artista italiano Giuseppe Arcimboldo, colui che nel XVI secolo creava allegorie dipinte delle stagioni e degli elementi.
Ci sono profonde implicazioni filosofiche nel creare un’immagine dal caos totale, legate al concetto di ricorrenza armonica delle forme, da macro a microcosmo. E non c’è metodo migliore per ricordare un personaggio che raffigurarlo, giustamente, nel contesto da cui proveniva.

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Via: This is Colossal – Art and Visual Ingenuity

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