Ed in fondo, chi saremmo noi per criticare la dinamica di un simile stile di vita? Senza dubbi o recriminazioni, la civiltà industriale replica e produce il tipo di stabilimenti, progetti tecnologici e strutture, che costituiscono anatema di ogni altra forma di vita sulla Terra. O quasi. E se l’essere umano fosse incline a trarre forza, protezione o meramente una conferma delle proprie convinzioni dal tentacolare distruttore d’incolpevoli creature marginali… Difficilmente ci porremmo problematiche sul tema della loro conservazione. Nulla, nella nostra scala di valori, c’indurrebbe più a farlo. “Tra tutti gli esseri che vivono sotto la superficie degli abissi, il più importante è l’Amphiprioninae.” Questo il credo di quegli esseri medesimi, il cui passaggio è argentovivo per il susseguirsi variopinto delle strisce che costituiscono la loro livrea nei recessi tropicali facenti parte degli oceani Indiano e Pacifico. Pesci clown la cui più grande via d’accesso alla celebrità del senso collettivo può soltanto essere fatta derivare dalla popolare coppia di film d’animazione disneyana sulle disavventure del vermiglio Nemo, responsabile dell’incremento esponenziale dei commerci di chi valuta la loro vita come quella di un criceto o pesce rosso acquistato alla fiera. Poiché nulla può arginare l’ambizione di creature per cui l’anemone costituisce una decorazione degli acquari. E non l’esiziale via d’ingresso per la fine inconfutabile dell’esistenza.
Trasferiamo il punto della nostra prospettiva a proporzioni più coerenti, dunque, per meglio comprendere il pericolo di cui stiamo parlando: un pesce pagliaccio è il membro di una sottofamiglia di 28 specie riconosciute, all’interno dell’ordine dei blenniformi, le cui dimensioni medie si aggirano attorno alla decina di centimetri ed il cui metodo impiegato per sopravvivere tende a trarre quotidiano beneficio dal processo del commensalismo. Ovvero quella convivenza obbligatoria con l’anemone cnidario, pseudo-medusa sessile generalmente accomunata al concetto di vegetazione dei mari. Ma un animale a tutti gli effetti e di un tipo carnivoro, grazie all’impiego di papille digestive coadiuvate dalle cellule all’interno di braccia tentacolari che prendono il nome di nematocisti. Capaci di uccidere pressoché qualsiasi cosa sufficientemente piccola gli capiti a tiro. O che i loro irrinunciabili, beneamati ospiti decidano di offrirgli su un metaforico piatto d’argento…
Verte su quest’argomento uno studio di febbraio del 2025 effettuato da Kobayashi, Kondo e Awata dell’Università di Osaka, mirato a confermare tramite osservazioni in cattività quello che in molti, lungamente, avevano sospettato. Come poche altre specie di animali, il pesce pagliaccio è solito praticare una forma di allevamento del cliente che si occupa a sua volta di preservarne la sicurezza. Che nel suo caso specifico, assomiglia per certi versi ad una forma di giardinaggio della forma di vita interdimensionale. Come dimostrato particolarmente per quanto concerne la specie tipica delle barriere coralline dell’Amphiprion clarkii, noto per il suo apprezzamento degli anemoni più estesi come dimora. Studiando il quale gli osservatori hanno notato la maniera in cui molteplici esemplari, alle prese con prede troppo grandi o indigeribili per loro, hanno mostrato la tendenza a trasportarle e rilasciarle tra i tentacoli di appartenenza. E non solo, giungendo a fare esattamente la stessa cosa con bocconi perfettamente conformi alla loro dieta, quando già sazi, proprio al fine di massimizzare il benessere del fornitore di servizi protettivi per la loro singolare genìa. Difficile immaginare, a tal proposito, la comprensione di un rapporto causa ed effetto per quanto concerne questi esseri dal comportamento per lo più istintivo. Benché non si tratti affatto della prima volta in cui caratteristiche del cervello dei pesci pagliacci sorprendono ed affascinano gli esperti in materia.
Risale in effetti al 2019 un altro articolo scientifico (Dodd, Nowak et al.) questa volta proveniente dal dipartimento di biologia dell’Università dell’Illinois, quello secondo cui la ben nota esistenza ermafrodita degli Amphiprioninae presenterebbe una trasformazione dell’organo cogitativo, ed il conseguente comportamento, negli esemplari destinati a cambiare sesso ben prima che le loro gonadi possano presentare alcun tipo di modificazione evidente. Questo hanno annotato in modo inconfutabile gli scienziati, contando i neuroni nella zona preottica degli esemplari maschio più grandi e ben nutriti, ormai prossimi alla trionfale transizione verso l’altro sesso, diventando in questo modo matriarche del proprio piccolo mondo antico. Nonché protettrici estremamente aggressive dell’anemone di residenza, con metodologie e tattiche già facenti parte della loro indole a partire dallo stato evolutivo intermedio. Questo mentre i fratelli residui, per ciascun gruppo in cui soltanto una femmina ed un maschio riproduttivo possono coesistere, si occupano di preservare la colonia occupandosi di vari mansioni utili. Prima tra tutte, l’ossigenazione delle uova, inviando con le proprie pinne quantità d’acqua variabili all’indirizzo dei nascituri, in base a quella che oggi riteniamo essere una logica inerente di accertamento delle risorse a disposizione. Per cui meno cibo, significa anche meno ossigeno, e conseguentemente una quantità minore di nuovi nati indipendentemente dall’intercorsa fecondazione. Così da evitare l’insostenibilità e conseguente autodistruzione della colonia.
Molto amati negli acquari per le loro straordinarie strisce multicolori e soprattutto a grazie al cinema per bambini, i pesci pagliaccio fanno al tempo stesso parte di una trasversale idiosincrasia dal punto di vista degli ideologi conservatori. Come nel caso verificatosi l’ultima volta nell’aprile del 2025, quando il presidente statunitense Trump in persona ha dichiarato di voler togliere seduta stante i fondi alle emittenti pubbliche televisive PBS ed NPR per alcuni documentari presumibilmente diseducativi andati in onda a beneficio delle fasce d’età più piccole. Tra cui, inutile specificarlo, uno dedicato al cambio di sesso dei pesci pagliaccio, processo che la stessa amministrazione si era appena premurata di definire immorale e del tutto in contrapposizione con l’ordine naturale delle cose.
Il che porta ci inevitabilmente alla domanda proibita: che la transizione di sesso possa fare parte dello schema implicito del cosmo, sulla base di fatti che restano comunque largamente dimostrabili, dovrebbe anche soltanto avere un qualsivoglia tipo d’importanza? Le automobili o gli aerei non sono naturali. I computer non sono naturali. Neppure la religione. E tanto meno risultano tali l’inquinamento ed il mutamento climatico, conseguenze collaterali di un anemone ben più velenoso di qualsiasi altro. “Volere è potere” dovrebbe costituire un punto chiave della filosofia oggettivista di chi antepone ad ogni altra cosa il cosiddetto Progresso. Soltanto finché un tale sentimento risulti valido ad accrescere l’estensione del proprio chiaro e definito giardino, s’intende.