Il problema del dirigibile anti-missili JLENS

JLENS

L’occhio scrutatore dei cieli che sarebbe diventato, nell’idea progettuale alla sua base, l’evoluzione moderna del concetto dei 300 opliti che difesero la Grecia dall’esercito di Serse: come trasformando il passo alle Termopili, dal valico montano che era stato, in uno spazio vuoto grande quanto il Texas, apparentemente indistinguibile dall’atmosfera circostante. Ma in cui nulla di potenzialmente pericoloso, né alcun malintenzionato alla guida di velivoli di qualsivoglia tipo, avrebbe mai raggiunto il suo obiettivo indisturbato. Che vista la collocazione, poteva essere soprattutto uno, la White House presidenziale. Si, ma come proteggerla? Era una questione estremamente complessa da realizzare, perché allo stato dei fatti attuali, le regole della guerra hanno subito una sostanziale inversione: laddove prima, trovarsi a difendere un qualcosa dall’avanzata del nemico era lo stato preferenziale, poiché permetteva di sfruttare il territorio o le fortificazioni a proprio vantaggio, oggi le armi appiattiscono qualsiasi territorio. Non c’è un muro abbastanza alto da fermare un missile a lungo raggio, né una cupola che possa deviare le moderne bombe ad alto potenziale. L’unica speranza, dunque, resta l’intervento preventivo. Vedere per decidere, prima del tempo, come e dove dare il via alla propria contromossa. E lo strumento principe di un tale proposito, naturalmente, non poteva che essere lo stesso emettitore ad onde elettromagnetiche inventato nel 1922 da Guglielmo Marconi, poi perfezionato ed adottato dai diversi schieramenti all’epoca della seconda guerra mondiale: il sistema RAdio Detection And Ranging (RADAR) che finalizza e amplifica il suo grido pipistrellesco, per coglierne la radiazione di ritorno e metterla su schermo, poco prima di…
Nella sua versione contemporanea, un dispositivo di questa classe può raggiungere parecchie miglia di portata, grazie all’impiego di generatori a microonde che raggiungono anche i 1000 watt di potenza. Il principale collo di bottiglia alle sue prestazioni, quindi, diventa quello inerente della curvatura terrestre. Le onde emesse con finalità di rilevamento, come qualsiasi altra, seguirebbero un moto retto e lineare nel vuoto assoluto, mentre nell’atmosfera inevitabilmente assumono una traiettoria relativamente curva. Ciò detto, non hanno alcuna tendenza dominante a seguire il suolo, ed oltre una certa distanza dal punto di partenza, vanno a disperdersi presso delle quote tanto alte, da non essere più utili a nessuno. Per evitare che succeda questo, la soluzione preferenziale è quella di porre l’antenna ad altissima quota, quindi rivolgerla verso il basso, onde massimizzarne la portata funzionale. Stiamo parlando in poche parole dell’Airborne Warning and Control System (AWACS) un approccio che consiste nel posizionare un’antenna aerodinamica e rotante (il rotodome) su un aereo in grado di volare ad oltre 30.000 piedi di quota, ponendosi al sicuro dagli attacchi delle armi del nemico. Ne basterebbero sostanzialmente tre, di questi velivoli, per coprire un’area dell’intera estensione dell’Europa Centrale. Ma per quanto tempo, ed a che prezzo? La sorveglianza continuativa di un’area mediante un simile approccio non potrebbe prescindere da un consumo di carburante tale da far girare la testa. Dal che deriva la necessità, fortemente sentita dall’esercito statunitense, di trovare una soluzione più economica, silenziosa, dall’impatto ambientale meno pronunciato. Questa ha preso il nome non proprio brevissimo di Joint Land Attack Cruise Missile Defense Elevated Netted Sensor System  (in breve JLENS, un singolare caso linguistico in cui per la prima volta si usa l’acronimo, dell’acronimo).
La prima stesura del progetto nacque nel 1996, quando il Segretario della Difesa degli Stati Uniti chiese all’esercito di stabilire un punto d’osservazione radar elevato presso la base di Huntsville, Alabama. L’approccio selezionato da subito per l’operazione, non del tutto nuovo dal punto di vista tecnologico, fu quello di impiegare un aerostato, ovvero un pallone non guidato pieno di un gas più leggero dell’aria e saldamente assicurato al suolo, tramite una lunga cima di ancoraggio. Dopo un paio d’anni in cui la questione fu affrontata a tavolino, senza raggiungere le costruzione di un prototipo definitivo, gli ufficiali interessati decisero di coinvolgere ancora una volta il fornitore californiano Raytheon, la stessa azienda colossale, ormai con oltre 60.000 dipendenti, che all’epoca della seconda guerra mondiale aveva effettuato i primi esperimenti con il dispositivo del magnetron, alla base del concetto moderno di radar. E così fu proprio quest’ultima, a seguito di una collaborazione con la Hughes Aircraft, a guadagnarsi l’appalto da 11,9 milioni di dollari per la costruzione del dispositivo, con un costo stimato alla fine del progetto di circa 292 milioni di dollari complessivi. Cifra che in effetti, si sarebbe rivelata estremamente ottimistica…

