Basta cani da valanga, è tempo di affidarsi al Gulo gulo

Wolverine Rescue

Tra tutti i personaggi dei fumetti ispirati in qualche maniera ad un animale, nel loro nome, reputazione o costume, l’artigliato Wolverine, probabilmente il più popolare degli X-Men, è forse l’unico ad avere una corrispondenza col suo totem bestiale che possa definirsi di un tipo, per così dire, principalmente psicologica. Certo la volverina, una creatura imparentata con la donnola che in Italia è spesso definito “ghiottone” (dopo tutto questo è il significato del suo appellativo latino) ha pure lui il suo bel set d’unghioni, che comunque non sono assolutamente retrattili come quelli del gatto o per l’appunto, del supereroe. È inoltre molto resistente alle ferite e agli infortuni di ogni tipo, come del resto qualsiasi altro animale selvatico che vive in degli ambienti inospitali, ma non può certo rigenerare le parti offese alla maniera di una stella marina, o dell’interpretazione più famosa del prestante attore Hugh Jackman, l’uomo dai basettoni trasformabili che fa spesso da contrappunto alla distaccata razionalità di Patrick Stewart/il Dr. Xavier. Così le somiglianze tra i due omonimi, la belva quasi umana e l’uomo dall’istinto combattivo, finiscono per concentrarsi soprattutto nell’ambito caratteriale, visto che ben pochi potrebbero definire l’alter-ego indistruttibile di James “Logan” Howlett, come nient’altro che tenace, indefesso, caparbio, volitivo. Tutte caratteristiche che, in qualche maniera, possono tranquillamente essere attribuite all’omonimo compatto, peloso e ringhiante abitatore dell’intero Settentrione del mondo, dall’Alaska alla Kamčatka, dal Canada alla Siberia. Ora, qualcuno ha pensato che simili doti potrebbero davvero, essere utili all’umanità. E tutto in funzione di un’accidentale, drammatica presa di coscienza individuale…
Mike Miller, direttore esecutivo dell’Alaska Wildlife Center, rinomato centro di conservazione faunistica, si trovava presso Hatcher Pass, nelle Talkeetna Mountains, per fare da consulente in occasione della realizzazione di uno spot pubblicitario, all’interno del quale doveva comparire niente meno che una renna vera (probabilmente, di Babbo Natale?) Ora, mentre aspettava il resto della troupe, si ritrovò a conversare con un ranger del parco, che gli indicò un veicolo parcheggiato in fondo al piazzale: “La vedi quell’auto, Mike? Devi sapere che è di una donna che ha perso suo figlio in una valanga, diverse settimane fa. Il corpo non è stato ancora trovato e da allora lei, senza mancare un solo giorno, viene qui nella speranza di potergli dare degna sepoltura…” Terribile, agghiacciante. È del resto una realtà del mondo innevato, spesso trascurata dal cinema di genere o i documentari, che l’attività di soccorso effettuata dai cani addestrati per rispondere ai disastri montani si trasformi, nella maggior parte delle volte, in una missione di recupero dei già defunti. Una volta soverchiato dalla massa solida dell’acqua semi-congelata, infatti, il corpo umano non può sopravvivere che pochi, tragici minuti. Ed a quel punto, lo stimato naturalista non potè fare a meno di chiedersi tra se: “Possibile, che non si possa fare qualcosa per queste persone?” Ora, un cane è ovviamente un animale formidabile. Dall’olfatto rinomato, eternamente pronto ad imparare e dar soddisfazione al suo padrone. Che vorrebbe sempre, con ogni residua fibra del suo essere, rendersi utile a un profondo bene universale. Ma qualsiasi Pastore Tedesco, Labrador o San Bernardo, per quanto abile e capace, non si è evoluto per cercare nella neve. Non è perfettamente predisposto a questo compito, e non lo sarà mai. Così, perché no, la volverina, che notoriamente possiede un olfatto pari o superiore a quello del suo distante cugino quadrupede abbaiante? Ah, ci sono innumerevoli ragioni. In primo luogo, quasi nessuno è mai riuscito ad ammaestrare uno di questi animali, dalla reputazione di ferocia comparabile a quella del diavolo della Tasmania, o per essere ancor più diretti, a Lucifero stesso. Tanto dovrebbero essere mordaci, nell’opinione di tutti, questi carnivori da 20-30 Kg, Ma aspetta un attimo. Ho appena detto, QUASI nessuno? Beh, in effetti qualcuno c’è. Una singola, notevole persona…

Wolverine Smell
Steve Kroschel viene spesso chiamato o visitato dalle Tv statunitensi, canadesi ed inglesi, praticamente ogni volta che c’è l’occasione, o il desiderio, di trattare pubblicamente il suo animale preferito. Chi altri, del resto, potrebbe mostrarcelo meglio di lui?

