Quando il pregio coreografico di una sequenza del movimento dei corpi alberga nella staticità, piuttosto che il dinamismo? La risposta, in questo caso, è rintracciabile direttamente nell’approccio umano a una determinata attività del mondo: il volo, e tutto ciò che lo circonda. Pensate a un elicottero, immobile nel cielo mentre l’equipaggio si avvicenda nel portare soccorso. O la formazione di aeroplani di una pattuglia acrobatica, ciascuno dei quali reciprocamente equidistante dall’ombra inamovibile dei propri compagni. Poiché le macchine create con un approccio tecnologico potranno anche operare in modo prevedibile, ma ciò non resta valido per quanto riguarda il vento, la pressione atmosferica, la resistenza dell’attrito latente. Il fatto, poi, che una simile classe d’imprese rientri nel quotidiano per imenotteri, libellule, farfalle e persino colibrì, permette di comprendere istintivamente la notevole portata dell’evoluzione e quanto sia efficace nel raggiungere quel tipo di perizia, quanto meno per creature dalle dimensioni relativamente contenute. Esiste d’altro canto almeno un caso, originario del più antico continente al di sotto del deserto del Sahara, di un volatile della grandezza pari a quella di un passero dei nostri lidi europei. La cui dote comportamentale maggiormente caratterizzante può indentificarsi, al sopraggiungere della stagione degli accoppiamenti, in un particolare approccio alla seduzione della partner. Consistente nel posizionarsi con agili battiti all’altezza del suo sguardo, equilibrista consumato tra la terra ed il cielo. Con battiti precisi delle ali bianche e nere, un ritmo esatto ed ampiamente collaudato; mentre la sua coda lunga cinque volte l’estensione del corpo, composta da cupe piume appuntite, si aggroviglia volteggiando su se stessa in una reiterata progressione dei diversi momenti. Da cui il nome in lingua inglese di Pin-tailed Whydah o “Vedova dalla coda a spillo”, che diventa in italiano “domenicana” in riferimento alla tenuta contrastante di quel particolare ordine religioso. Il che può giungere a costituire, in effetti, un fraintendimento di massima, poiché l’iconica livrea di quel passeriforme completa di becco arancione fiammante, così efficacemente rappresentata in innumerevoli testi di approfondimento, è in realtà un prodotto specifico raggiunto dai soli maschi in “quel” particolare periodo dell’anno. Laddove il marcato dimorfismo che rende la femmina di un colore fulvo tendente al marrone scuro, in effetti si rispecchia a pieno titolo anche nei loro potenziali consorti per il resto dell’anno. Una soluzione molto pratica, al problema sempre attuale del mimetismo…
Nulla per quanto concerne l’aspetto, nella vita dei maschi di Vidua macroura è finalizzato a semplificargli l’esistenza. La serie di trasformazioni eccezionali a cui essi vanno incontro per il tramite ormonale, in mesi variabili a seconda della latitudine africana d’appartenenza, è frutto di un preciso schema ormonale che ha lo scopo di renderli conformi al cosiddetto principio dell’handicap ipotizzato dal biologo Amotz Zahavi nel 1975. Ovvero l’idea che, nella selezione naturale dei millenni pregressi, il cambiamento generazionale di questa specie l’abbia portata a favorire determinate caratteristiche mirate a dimostrare, negli esemplari maggiormente forti ed in salute, la capacità di sopravvivere nonostante la presenza di fenotipi conformi in modo esplicito a complicargli l’esistenza. Questo favorendo nella femmina la possibilità di ricevere soltanto le attenzioni di coloro che saranno idonei a garantire un patrimonio genetico ideale alla sopravvivenza della prole futura. Accorgimento, quest’ultimo, particolarmente significativo nel caso di questi uccelli, che pur appartenendo alla famiglia dei passeriformi viduidi in alcun modo imparentati con i cuculi, condividono con essi la particolare strategia del parassitismo di covata. L’accorgimento, immancabilmente diabolico nell’esecuzione perpetrata dall’ingannatore piumato di turno, consistente nel deporre le proprie uova all’interno del nido altrui, confidando che l’amore materno porti le proprietarie di casa ad occuparsi di nutrire il figlio estraneo fino al raggiungimento dell’età adulta. Una finalità perseguita, nel caso della Vedova, con un approccio più scaltro e misurato rispetto all’indole distruttiva della stragrande maggioranza dei cuculi, giacché essa ha l’accorgimento di deporre un singolo uovo per nido bersaglio di specie attentamente selezionate, dopo aver rimosso o mangiato uno di quelli pre-esistenti. Confidando nella somiglianza eccezionale di quello da lei deposto, così come il nuovo nato successivamente alla schiusa risulterà quasi del tutto indistinguibile dai suoi fratellastri e non avrà perciò bisogno di ucciderli o spingerli fuori dal nido, come fatto dai comuni praticanti di questo tipo di approccio alla riproduzione pennuta. Dal che deriva che le vittime del parassitismo dei viduidi anche detti indigobirds, suddivisi in 19 specie appartenenti a due generi distinti, Vidua e Anomalospiza (il secondo ha soltanto una specie: il tessitore parassita/A. imberbis) debbano appartenere ad una particolare discendenza attentamente selezionata in ciascun caso, generalmente un passeriforme dalle dimensioni simili del gruppo degli estrildidi africani, come l’astrilde di Sant’Elena (Estrilda astrild).
Ed è davvero singolare, oltre a risultare in qualche modo macabro, il modo in cui gli esemplari adulti di Vedova marroni in quanto femmine o maschi fuori dal periodo degli amori siano soliti mescolarsi in modo amichevole con gli appartenenti della specie bersaglio, condividendo i luoghi di foraggiamento e mischiando i propri canti. Senza la benché minima remora per quanto concerne l’implementazione del diabolico piano che connota i ritmi della loro esistenza.
Uccelli per lo più granivori che si nutrono dei semi di piante graminacee, le vedove non disdegnano di catturare occasionalmente qualche insetto di passaggio, come avviene di consueto per i passeriformi. Estremamente diffuse all’interno del loro vasto areale, nonché attestati in alcune zone non-native in giro per il mondo tra cui le isole distanti di Puerto Rico e Singapore, alcuna specie di questi uccelli viene considerata attualmente a rischio d’estinzione, sebbene lo sfruttamento degli habitat e l’espansione degli interessi umani possano cambiare in futuro questo status privilegiato nel vigente sistema ecologico, come per innumerevoli altre specie nel mondo. Maestre nel mantenimento di una posizione in equilibrio tra il suolo e l’atmosfera, le vedove continueranno dunque ancora a mettere in atto tutto ciò che gli riesce meglio. Danzare, sedurre, praticare l’arte soave dell’inganno. Una crudeltà letteralmente inevitabile, all’interno di qualsiasi ecosistema che possa dirsi realizzato a pieno titolo e da ogni angolazione rilevante.


