In un punto d’interscambi commerciali d’importanza primaria fin dagli albori dell’Era Moderna, situata presso l’estuario del Fiume delle Perle, l’odierna megalopoli composta da Macao, Shenzen e l’isola di Hong Kong costituisce a memoria d’uomo uno dei cuori pulsanti del progresso e la tecnologia dell’Asia Orientale, se non il mondo intero. In questo luogo sottoposto ad un processo di continuo mutamento, antiche culture convergono, vengono integrate, producono connotazioni nuove ai sistematici princìpi del pensiero e dell’estetica umana. Con zone come il quartiere Sheung Wan costellato di templi e botteghe tradizionali, fronteggiato dal distretto di Central che fronteggia il mare, con il suo nucleo finanziario sovrastato da una serie di grattacieli appartenenti ad epoche e sensibilità marcatamente diverse tra loro. Ma è forse proprio il popoloso insediamento all’altro lato del conglomerato marittimo, direttamente collegato alle arterie stradali e ferroviarie dell’entroterra, ad offrire alcune delle viste maggiormente eclettiche o difficilmente caratterizzabili fuori dal particolare contesto di pertinenza. All’altro lato dello Shenzhen–Bay Bridge (深圳湾大桥, Shenzhenwan Daqiao) lungo di 5 Km di lunghezza, ormai da quasi quattro anni è possibile individuare l’ombra progressivamente sopraelevata di quello che potrebbe costituire il recente edificio più originale di questo skyline senza effettivi termini di paragone vigenti. Creazione dello studio architettonico di Zaha Hadid, che dell’eredità decostruttivista dell’omonima nonché fondatrice architetta britannica ha saputo fare il proprio marchio di fabbrica con opere costruite nei cinque continenti, lo Yidan Center è un doppio grattacielo ad uso misto con ponte di collegamento superiore, che ricorda vagamente il celebre quartier generale della CCTV a Pechino, il quale risulta maggiore nelle dimensioni con i suoi 234 metri d’altezza contro i 139 della creazione più recente. Sebbene rispetto all’opera del 2012 creata dagli OMA newyorchesi, la forma del palazzo per come dovrà presentarsi al suo completamento qui risulterà connotata dalle forme organiche di un’effettiva “pelle” composta da strati sovrapposti di finestre riflettenti e pannelli metallici curvi in alluminio di colore chiaro, interfacciati in base a un calcolo parametrico mirato a massimizzare l’illuminazione ed isolamento termico, privilegiando nel contempo l’ottenimento dell’ormai iconico profilo curvo degli edifici prodotti da questo studio. Ciò che emerge, tuttavia, da un’analisi più approfondita è il segreto nella grafia cinese del nome dell’edificio: 一丹中心 (Yī Dān Zhōngxīn) con riferimento diretto al nome di colui che fortemente l’ha desiderato. Niente meno che Chen Yidan, uno dei cofondatori del gigantesco conglomerato tecnologico e mediatico Tencent, nonché della fondazione e premio anch’essi omonimi dedicati al perfezionamento dell’educazione su più livelli. Ed è qui che le cose prendono una piega inaspettata. Nel momento in cui si mettono a confronto l’ideogramma 丹 (Dān) con la forma pienamente apprezzabile dell’edificio ormai vicino al completamento…
Trascrivibile con una sillaba unitaria ed uno specifico significato, come sempre avviene nella lingua cinese, lo hànzì in questione presenta dunque radicali pregni di un significato ancestrale non del tutto privo di rilevanza per quanto fin qui delineato. Essendo le tre linee esterne riconducibili al concetto di “barca” (舟- zhōu) o come in questo caso “contenitore”, data la presenza del singolo trattino superiore che comunemente indica una medicina o sostanza impiegata come ingrediente preparatorio di un rimedio. Il che ci porta al significato testuale di 丹 (Dān) ovvero “cinabro”, il minerale dall’aspetto rossiccio costituito da solfuro di