La nuova fresa da chirurgo che perfora un cranio ma non può intaccare la corteccia cerebrale del suo paziente

Considerate le molteplici opportunità di ampliare la propria rete di contatti, sia dal punto di vista sociale che lavorativo, può risultare sorprendente quanto la produzione di contenuti su Internet tenda progressivamente a trasformarsi in un’attività individuale. Ciascun creativo un’isola, con il proprio ristretto gruppo di seguaci, variabili nel tempo ma pur sempre appartenenti a una particolare nicchia o gruppo identitario di un pubblico relativamente uniforme. Ciò può risultare chiaramente mitigato dalla portata del proprio successo, ma anche e soprattutto dalla scelta di atipici, trasversali argomenti come oggetto di trattazione. Così come fatto in origine dal popolare divulgatore scientifico e rivelatore di curiosità Steve Mould, quando un paio di anni fa spiegò su YouTube il funzionamento della sega utilizzata in campo medico per il taglio e rimozione del gesso ortopedico, il cui moto di tipo “oscillante”, piuttosto che “rotante” riesce a sezionare la materia rigida, mantenendo nel contempo al sicuro la ben più flessibile pelle umana. Con tanto di approccio sperimentale su se stesso che potremmo definire di un tipo scientifico, utile a chiarire la fiducia di quest’uomo nei confronti della scienza e dell’ingegneria applicata la campo biomedico con metodologie controllate. Idea, quest’ultima, destinata a suscitare inaspettatamente l’attenzione dei vertici di una recente start-up finlandese, che proprio in quel periodo aveva finalmente ricevuto le prime certificazioni all’utilizzo del proprio prodotto di debutto su pazienti umani. Qualcosa di concettualmente non distante dallo strumento dimostrato dallo YouTuber, sebbene destinato ad un’applicazione esponenzialmente più complessa e delicata da parte di un neurochirurgo in un passaggio sempre necessario del suo lavoro: la creazione di una via d’accesso, in tempi utili all’interno della sala operatoria, attraverso la barriera che protegge la materia grigia delle persone. Quella stessa scatola cranica, dono della natura e dell’evoluzione, che tanto complica ogni tipo d’intervento mirato a correggere quei casi in cui il destino pareva già segnato. Attraverso apparati di un tipo ampiamente collaudato, ma pur sempre soggetti alle dure conseguenze dell’errore umano. Con 310 milioni di pazienti sottoposti a operazioni significative ogni anno in tutto il mondo, di cui il 15% vanno incontro a complicazioni di varia natura, sarà dunque difficile scartare l’eventualità che la delicata dura mater, strato esterno del cervello umano, non possa essere accidentalmente penetrata da una simile tipologia di strumenti. Ed è qui che il progetto Surgify dell’Università di Aalto, successivamente trasformato nell’omonima azienda dal CEO e fondatore Visa Sippola, entra in gioco con un’ingegnosa quanto innovativa proposta, ideata a partire da una conversazione occasionale tra quest’ultimo ed il neorochirurgo Juha Hernesniemi. Il sistema di una punta di trapano la quale, in circostanze controllate, non può semplicemente praticare alcuna violazione del sacrosanto giuramento d’Ippocrate, Primum non nocere, agisci sempre per il bene del paziente, e nulla più di questo…

