Una tenzone di pupazzi battaglieri

Saber stop-motion

Strano campo di battaglia: la scena si svolge nella sala hobby di Counter656, in Cina, tra le numerose scatole variopinte e i residui di altrettanti modellini di aeroplani, carri armati e piccoli robot. C’è King Arthur, redivivo/a. Come pure Ex-caliburn, estratta dalla pietra e immersa nelle fiamme della guerra. Il re dei probi e dei sapienti e la regina delle spade, la cui lama risplendeva come una meteora tra le tenebre delle barbarie, forgiata e riforgiata nell’ardore dei cavalieri, temprata nel cocente sangue dei nemici. L’arma tecnologica di colui che fu invincibile nella memoria. Anche dopo la sua morte. Trasfigurato cento volte, ricreato tra le pieghe delle epoche diverse, fino a questa bionda ed attraente (re)incarnazione, fatta con la plastica, però animata. Saber, ovvero la Sciabola, come scelse di chiamarsi la fanciulla, vista la tendenza tipica dei giapponesi all’approssimazione conveniente. Soprattutto nell’impiego di stilemi provenienti da lontano, guarda caso! Approccio tanto pervasivo, questo, da poter portare a confondere, almeno a parole, la più diritta e celebre delle spade lunghe europee con quella curva, ovvero l’arma simbolo di una cavalleria di tempi molto successivi. E da decidere, se ci sta bene anche solo un minimo, che il Re per eccellenza, principio della massima virilità, possa e debba cambiar sesso. E si è trattato di un’idea magnifica nel suo contesto specifico, in realtà. Davvero! Che proviene, per inciso, dalla serie di romanzi digitali e manga Fate/Stay Night della Type Moon, successivamente riadattata per i media ludico interattivo e dei cartoni animati, ciascuno valido, a suo modo, per indurre verso la creazione di copioso merchandising. Tra cui figurine come queste, perfettamente articolate. Le action figures, numi tutelari dei nostri giorni. Guardiane delle mensole, abitatrici delle vetrinette, eroine di vaste battaglie immaginarie, lunghe ed ardue cerche, duelli fra gli appartenenti a mondi differenti. Questa, soprattutto, è la natura dei nostri giochi e passatempi; mescolare, ricombinare i presupposti. Finché non si apparecchiano, sui nostri tavoli, diversi modi di vedere il mondo. Ed a quel punto, non può esserci più pace alcuna.

Come potrebbe mai riconciliarsi lei, nobile guerriera dell’alto medioevo, con un brutale minotauro corazzato, proveniente dal videogame post-cataclismico Guild Wars? Diamine, chi cerca guerra, l’avrà. Ma nello stesso modo in cui il male è forte nella solitudine, eternamente escluso dal convivio della civiltà, la prassi prevede che per ciascun condottiero incorruttibile ed onesto, come la diligente Saber, intervengano dei validi compagni. E qui, ovviamente, non si ha sempre la possibilità di scelta. Talvolta sono le circostanze del collezionismo, a dettar legge sui risvolti della plastica e del fato. A tal punto che qui compaiono, evocati in suo aiuto, due imprevisti cavalieri: il giovane Al di Full Metal Alchemist, l’alchimista in armatura – solo e soltanto quella. E Gundam Rx-79, un robot teoricamente gigante o mecha che dir si voglia, appositamente rimpicciolito in scala antropometrica. Troppo facile sarebbe stata la vittoria, altrimenti!
Lo stop-motion, quella tecnica che consiste nel far muovere gli oggetti riproducendo un alto numero di fotografie in sequenza, sta vivendo negli ultimi tempi la sua epoca di maggiore filiazione. Forse per il merito di YouTube, che tanto permette di ricondividere le proprie ultime creazioni, oppure per la disponibilità, sempre maggiore, di potenti software di post-produzione. Per la prima volta è possibile mettere assieme un cortometraggio di questa inaccessibile tipologia ad uso personale, o per scopi pubblicitari, nel giro di appena qualche pomeriggio di lavoro. I risultati, in termine di visualizzazione e popolarità, sono spesso straordinari.

Transformers stop-motion

Forse non sarà fluido quanto il video di apertura, ma risulta lungo, articolato e dotato di una conclusione più soddisfacente. Si intitola Attack on Giant e proviene dalle mani di Harris Loureiro, un altro virtuoso del tre piedi e della fotocamera selvaggia. Stavolta, con assoluta pertinenza di tematiche e protagonisti, la scena rappresentata parrebbe svolgersi soltanto nell’universo dei Transformers, giocattoli degli anni ’90 ormai entrati nella coscienza collettiva cinematografica. Che pur senza la tracotanza iperrealista di Michael Bay, qui trovano occasione di decidere, ancora per una volta e forse l’ultima, chi avesse avesse ragione nell’interminabile battaglia per Cybertron, l’agognato astro di metallo. Davvero interessante come tanto spesso gli scenari del conflitto univerale si traspongano, invariati, in contesti totalmente scollegati… È come se la voglia di combattere, con le sue tristi implicazioni, fosse parte inscindibile della natura umana ed umanoide, al tempo stesso. Sono lotte che riecheggiano da lungo tempo, queste.
C’è poi tutta questa differenza, in fin dei conti, tra il meta-camion senziente Optimus Prime, coi suoi seguaci, e gli impavidi anfitrioni della tavola rotonda? Entrambi avevano terribili nemici. Furono tenuti in alta considerazione, poi traditi da colui che gli era più vicino. Creduti morti, tornarono a combattere infinite volte. In ciascuna delle loro spade iper-energizzate, sempre taglienti, albergava un sentimento che caratterizza tutti noi. L’imprescindibile desiderio di spuntarla contro il male oggettivo, indubbio e imperituro; un concetto che, purtroppo, esiste solo nella nostra fantasia.

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