JLENS 3
La rilevazione preventiva è fondamentale nelle contromisure missilistiche, perché permette di impiegare le proprie armi difensive alla massima portata, massimizzandone l’efficacia. Il JLENS, in condizioni ideali, opera a una quota di 10.000 piedi.

Il JLENS, nella sua versione ideale, prevede l’impiego di tre elementi, definiti collettivamente un’orbit, con sfoggio notevole di gergo militare tecnologico d’origine pseudo-astronomica.  Si tratta di due palloni a forma di dirigibile della lunghezza di 70 metri, rigorosamente privi di un motore e/o cabina di pilotaggio, forniti di altrettante cupole radar, e una struttura di controllo ed elaborazione dati al suolo, che nei fatti è stata costituita fino ad oggi da un edificio solido ed inamovibile, ma che in caso di futuri schieramenti in territorio bellico potrebbe diventare un veicolo di qualche tipo. La rapidità potenziale di spostamento era stata fin da principio, del resto, uno dei principali vantaggi a margine della particolare idea strategica della Raytheon, potenziale non ancora sviluppato nei fatti, per il particolare scopo a cui sono stati designati i dirigibili sul territorio patrio. Che come dicevamo sono due, perché il primo, dotato di un’antenna VHF, ha lo scopo di offrire un quadro generale della situazione, mentre il secondo, a banda X, costituisce nei fatti un efficiente sistema di controllo del fuoco, in grado d’interfacciarsi con armi come i missili Patriot, gli AMRAAM o i NASAMS, permettendo l’attivazione immediata di una missione d’intercettazione difensiva. Potenzialità, questa, effettivamente dimostrata dal sistema nel 2013 presso il poligono di tiro dell’esercito a Dugway Proving Ground nello Utah, dimostrandosi invece insoddisfacente nella proiezione iniziale dell’operatività ininterrotta per 30 giorni di seguito, in funzione dell’alimentazione esterna fornita dagli stessi cavi di ancoraggio. Avete mai provato a mantenere in volo ininterrotto un aerostato a tempo indefinito? È inutile dire che le condizioni atmosferiche diventano un problema, per così dire, pressante.
Come facilmente desumibile dai video di presentazione al pubblico, il progetto JLENS prevedeva originariamente uno schieramento in territorio ostile, considerato tanto utile in potenza da portare l’esercito a continuare ad investirvi ingenti risorse, con la finalità di migliorarne l’efficienza, il software e la flessibilità. Ad oltre 15 anni dal suo concepimento, quindi, questo è diventato ciò che in gergo viene definito dagli analisti “un progetto zombie” ovvero, impossibile da uccidere senza un ritorno d’immagine negativo per ciascuna delle parti coinvolte. Il costo in dollari statunitensi dell’intera operazione pluriennale viene infatti ormai stimato sugli oltre 2m8 miliardi di dollari. Niente male, vero?
Per raggiungere questa cifra, hanno cospirato una serie di fattori imprevisto: un colpo di sfortuna, ad esempio, aveva portato nel 2010 allo scontro con un altro pallone ad uso meteorologico durante una tempesta, con un danno stimato di 168 milioni di dollari. Ma l’ora più oscura del JLENS doveva ancora venire, e si sarebbe palesata proprio lo scorso 28 ottobre del 2015, quando uno dei costosi aeromobili, per ragioni tutt’ora poco chiare, si è sganciato dal punto di ancoraggio presso Aberdeen, nel Maryland, vagando per quasi 100 miglia verso nord fino a Bloomsburg, Pennsylvania.