Praticità d’impiego, come tanto spesso avviene, coadiuvata da un principio di funzionamento straordinariamente semplice nell’esecuzione tecnologica di fondo. Così come descritta dallo stesso Steve al cospetto del direttore tecnico dell’azienda Shahab Haeri, che per quanto concerne per il prototipico apparato dal nome commerciale di Halo (aureola) parla di un anello in grado di svolgere la funzione pratica di airbag, impedendo di fatto ogni accidentale lesione al superamento della rigida barriera esterna. La punta di trapano o fresa concepita dalla Surgify in effetti, pur appartenendo alla categoria del cosiddetto burr sferoidale, si trova evidentemente connotata dalla presenza di una singolare modificazione al suo profilo previsto, consistente in quello che potremmo definire come un toroide avvolto attorno alla spirale del metallo costituente. Elemento non del tutto fisso bensì concepito per spostarsi in modo reiterato, all’interno di un’apposita scanalatura, ad ogni compimento delle circa 30-35.000 rotazioni al minuto compiute dal meccanismo. Accorgimento che può portare ad una duplice casistica in baso al materiale sottoposto al trattamento: nel caso in cui esso risulti essere abbastanza rigido, sarà dunque l’anello a spostarsi verso l’esterno. Qualora si verificassero accidentalmente le circostanze opposte, saranno invece i tessuti molli del paziente a spostarsi nell’entità qualificata nel precedente video di Steve come rateo di Poisson, mentre l’anello, restando rigido, si occuperà di spingerli verso l’interno. Il che, grazie al posizionamento strategico della lama di taglio dell’osso in corrispondenza del salto prevedibile della punta, garantisce la quasi totale impossibilità di perforazione accidentale del vero e proprio cervello. Un sensibile miglioramento, senz’altro, anche nelle mani di un chirurgo esperto, giacché le sviste o distrazioni possono sempre verificarsi. Con conseguenze, in determinate circostanze, semplicemente troppo gravi da considerare. Per un approccio all’aumento incrementale della sicurezza sopra ogni altro aspetto che non è del tutto inusitato nel campo della neurochirurgia, data l’esistenza pregressa di altri sistemi concepiti al fine di scongiurare il rischio dell’errore umano. A partire dai cappucci o hoods incorporati nei trapani elettrici ad alte prestazioni, mirati a ridurre la potenza di taglio nella parte finale dell’intervento. O le frese piezoelettriche ed ultrasoniche, il cui effetto risulta maggiormente controllabile e rallentato, ma che proprio per questo aumentano di conseguenza la durata dell’anestesia cui deve essere sottoposto il paziente. Ed in tempi più recenti, soluzioni modulate da meccanismi robotici dalla precisione ineccepibile, ma il cui utilizzo richiede un lungo addestramento oltre all’investimento di capitali sostanziali per il noleggo o l’acquisto. Laddove la proposta della compagnia Surgify, di contro, trae vantaggio dall’equipaggiamento già presente nelle sale operatorie e ne migliora, piuttosto che sostituire tramite l’impiego di nuovi processi, il già elevato standard di sicurezza. Un approccio meritevole di alta considerazione, e che proprio per questo ha già saputo dimostrarsi interessante per un ampio ventaglio d’investitori.

Con gli articoli scritti attualmente che parlano di oltre 14 milioni di dollari complessivi raccolti fino a questo momento, la Surgify già vanta investitori del calibro della ZEISS Ventures, essendosi classificata come una delle startup dal maggiore potenziale all’interno del suo delicato ed esclusivo settore d’interesse. Avendo anche ottenuto, dalla sua fondazione nell’ormai remoto 2017, le necessarie certificazioni da parte della FDA statunitense (2023) e la Comunità Europa (marzo 2025) aprendo la strada ad un programma sperimentale particolarmente rigoroso nella sua fase finale, che ha visto nel maggio del 2025 la pubblicazione di uno studio sulla rivista Scientific Reports (Vartiainen, Niemelä, Pälvimäki) relativo al successo ottenuto nella trapanazione cranica di alcune cavie animali (pecore, nello specifico) ottenendo risultati pienamente conformi alla dichiarazione d’intenti inziale.
Capitoli purtroppo sempre necessari, all’ottimizzazione delle risorse potenzialità che ci mette davanti il progresso, con la finalità inerentemente valida di prolungare e migliorare la qualità della vita umana.
Così come tragitti ben più problematici da un punto di vista etico furono disegnati dai filosofi del mondo antico, onde riuscire infine a rintracciare nel cervello la suprema fonte dei pensieri umani. Che lo stesso Aristotele credeva funzionale unicamente a raffreddare il sangue durante il suo ricircolo nell’organismo. E che in epoca Medievale, si riteneva nascondesse una maligna pietra magica all’interno, capace d’indurre gli esseri umani alla follia. Finché a qualcuno non venne in mente, per (s)fortuna sua e dei propri connazionali, di mettersi effettivamente a cercarla.

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