Ora, non si lavora per anni ed anni nell’ambito zoologico, senza costruirsi una rete di contatti che si estende a più livelli di quel particolare ambiente di carriera, diventando conoscenti diretti di tutte le personalità più degne di nota, o in qualche modo eccentriche, che operano nell’area circostante al proprio luogo di lavoro. E così Mike Miller, portando alle naturali conseguenze la sua strana e coraggiosa idea, verso marzo di quest’anno ha ben pensato di rivolgersi a Steve Kroschel, il gestore dell’omonimo santuario in Haines, Alaska (“Non è uno zoo, è un’esperienza!”) che da 36 anni vanta la capacità tutt’altro che comune di essere riuscito ad ammaestrare, e convivere, con alcune generazioni successive del temutissimo Gulo gulo. Costui che aveva anzi, addirittura, nel segmento qui mostrato in apertura, già realizzato una divertente scenetta per il National Geographic nel 2012, in cui il conduttore Casey Anderson veniva sepolto per scherzo nella neve, e Kroschel lasciava che Jasper, uno dei suoi ghiottoni di vecchia data, si prodigasse nel salvarlo mettendosi a scavare freneticamente. Una sequenza apparentemente creata con scopi d’intrattenimento, che tuttavia dimostrava un qualcosa di estremamente significativo: l’animale, senza alcun tipo di addestramento pregresso, mostrava il desiderio istintivo e pervicace di trarre in salvo l’umano. Qualcuno tra i più malevoli, forse, potrebbe anche essere pronto a giurare: “Si, per assaggiarlo!” Ma la realtà è semmai, totalmente all’opposto.
Dalle trattazioni scientifiche e gli scritti di Kroschel, che è anche un premiato fotografo faunistico con numerosi lavori pubblicati all’attivo, emerge un’immagine del Wolverine che non potrebbe essere più distante da quella tratteggiata nell’opinione popolare. Questo animale infatti, che fin dalla mitologia dei popoli Innu e Sami era considerato un affiliato di divinità potenzialmente ostili agli umani, è ancora oggi visto dal senso comune come un essere particolarmente feroce e pericoloso. Particolarmente invìsa alla collettività e la sua abitudine ad uccidere più prede di quelle che poi effettivamente consuma, per un comportamento istintivo simile a quello della donnola, sua parente dalle dimensioni notevolmente ridotte. Mentre descrizioni infinite lo considerano addirittura affine agli orsi (Linneo pensò che fosse imparentato geneticamente a loro) nell’aspetto come nel carattere, tanto che non si farebbe nessun tipo di problema ad attaccare prede più grandi di lui. Non ritrovandosi esattamente il possessore, diciamo la verità, del tipo di muso che vorresti veder spuntare tra la neve mentre sei bloccato, potenzialmente ferito e di sicuro prossimo all’assideramento.

Wolverine Vs Bear
La scena, per quanto sfocata, è di quelle che non potevo fare a meno d’includere nella trattazione: un ghiottone che scaccia un orso bruno americano (del tipo piccolo, insomma, non è certo un grizzly!) Simili circostanze, a quanto viene riportato dalla sapienza popolare, si ripeterebbero spesso nel grande Nord, dove neanche un branco di lupi cercherebbe di sfidare, se possibile, un singolo Wolverine arrabbiato.

Ed ecco, dunque, la realtà: Kroschel ha più volte narrato, a vantaggio di Tv e giornali, del fantastico rapporto che ha con Jasper e gli altri suoi simili che custodisce presso il suo centro. Con i quali, ci racconta, è solito giocare nella stessa maniera in cui noi lo facciamo con i cani, lasciandosi mordere bonariamente, spintonando gli animali in giro e togliendogli di bocca giocattoli di vario tipo. Eppure, egli pronuncia orgogliosamente: “Non sono mai stato portato al pronto soccorso!” Per proseguire poi, addirittura, nello sfatare il mito fondamentale relativo a questi temuti predatori, raccontando che in effetti non sono affatto propensi a nutrirsi con particolare voracità, ma mostrano piuttosto un distacco altezzoso dalle circostanze, che potremmo definire quasi felino. Nonostante questo, è chiaro che la diffidenza collettiva verso l’impiego di simili creature per il soccorso nella neve sia un ostacolo non da poco alla loro effettiva adozione, come anche esemplificato dal fiume di critiche che l’iniziativa non manca mai di ricevere, ogni qual volta viene menzionata sul web (davvero, Internet è piena di sedicenti “esperti” di ogni cosa). Situazione a cui si unisce un ulteriore, notevole problema: disporre di una cucciolata di Gulo gulo a cui far sviluppare l’imprinting umano, per poterli quindi usare nell’ardua missione. Questi animali, infatti, hanno seguìto una particolare strada evolutiva, che permette alle femmine di decidere quando e se andare in calore. Inoltre queste ultime, una volta fecondate, possono mantenere gli embrioni in utero a tempo quasi indeterminato, scegliendo di partorire anche a diversi anni di distanza. Si tratta di soluzioni biologiche, assai probabilmente, sviluppate come adattamenti ai climi ed all’ecologia particolarmente inospitale dei loro luoghi di appartenenza originari, che tuttavia condizionano notevolmente la riuscita di chiunque abbia un desiderio di allevarli in cattività.
Convinti e caparbi come le loro controparti animali nel difficile progetto, tuttavia, Miller e Kroschel hanno già selezionato una coppia di volverine, attualmente ospitate presso l’Alaska Wildlife Conservation Center, che dovranno generare, nella loro idea, la prima generazione di mustelidi anti-valanga. I loro nomi: Kasper e Kayla. Secondo le più rosee aspettative, la loro cucciolata dovrebbe nascere attorno a marzo del 2017. Ci sarà sicuramente da divertirsi. E forse, chissà, ci sentiremo anche un po’ più sicuri, tra sciate, seggiovie ed il buon vecchio gatto delle nevi. Meow.

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