mercurio, rivestito d’importanza fondamentale nella filosofia ed alchimia delle discipline Taoiste cinesi. Un’importante merce di valore nel contesto del commercio asiatico, che per lunghi secoli fu trasportata dietro lauti compensi fino ai punti d’approdo più remoti di questo stesso vasto ed importante fiume. Ancorché lo Yidan Center, come da dichiarazione degli stessi ZHA, abbia il compito figurativo di richiamarsi anche all’immagine del canyon, uno spazio vuoto (o negativo) entro cui può realizzarsi l’incontro produttivo delle persone. Nella canonica commistione di ambienti pubblici e privati, che spesso trova connotazioni nelle opere di quest’ordine di grandezza collocate in quartieri ad alta percorribilità pedonale. Laddove l’edificio è nel contempo sia chiuso ai venti afosi della baia che aperto quando necessario, attraverso la caratteristica porosità delle numerose balconate nonché il tetto panoramico che dovrebbe mantenere il proprio accesso libero una volta giunti all’ora lungamente attesa dell’inaugurazione. Degna di menzione anche la soluzione scelta per la ventilazione, coadiuvata per quanto possibile da soluzioni naturali basate su sistemi passivi e lamelle di ombreggiamento, concepite al fine di ottenere la più alta valutazione nella graduatoria internazionale dell’efficienza energetica di LEED, nonché la terza e più elevata stella in base al sistema dell’edilizia verde cinese. Con uno stato dei lavori, iniziati dopo l’approvazione risalente al 2021, ormai prossimo alla fase di topping out (raggiungimento del piano più alto) lo Yidan Center si avvicina ormai al completamento previsto entro l’anno 2026, fase in seguito alla quale vedrà l’inaugurazione delle diverse istituzioni previste al suo interno. Con il piano terra dedicato allo spazio civico, sormontato da una prima serie di livelli occupati allo YiPai Learning Hub, una comunità educativa per giovani e famiglie finanziata dalla fondazione di Chen Yidan. Qui, tra sale studio, laboratori digitali ed una piccola biblioteca sarà possibile integrare l’insegnamento delle scuole tramite l’impiego delle nuove tecnologie. Proseguendo ai livelli mediani, tra il decimo ed il quindicesimo piano, il grattacielo ospiterà invece gli uffici della fondazione propriamente detta, con ampie terrazze dedicate al ruolo di sale riunioni all’aperto. Mentre verso gli ultimi dei 24 piani previsti, ci saranno ambienti di ricerca e sale conferenza per progetti scientifici d’avanguardia, finanziati sempre attraverso le notevoli risorse finanziarie del co-fondatore della Tencent.
Singolare, eclettico e riconoscibile, l’ultimo palazzo della Zaha Hadid mostra nuovamente quanto possa riuscire a distinguersi dalla banalità dello stile internazionale una proposta architettonica a tutti gli effetti post-moderna, in cui la lezione dei predecessori venga connotata da una forza interpretativa fortemente identitaria ed eclettica, da ogni punto di vista rilevante collocata fuori dal coro della consuetudine fin troppo apparente.
Verso la creazione, spesso riconfermata, di strutture iconiche capaci di persistere nell’attuale mare in tempesta d’influenze tangenti, sempre più spesso modulate dai sogni assurdi e irrealizzabili dell’intelligenza artificiale. Che ad oggi non dovrebbe costituire unicamente, sarebbe opportuno ricordarlo, un algoritmo generativo finalizzato a sostituire la creatività umana. Bensì, come avviene in architettura ormai da decadi, l’ausilio informatico alla progettazione con gli evidenti limiti di regole matematicamente determinate. Che permettano alla fantasia dei progettisti di ampliare il territorio raggiungibile, secondo un piano strutturalmente preciso, piuttosto che circondarlo con barriere trasparenti dalla natura invalicabile, quanto mai nebulosa.