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Le esatte modalità con cui il JLENS è stato fatto atterrare forzosamente non sono ancora state ufficializzate.

È una storia che ha dell’incredibile e che probabilmente, deve aver avuto origine da circostanze tanto assurde da non essere in alcun modo prevedibili da nessuno dei militari e progettisti coinvolti: per farla breve, dev’esserci di mezzo l’errore di un singolo essere umano. Le conseguenze, tuttavia, si sono rivelate decisamente significative. Dei due orbit costruiti dalla Raytheon, infatti, uno era stato collocato, a partire dall’inizio del 2015 presso la regione di Baltimora, da dove avrebbe protetto una parte significativa dell’intera costa Est, ivi incluse le città di New York e Washington D.C. La vista dei due palloni del sistema, ormai da qualche tempo, era diventata alquanto familiare e vagamente rassicurante, nonostante la voce di alcuni detrattori, convinti che servissero a spiare la popolazione civile. Ma in effetti, fin dai tempi del test nello Utah, i palloni JLENS non montano alcuna telecamera di sorveglianza, e possono rilevare unicamente i mezzi di trasporto, preferibilmente volanti. Finché all’improvviso, uno non è stato trascinato via, da vento. Subito sono stati fatti decollare due F-16, con finalità di sorveglianza ed eventuale intervento diretto, qualora si fosse rivelato necessario porre una repentina fine alla corsa del dispositivo fuori controllo. Va considerato ad ogni modo che questa tipologia di aerostati, riempiti di un gas alla stessa densità dell’aria, non sono assolutamente facili da abbattere, perché anche una volta forati, non tendono immediatamente a svuotarsi. Ma continuano a fluttuare, adagiandosi molto delicatamente a miglia e miglia di distanza.
Gli aerostati in questione, visto il costo notevole del proprio carico radio-elettronico, sono inoltre assicurati al suolo con un cavo di altissima sicurezza, contenente tra le altre cose le fibre ottiche e la linea di alimentazione. Proprio quest’ultimo, lungo molte centinaia di metri, in seguito all’improvvida fuga del pallone ha finito per essere trascinato lungo il suolo, distruggendo alcuni pali della luce e causando un black-out che ha coinvolto 35.000 persone. Alcune scuole e un università locale hanno deciso di interrompere le lezioni, mentre la polizia locale del distretto di Moreland, schierata d’urgenza, ha dovuto subentrare alla disfunzione pressoché totale dei semafori, dirigendo il caos di un traffico totalmente incontrollato. Ma tutto questo non è nulla, rispetto a ciò che sarebbe potuto capitare. Alla fine, il pallone è stato riportato a terra, anche se le modalità impiegate restano tutt’ora poco chiare. Anche se il JLENS è dotato di un sistema di sgonfiamento remoto, a quanto pare non è stato questo ad entrare in funzione, forse per la sostanziale impossibilità di attivarlo a distanze tanto elevate. Né agli F-16 è stato ordinato di aprire il fuoco. Forse per un semplice processo di esclusione, alcuni portali web riportano dunque la notizia secondo cui il pallone, ormai tornato in prossimità del suolo, sarebbe stato semplicemente abbattuto a fucilate dalla polizia locale. Una fine decisamente ingloriosa, per una tale meraviglia della tecnica per la difesa.
Il futuro resta quindi incerto. Non soltanto in senso lato, per l’evoluzione continua dei metodi e gli approcci al conflitto bellico, sempre più preponderante e disastroso in linea di principio, quanto complesso da prevenire senza metodi come il JLENS. Ma anche quello specifico, dell’applicazione di un sistema tanto complesso e delicato in via costante, per difendersi dai pericoli dei nostri giorni. Che non passano per passi montani chiaramente definiti, sotto l’occhio dei soldati attenti di Leonida il greco, ma possono palesarsi all’improvviso, in un qualsivoglia momento della nostra giornata. Perché sorveglianza assoluta, significa mantenere la propria attenzione continuativa e ininterrotta, 24 su 24, 7 giorni alla settimana e senza abbassare mai le palpebre sull’occhio dei cieli. E ed è proprio quest’ultima capacità, a non appartenere in alcun modo alla sfera del mondo naturale.

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